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Cronaca

Indagine Covid nelle case di riposo, 268 decessi: "Capitolo doloroso, anche nel bolognese"

Su 280 strutture per anziani e disabili in 63 si è registrato un ospite positivo al covid-19 e in almeno 10 si sono sviluppati dei focolai. E' questo uno dei punti focali dello studio realizzato dalla task force dei tecnici di Città metropolitana, Comune e Ausl

Su 280 strutture per anziani e disabili, pubbliche e private, della Città Metropolitana di Bologna, in 63 si è registrato un ospite positivo al covid-19 e in almeno 10 si sono sviluppati dei focolai. E' questo uno dei punti più importanti dello studio realizzato da un gruppo di lavoro formato da tecnici della Città metropolitana, del Comune e dell’Ausl: un questionario al quale ha risposto l'85% delle strutture, dato utile per inquadrare i casi di contagio e decessi.

873 sono stati i casi di positività, su oltre 7000 anziani e disabili, 268 i deceduti, con picchi tra la fine di marzo e i primi di aprile, e 224 gli operatori sanitari contagiati. 

"Non bisogna calare la tensione poichè la pandemia è diventata endemia (l'agente responsabile è stabilmente presente e circola nella popolazione - ndr) - ha insistito l'assessore comunale alla sanità Giuliano Barigazzi che ha definito quello delle morti e dei contagi nelle residenze per anziani e disabili "un capitolo doloroso" anche nella Città Metropolitana di Bologna, invitando a "non dimenticare e quindi a tenere presente che in futuro vi saranno "possibili focolai che vanno controllati con il tracciamento". 

"Il cuore della questione è la prevenzione - secondo il direttore della sanità pubblica felsinea Paolo Pandolfi - l'età media dei decessi è stata di 81 anni, quella dei casi di contagio 61". 

L'Azienda sanitaria bolognese è di grande importanza, ma si tratta di "un momento storico complicato - quindi anche qui - non possiamo abbassare la guardia", secondo il neo-direttore dell'Ausl Bologna, Paolo Bordon - l'indagine presentata oggi ci dà elementi per adottare quelle misure di prevenzione per individuare e isolare i focolai. Le Rsa e Cra sono luoghi nati per socializzare, ora si trovano a gestire un virus che si combatte con l'isolamento, gli ospiti sono fragili quindi è necessario tenere conto anche questa emergenza sociale". 

"Esistono territori con minore impatto, probabilmente sono state fatte scelte che hanno ridotto la relazione tra persone - ha osservato Paolo Pandolfi, direttore del Dipartimento Sanità pubblica - molto illuminate la differenza tra Appennino e Pianura est e e ovest" del bolognese.

Cosa emerge dallo studio

Il 67,4% delle strutture ha dichiarato di aver avuto problemi nel reperimento dei dispositivi di protezione individuale (DPI). Il dato medio ha toccato punte del 78,9% nelle case protette per anziani, del 75% nelle comunità alloggio per anziani e del 74,6% nelle CRA. Il problema è stato più evidente nelle strutture dell’Appennino (90,3%), meno nel distretto di San Lazzaro di Savena e nel distretto Pianura Est (48,7%), a Bologna il 66,7% delle strutture ha affermato di aver avuto problemi. In soccorso delle strutture sono arrivate le istituzioni pubbliche e i fornitori privati tanto che 168 su 217 hanno dichiarato di aver risolto i problemi entro la fine di aprile.

La gestione delle assenze del personale ha rappresentato un problema nel 28% dei casi determinando criticità nella copertura dei turni di lavoro. Il 50% dei centri socio riabilitativi residenziali per persone disabili e delle CRA ha affermato di aver avuto problemi, in particolare a Bologna, nel distretto di San Lazzaro di Savena, Imola e il distretto Pianura Ovest.
A queste problematiche è stato fatto fronte con nuove assunzioni, con una diversa organizzazione del personale già in forze, attraverso incentivi e bonus al personale a fronte dello sforzo lavorativo, scorrendo i curricula forniti dall’Agenzia regionale per il lavoro e dalla Città metropolitana per l’assunzione di OSS e infermieri. Le azioni messe in campo hanno portato alla risoluzione dei problemi entro fine aprile per 138 strutture su 152.

