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Cronaca

Coronavirus, lo psicologo: "Avere paura non solo è normale, ma è anche sano"

L'INTERVISTA. Lo psicoterapeuta Alessandro Pesce: "La 'cura' non è semplicemente trovare un vaccino ma riscoprire quel senso di appartenenza che ci rende solidali gli uni con gli altri"

Coronavirus, cosa scatta nel nostro cervello e cosa significa avere paura? Alessandro Pesce è psicologo, psicoterapeuta e naturopata. Membro del comitato Didattico della Scuola di Specializzazione in Psicoterapia Biosistemica di Bologna. A lui abbiamo chiesto cosa ci accade in situazioni come quella che stiamo vivendo in questo periodo di emergenza sanitaria. 

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Si legge spesso niente panico! Ma non sempre è facile, cosa suggerisce?

"La differenza tra allerta e panico può essere molto sottile ma è sostanziale e determinante. Sentirsi spaventati davanti ad un pericolo, come nel rischio di un virus di cui si sa ancora poco, non solo è una reazione normale, è addirittura sana. La paura è un’emozione primaria e ci segnala che la nostra incolumità fisica, affettiva o sociale è in pericolo e predispone l’organismo mente-corpo alla reazione più adeguata. Ma se quello stato di allerta aumenta eccessivamente può sfociare nel panico e non è per nulla un buon alleato in questi casi. Trovare strategie per fronteggiare i problemi significa saper stare nella complessità: significa cioè valutare informazioni e stimoli differenti tra loro, vagliare i pro e i contro di una scelta, cambiare abitudini, pensare a sé ma anche alle persone che amiamo e all’intera collettività.

Durante il panico, invece, il cervello subisce un restringimento del campo di coscienza e predispone l’organismo ad un meccanismo difensivo antico che è il sistema attacco/fuga. Ci troviamo quindi di fronte a due rischi diametralmente opposti: l’eccesso e il difetto. Nel primo caso possiamo avere reazioni sproporzionate, caotiche e disorganizzate che aumentano notevolmente il rischio di commettere errori. Nel secondo caso, invece, l’evitamento può portare ad una cieca negazione del problema. Se il problema non c’è, non c’è nemmeno la paura! Pertanto, il sistema attacco/fuga è utilissimo se siamo vittime di aggressione e dobbiamo metterci in salvo, ma è assolutamente controproducente in tutti quei casi in cui dobbiamo tenere comportamenti disciplinati e regolati. Tuttavia, saper regolare le emozioni come se avessimo una manopola del volume per scegliere l’intensità più adeguata, è tutt’altro che facile e banale, ognuno di noi ha almeno un’emozione che, per eccesso o per difetto, fatica a regolare. Le prassi comportamentali suggerite dal Ministero della Salute sono la via corretta per affrontare questo problema e di per sè sono semplici, ma risultano tutt’altro che facili da applicare se siamo in preda al panico".

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Oggi i social network sono diventati tra le principali fonti di informazione, che ne pensa?

"L’Ordine degli Psicologi dell’Emilia-Romagna ha redatto un post molto utile in cui descrive l’importanza di seguire le norme preventive fornite dalle autorità competenti in cui raccomanda, tra le altre cose, di prestare particolare attenzione alle “fake news”. Sono decisamente d’accordo su questo punto: se internet da una parte si rivela una straordinaria banca di informazioni, dall’altra è una fonte molto rischiosa a cui attingere, perchè priva di un “setaccio” che discrimina le notizie corrette da quelle infondate. Riconoscere tale differenza è già difficile se non siamo competenti in materia e quando siamo in preda al panico è quasi impossibile. Affidarsi alla competenza degli esperti con un’ampia visione del problema, è un approccio fondamentale per fronteggiare minacce di questo tipo. La competenza crea disciplina e può trasformare la paura in energia volta al fronteggiamento del problema. Personalmente, però, credo che questo non basti".

Cosa serve in più?

"Penso sia possibile avere un approccio adeguato a queste situazioni solo se alziamo lo sguardo al di là della nostra trincea. La minaccia di un virus non è solo personale, ma collettiva. Come Esseri Umani non possiamo limitarci ad avere cura solo di noi stessi e blindarci dietro confini impermeabili all’altro. La “cura” non è semplicemente trovare un vaccino ma riscoprire quel senso di appartenenza che ci rende solidali gli uni con gli altri e consapevoli di essere tutti membri dello stesso equipaggio globale, impegnato ad attraversare il mare delle avversità. Un equipaggio che abbia rispetto non solo delle persone che ama, ma di tutti gli individui più vulnerabili della società: penso agli anziani, ai malati, ai disabili e a tutti quelli che faticherebbero a sostenere gli effetti di una minaccia, qualunque essa sia. E’ quindi fondamentale accogliere questa paura e sostenerci per regolarla e accettare che Essere Umani significa anche avere limiti e vulnerabilità. Sono consapevole che per noi tutto ciò è difficile e che - come diceva il sociologo Z. Bauman - ci troviamo nella società liquida in cui avere dei limiti sembra essere una frustrazione talmente intollerabile che ci illudiamo di non averne. Eppure il limite è l’unica risorsa che ci dà l’occasione di fermarci, calmarci e riflettere. Il limite è il vaccino per il panico e l’indifferenza, che sono i virus di cui dobbiamo avere più paura". 

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