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Cronaca / Savena / Via degli Ortolani

Video scatena insulti contro le vigilesse, a processo la barista che pubblicò le immagini

I fatti durante un controllo per il Green pass. La Procura ha citato in giudizio la titolare per diffamazione

La Procura di Bologna ha citato in giudizio la titolare di un bar in via degli Ortolani per diffamazione in concorso ai danni di due agenti di polizia municipale. A febbraio 2022 la proprietaria del locale pubblicò un video sui social dopo che le vigilesse entrarono nel locale per un controllo dei Green pass: ne seguì una serie di offese per le due agenti da parte di diversi utenti del web. I fatti sono del 3 febbraio, quando la titolare non volle esibire il certificato verde adottato durante la pandemia. Anche un altro cliente si rifiutò, il clima si riscaldò e le due vigilesse se ne andarono, per poi notificare in seguito il verbale.

Opposizioni delle vigilesse e l'imputazione coatta del gip

Pochi giorni dopo, il video dell'intervento iniziò a circolare sui social, con gli insulti a commento. Le due donne fecero querela, assistite dall'avvocato Fabio Chiarini, ma la pm Elena Caruso in un primo momento chiese l'archiviazione, ritenendo che la titolare non potesse essere chiamata a rispondere per i messaggi degli altri utenti. Le agenti si opposero, sostenendo che la titolare con la pubblicazione avrebbe invece fomentato una rivolta di parole contro di loro e il gip ha disposto l'imputazione coatta: la Procura ha quindi citato la titolare in giudizio per gennaio 2024. "A seguito del mio video sull'incontro con i fantasmi (vigili) centinaia di messaggi da persone e che commercianti che si allineano", la frase che accompagnava il filmato, pubblicato anche su un gruppo telegram no vax.

Il "caso" Favia 

Un caso simile ha riguardato anche l'ex 5 Stelle Giovanni Favia, ora ristoratore, che è stato chiamato a rispondere dopo una multa dei vigili a seguito di un intervento nel suo locale nel corso della pandemia. In quella occasione (era il maggio del 2020) Favia pubblicò un post su Facebook con la foto della multa, i nomi dei due agenti (anche loro assistiti dall’avvocato Chiarini), e l’immagine che li ritraeva. Anche in quel caso ci fu l’imputazione coatta del gip che rigettò la richiesta di archiviazione della Procura. Per il gip, la scriminante del diritto sussiste per il post, ma non per i commenti "ai quali l'indagato non può ritenersi estraneo in quanto titolare e amministratore della pagina”, assimilando quindi il titolare di un profilo Facebook ad un blogger che "risponde del delitto di diffamazione per gli scritti pubblicati sul proprio sito da terzi quando, non venutone a conoscenza, non provveda alla loro rimozione”. A seguito di questo pronunciamento, la Procura dovrà formulare l'imputazione per diffamazione aggravata.

“La diffamazione non è riferita a quello che io ho scritto, ma a tre commenti su 871 e di questi tre io non ero a conoscenza. Se invece che appesantire i tribunali, mi avessero segnalato i commenti, li avrei rimossi. Vedo più una volontà di polemica nei miei confronti per aver detto la verità: la multa era sbagliata, assurda e ingiusta, ma lungi da me voler offendere gli agenti”, fu il commento di Favia.

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