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Cronaca

Studenti, turismo e il “grande hotel” Bologna: “Mercato senza regole e processi lunghi decenni”

INTERVISTA | L'analisi dei due ricercatori, Sarah Gainsforth e Mattia Fiore, sulla crisi abitativa nel capoluogo emiliano

Che il mercato degli affitti a Bologna sia sempre più problematico ormai si è capito. La cosa che invece può essere poco chiara è il motivo di questa crisi. Annunci di posti letto che in realtà sono divani, affittuari troppo alti per l’appartamento proposto e studenti disperati che si trasferiscono in altre città: queste sono solo alcune delle storie che hanno riempito il dibattito sulla crisi abitativa di Bologna.

Per capirne un po’ di più, Bologna Today ha intervistato due ricercatori esperti delle tematiche abitative: Sarah Gainsforth e Mattia Fiore. Gainsforth è una ricercatrice che ha da poco pubblicato il libro “Abitare stanca. La casa: un racconto politico” (Effequ, 2022); Fiore è invece un dottorando in Sociologia e Ricerca Sociale dell’Università di Bologna che si occupa delle dinamiche abitative della città di Bologna. Lo scorso mercoledì 12 ottobre Gainsforth e Fiore hanno presentato insieme il nuovo libro della ricercatrice: l'intervista è successiva ai loro interventi.

AirBnB a Bologna: intervista al ricercatore Mattia Fiore

Annunci folli e prezzi alle stelle: non ci sono più case disponibili a Bologna?
Il tema della crisi abitativa è ricorrente a Bologna. La pandemia lo aveva solo messo in pausa. Bologna è storicamente caratterizzata da una penuria di offerta rispetto alla domanda. Negli ultimi dieci anni, però, ci sono stati processi concomitanti che hanno ulteriormente ridotto l’offerta di stock abitativo. Il principale di questi è la crescita del fenomeno turistico: dal 2008 al 2018 il flusso turistico è cresciuto dell’85%. Chiaramente, dato che il numero degli hotel è rimasto praticamente invariato, questi flussi sono stati assorbiti da nuovi fenomeni del mercato immobiliare, primo fra tutti AirBnB. La piattaforma a settembre 2022 conta infatti 3950 annunci. Di conseguenza le case disponibili sono diminuite. Allo stesso tempo, bisogna considerare che il numero degli studenti fuorisede è in costante aumento, sia italiani che internazionali. La congiuntura di questi fenomeni, affiancati all’interruzione della didattica a distanza, ha comportato una situazione abitativa insostenibile e una crescente attenzione al fenomeno. Il mercato di AirBnB ha subito una contrazione durante la pandemia, quando è sceso di circa il 23%. Dalla primavera del 2022 il numero però è in costante aumento e ora se ne stanno vedendo i risultati.

Come è cambiato il mercato di AirBnB con la pandemia?
La pandemia ha colpito in maniera diseguale i diversi gestori. Il calo della domanda ha colpito soprattutto i piccoli attori, i quali hanno perso il maggior numero di annunci, mentre i grandi host hanno retto il colpo e già a giugno del 2022 sono tornati ad avere lo stesso numero di annunci del periodo pre-pandemico. Anche dal punto di vista territoriale gli annunci del centro sono risultati più competitivi.

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Mattia Fiore, dottorando in Sociologia e Ricerca Sociale dell’Università di Bologna

Il secondo dato interessante è che la piattaforma si è molto professionalizzata: AirBnB è sempre più simile ad un “grande hotel” diffuso in tutta la città rispetto al modello originario e locale della “sharing economy”. Questo fenomeno di professionalizzazione ha portato un crescente numero di proprietari ad affidarsi a piattaforme di gestione degli annunci che garantiscono un servizio più professionale e redditizio includendo per esempio check-in 24h, servizi di pulizia, ristrutturazione degli interni. Alcune piattaforme, come ad esempio Wonderful Italy, gestiscono più di cento annunci solo a Bologna, e oltre 1500 in tutta Italia. Il risultato è la natura sempre più imprenditoriale del fenomeno AirBnB. 
Inoltre, con questa professionalizzazione del mercato, diversi attori minori non riescono più a competere e sono costretti ad abbandonare la piattaforma. Un ultimo problema riguarda infine la mappatura di questi attori. Dato che alcuni gestori propongono annunci da più account, è probabile che la loro quota di mercato sia molto maggiore rispetto ai dati di cui disponiamo.

Mi sembra di capire che esista una sorta di “conflitto” per lo spazio urbano tra turisti e studenti.
Diciamo di sì. Data la distribuzione delle sedi universitarie, dei luoghi di svago e dei servizi, gli studenti tendono a concentrarsi nel centro e nelle prime periferie della città, cioè dove AirBnB è maggiormente presente. Come detto, il conflitto si esaspera nel momento in cui il turismo cresce. Dopo lo stop della pandemia, in questo momento il turismo si è totalmente ripreso e i dati di settembre dicono che siamo in linea, se non sopra, i tassi di attività del 2019.

