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Cronaca

Disagio psicologico da Covid: "Aumento esponenziale per chi sta in quarantena a domicilio"

Il bilancio degli psicologi dell'Ausl che si occupano di assistere chi aspetta la fine della malattia. "Per chi è in isolamento prevale il senso di colpa e la vergogna per non essere vicino ai familiari nel momento del bisogno"

Da febbraio stanno riaumentando "in modo quasi esponenziale" le richieste di supporto psicologico per chi sta in quarantena a domicilio.

E' l'ultima novità che emerge dal lavoro del team di psicologi dell'Ausl, raccontato nel corso di una commissione sanità in comune sul tema del disagio psicologico per chi ha a che fare con la pandemia da vicino, è cioè ammalati, i loro familiari e operatori sanitari.

Alessandra Mancaruso, del team unità complessa di psicologia territoriale fa il punto sulle prime due categorie. Da marzo 2020 il team psicologi dell'Ausl ha ricevuto 600 richieste di intervento, fornito 400 contatti ed eseguito 780 prestazioni.

"Senso di impotenza, sconforto, senso di colpa e vergogna, ma anche frustrazione per essere lontani dai propri familiari nel momento del bisogno" sono i principali sintomi di stress psicologico che i pazienti covid ricoverati negli hotel provano durante la degenza. Per gli asintomatici confinati in quarantena a casa invece, "si manifesta soprattutto ansia e un senso di incertezza, dovuto anche all'aspettativa sull'esito dei tamponi" spiega Mancaruso.

"I problemi per il 60 per cento arrivano dai Covid hotel"

Il servizio è stato attivato da marzo 2020 fino a luglio, quando poi la pandemia ha tirato il freno a mano, ma da novembre dell'anno scorso i problemi si sono ripresentati e il tutto è stato riattivato, prima per i pazienti nei covid hotel e poi per le cure palliative dei ricoverati al Sant'Orsola.

"Gli interventi che proponiamo -commenta ancora la psicoterapeuta- sono la psicoeducazione, come funzioniamo sotto stress" per fare arrivare i pazienti alla consapevolezza che le sensazioni che provano fanno parte di uno scenario consono al momento che stanno attraversando. questo questo restituisce ai pazienti stessi "un effetto rassicurante, di legittimizzazione della propria dimensione emotiva".

Citando i dati, Mancaruso spiega che per il 60 per cento le richieste di supporto arrivano dai Covid hotel, per il 20 per cento dai reparti del sant'orsola e per il resto dai soggetti in quarantena domiciliare.

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Quarantena a casa: "Ansia e aspettativa per il tampone"

Proprio per quanto riguarda questi ultimi, il principale sintomo di disagio è l'ansia. Tra i 'quarantenati' a domicilio "prevale la dimensione ansiosa e la difficoltà è quella di tollerare l'incertezza. Come risponderà il mio corpo al virus? E anche altra fonte di disagio è l'aspettativa sull'esito del tampone" che potrebbe fare finire la quarantena. Altri sentimenti nella statistica, osserva la dottoressa, sono "la fuga, ci ritiriamo, occupiamo il tempo al computer oppure ancora ci congeliamo, ci blocchiamo" rispetto a tutte le attività che si facevano prima, anche quelle che potrebbero avere un seguito anche in regime di quarantena.

Sui pazienti ricoverati in ospedale "le difficoltà emotive si vedono sul distanziamento" ragione per la quale "si sono attivati i contatti con videochiamate, fatte con regolarità ai familiari, ai parenti.

Per i familiari infine, "hanno bisogno di contatti regolari ed essere informati sul decorso" cosa che i sanitari dentro gli ospedali fanno e questo -specifica Mancaruso- "è molto apprezzato, anche perché non si aspetta la chiamata dei parenti ma ci si attiva per aggiornarli da dentro il nosocomio".

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