Covid nelle strutture per anziani e disabili: "Isolamento è emergenza sociale": guarda il video

Il 75% delle strutture ha dichiarato di aver predisposto camere singole per la quarantena, le nuove accoglienze o i rientri dall’ospedale in modo da garantire l’isolamento per queste persone. In particolare questo è accaduto nel 94,7% delle case protette per anziani che hanno risposto, nel 96,8% delle CRA e nel 91% delle case di riposo. Le strutture che non hanno agito in questo senso hanno dichiarato l’assenza di contagio e di persone positive al Covid -19, l’esclusione di nuovi ingressi, l’assenza di spazio in 14 casi.
Il 53,8% delle strutture ha dichiarato di aver istituito una zona rossa all’interno, ovvero un’area isolata per chi era stato contagiato. Se si disaggrega il dato per struttura, questo è avvenuto nel 78,6% dei centri socio riabilitativi residenziali per persone disabili, nell’81% delle CRA e nel 61,2% delle case di riposo. Dove non è stato possibile i motivi sono: l’assenza di ospiti positivi, la mancanza di spazi adeguati.

L’86,7% delle strutture ha dichiarato di non aver avuto problemi nella gestione dei casi sospetti o positivi al Covid-19. All’interno del dato è da segnalare come il 34,9% delle CRA abbia invece dichiarato problemi in questo ambito e come, disaggregando il dato per distretto, si può notare che i problemi hanno riguardato il 30% delle strutture di Pianura Ovest e il 20,3% di Bologna.

L’84,8% delle strutture ha dichiarato di non aver avuto problemi nella gestione degli altri ospiti in caso di positivi al Covid – 19. Disaggregando per tipologia di struttura il 22,2% delle CRA e il 20% delle comunità alloggio per anziani hanno invece dichiarato di aver avuto problemi a causa della modifica della routine quotidiana con l’interruzione delle attività ricreative e dei contatti con i familiari.

Più dei due terzi delle strutture hanno chiuso le visite nel periodo che va dal 24 febbraio al 9 marzo e, dopo la chiusura, il 92,4% ha attivato videochiamate degli ospiti con i familiari; 76 strutture le effettuavano a richiesta, 36 prevedevano una videochiamata giornaliera, 59 settimanale.
Il 94,3% delle strutture ha dichiarato di aver effettuato una comunicazione periodica di aggiornamento della situazione nella struttura per i familiari di tutti gli ospiti. In 114 casi sono stati attivati anche ulteriori strategie di comunicazione come l’utilizzo dei social network.

Prospettive di lavoro futuro 

La ricerca ha dato lo spunto per individuare in ciascuna struttura un referente clinico/figura sanitaria che
funga da riferimento per i servizi sanitari competenti e garantisca adeguate misure di controllo e prevenzione delle infezioni correlate all'assistenza. Mantenere attive Task Force aziendale e distrettuali a supporto di tutte le
strutture. Sarà necessario assicurare continuità ai percorsi di formazione (in remoto o in presenza) a
tutto il personale dei servizi socio-sanitari e socio-assistenziali: iniziative programmate su specifico fabbisogno del momento e su specifica tipologia di servizio, come rafforzare il ruolo e la funzione dei professionisti degli Enti Locali nelle Task Force distrettuali così da diventare "referenti istituzionali" per tutti gli attori, i servizi e le Istituzioni locali coinvolti. 
In ultimo, promuovere le collaborazioni tra Gestori dei servizi socio-sanitari e socio-assistenziali a livello distrettuale e/o aziendale: accordi formalizzati per la gestione di attività unificate, in particolare procedure di acquisto dei DPI e
di reclutamento del personale

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