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Cronaca

Rivolta alla Dozza, un morto nella notte. Sequestrati alcolici in quantità

Il sindacato di polizia penitenziaria lancia ancora una volta l'allarme: "No all'accorpamento per gruppi etnici". Vandalismi anche all'esterno

Un morto per overdose nella notte al carcere della Dozza. "La recente escalation di problematiche riscontrate non può essere più sotto stimata alla luce di quanto sta emergendo. I frequenti ritrovamenti di frutta messa a macerare (considerate le sorprendenti quantità di alcolici sequestrate, e soprattutto la locazione della merce, che fa presumere una pratica studiata e consolidata e non una semplice attività messa in atto da alcuni detenuti in maniera spontanea e/o isolata) non devono essere colti come il compimento di un intervento di controllo, bensì come la punta dell’iceberg in un quadro indiziario di disfunzioni lavorative a un livello più profondo". Lo scrive Nicola D'Amore, vice segrertario provinciale Sinappe - sindacato di Polizia penitenziaria - alle istituzioni di riferimento dopo i gravi disordini al carcere della Dozza

Rivolta detenuti alla Dozza: il giorno dopo |VIDEO

Il primo piano giudiziario, ad esempio, "presenta peculiarità che confluiscono simultaneamente nello
stesso reparto a iniziare dalla disomogeneità delle nazionalità presenti (nelle sezioni A e C la presenza d’italiani si può contare sulle dita di una mano) che però è gestita con una politica di accorpamento in gruppi etnici", continua il sindacato "questo tipo di politica risolve una serie di effetti collaterali a breve termine, ma crea il sottobosco culturale per condotte delinquenziali di più vasta portata a lungo termine - sarebbero proprio queste - che innescano altri comportamenti che andrebbero disincentivati, quali la suddivisione della popolazione ristretta in gang o il proselitismo religioso".

Rivolta alla Dozza: carcere devastato

Le recenti disposizioni in materia, come la “sorveglianza dinamica”, ossia la conoscenza del detenuto e la partecipazione attiva alla sua rieducazione troverebbero applicazione, trasformando "il sistema carcere in un sistema di moderna Casa circondariale (la distinzione non è esclusivamente etimologica ma soprattutto ideologica)" pertanto secondo il Sinappe - la piena integrazione della popolazione ristretta deve essere un obiettivo conciso e attuato". Il sindacato porta come esempio le "attività straordinarie permesse dal polo universitario e dalla squadra di
rugby 'giallo Dozza' - un caso in cui - l’eterogeneità si è dimostrata una pratica attuabile e vincente se gestita con
lungimiranza". 

Il ruolo della Polizia penitenziaria

Per non parlare del "crescente disagio del corpo di Polizia penitenziaria, che nonostante tutto continua a dimostrare grande professionalità, ma l’insorgere di situazioni rischio. I sempre più frequenti episodi di pestaggi tra detenuti (per non voler parlare di principi di risse) e aggressioni al personale di servizio, uniti al ripetuto ritrovamento di alcolici che ha smascherato il già citato sospetto di trame delinquenziali consolidate in alcuni bracci detentivi sono prove indiziarie che devono far suonare il campanello d’allarme". Il sindacato lamenta un "sistema che si è ormai abituato e adagiato a coprire l’intero reparto detentivo con una sola unità nel turno notturno e con evidenti carenze nelle prime ore di quello mattutino". Il riferimento è specialmente alla fascia oraria intercorsa tra le 6 e le 8 del mattino, quando il reparto "è costantemente sotto unità".  E non solo. 

Disordini a carcere della Dozza, la Polpen: "Ci hanno lanciato di tutto" 

Sono diversi i detenuti sottoposti a metadone e tossicodipendenti che quindi "presentano molti disagi di tipo psichiatrico documentato, e che hanno innescato gli organi superiori alla pratica di sottoporre un numero sempre crescente di ristretti alla - cosiddetta - grande sorveglianza" che, continua il sindacato "certifica l’alto livello di
pericolosità sociale di alcuni ristretti da una parte, ma viene percepita più che altro come una prassi per scaricare le responsabilità sull’ultimo anello della catena istituzionale, ovvero l’agente di sezione - secondo gli ultimi dati -  sull’intero primo piano giudiziario, che oscilla intorno ai duecento ristretti, circa un quarto sono sottoposti alla misura di grande sorveglianza, misura che però non può essere attuata in nessun modo considerando la carenza di personale simultaneamente in servizio e la mole di attività richieste nell’arco di tutta la giornata". 

Carcere Dozza al collasso: quasi il doppio dei detenuti 

Quindi "resta di fondamentale importanza la questione della carenza di organico dei funzionari della professionalità giuridico-pedagogica. Questa lacuna è stata probabilmente sottovalutata in precedenza, ma diventa un elemento dominante nel contesto appena descritto in quanto amplificatore di problematiche quotidiane. Perché se l’instabilità causata da tossicodipendenze, disagi psichiatrici e vicende personali può essere marginalmente arginata in un luogo precario come quello detentivo dall’importante complesso di attività di sostegno intra moenia ma anche extra-murario svolto in questa Casa circondariale, la carenza di queste figure educative comporta una sostanziale
amplificazione di tutte le problematiche non risolte, incentivando situazioni limite che in altri contesti potrebbero essere invece prevenute e spente - quindi si tratta di considerare - l’inevitabile effetto a catena di un sottobosco di disfunzioni operative e logistiche riassunte in queste righe".

Il recente ritrovamento di derivati alcolici "in una modalità (ritrovamento nei cavedi) che fa presumere una pratica delinquenziale organizzata e strutturata da tempo), non al fine di aumentare la pressione sugli organi direttivi, bensì di contribuire a fornire i maggiori dettagli possibili sulle condizioni lavorative e di vita quotidiana all’interno dei bracci detentivi per poter disporre le misure più adeguate possibili. Cosi il carcere diventa quasi uno strumento per contenere l’emarginazione sociale" e in conclusione "le figure lavorative e professionali che operano in carcere, dovrebbero lavorare in sinergia tra loro, in piena collaborazione, al di là di antagonismi, e nel rispetto delle autonomie lavorative e professionali".

Nella giornata del 10 marzo "a poche ore dalla conclusione della rivolta presso la Casa Circondariale di Bologna, il Provveditorato dell’Amministrazione Penitenziaria, in Viale Vicini è stato danneggiato da vandali - scrive il sindacato Sap - rompendo i vetri del portone d’ingresso e invaso da scritte come: Acab, Solidarietà ai detenuti in lotta, Fuoco alle galere e Secondini Assassini". 

(Aggiornato alle ore 15)

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