Qualche tempo fa il consigliere comunale Detjon Begaj, in un suo intervento in Consiglio comunale, aveva sollevato il problema del turismo di massa e delle attività ad esso legate. Quali credi siano gli effetti del turismo sulla città?
Questo discorso deve essere declinato a livello territoriale. Naturalmente il fenomeno turistico riguarda principalmente il centro storico. Bologna ha puntato molto sul marketing del cibo e questo ha portato ad un numero sempre crescente di bar e ristoranti a discapito di altri tipi attività utili alla popolazione residente. La trasformazione commerciale è quindi uno dei principali problemi legati al turismo di massa ma naturalmente è solo uno dei tanti. La trasformazione del lavoro è un altro esempio: il turismo è un’attività che crea lavoro tendenzialmente precario, poco pagato e che genera poco valore aggiunto nella ricchezza e nella crescita della città. A questo si aggiungono gli impatti del turismo sul mercato abitativo di cui dicevamo. L’insieme di questi fattori può portare a parlare di overtourism anche nel caso di Bologna, con spazi e attività della città dedicati sempre più ai turisti e non ai residenti. 

Una grande vetrina che nasconde però diverse criticità: lavoro precario, attività commerciali che nascono e muoiono in poco tempo, soluzioni abitative sempre più complicate e costose e così via. E qui torniamo al problema della casa. Perché, secondo te, i proprietari bolognesi scelgono di affidarsi ad un mercato immobiliare aleatorio e che può subire molte variazioni – come i flussi turistici o la pandemia – invece che affidare le proprie case ad un mercato più stabile e che porta maggiori benefici alla città come quello degli studenti?
I vantaggi per i proprietari sono in primo ordine di natura economica. Già nel 2017 l’Istituto Cattaneo aveva evidenziato come a Bologna fosse maggiormente conveniente affittare su AirBnB rispetto che agli studenti. Un affitto a breve termine permette inoltre di poter ricalibrare costantemente il prezzo dell’affitto rispetto al valore di mercato. Inoltre, una questione importante è la possibilità di ritornare in possesso dell’immobile in tempi brevi, senza considerare poi il rischio quasi nullo di morosità e la minore usura dell’appartamento. Aggiungo poi che, in un mercato così deregolamentato, non ci sono incentivi per i proprietari nel passare ad un affitto per studenti e residenti e gli incentivi per il canone concordato sono una misura insufficiente a fronte di queste problematiche strutturali.

Pare quasi che sia il mercato a scegliere quali studenti possano studiare a Bologna e quali no, con la conseguenza che, indirettamente, il diritto allo studio non viene garantito.
Questi processi hanno effetti selettivi sulla popolazione studentesca, la quale viene selezionata in base alla capacità di spesa. Questo aspetto è strettamente legato alla penuria di residenzialità studentesca pubblica. Esistono diversi report che dicono come i posti letto messi a disposizione da ErGo siano insufficienti per risolvere il problema e, anche, che l’aumento dei posti programmato non sembra offrire soluzioni per il futuro a corto e medio termine. In questo contesto si inseriscono gli studentati privati, che però tendenzialmente affittano a prezzi più alti rispetto a quelli di mercato.

Gentrificazione e miseria: intervista alla ricercatrice Sarah Gainsforth

Dove sono finite le case in affitto?
Direi che negli ultimi anni sono finite su AirBnB. Il turismo a Bologna è cresciuto tantissimo, specialmente tra gli anni 2016 e 2019. L’offerta alberghiera non è aumentata e il fenomeno AirBnB è esploso senza essere regolamentato, a Bologna come in tutta Italia. Bologna è stata la prima città a sollevare il problema AirBnB a livello nazionale: nel 2019 c’è stata un’istruttoria pubblica sul diritto all’abitare; quindi, sono anni che ogni anno questo problema si ripresenta. Il livello dell’offerta è di bassissima: non siamo al livello di quando non esistevano politiche abitative, dove c’era un disagio e miseria, ma poco ci manca. Esistono annunci in case sovraffollate, sporche, piene di muffa e dove non funzionano gli elettrodomestici. Sembra di tornare indietro di cento anni. E questo non è accettabile in una città come Bologna. Bologna ambisce ad avere un certo posizionamento internazionale e ad attrarre turismo, ma questa è la realtà di Bologna. Ed è inaccettabile.

Perché i proprietari di casa scelgono questo tipo di soluzione e non l’affitto agli studenti o ai lavoratori?
L’affitto su AirBnB è molto più remunerativo e redditizio e non si ha la scocciatura degli studenti, nonostante l’indotto gli stessi studenti a Bologna sia di circa tre milioni di euro al giorno. Senza di loro l’economia di questa città crollerebbe. È anche per questo motivo che la didattica a distanza è stata tolta dai programmi universitari. C’è quindi questa grande ipocrisia da parte dei proprietari degli immobili che da una parte vivono sulle spalle degli studenti continuando a spremerli con affitti altissimi; dall’altra si lamentano del loro stile di vita.

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Sarah Gainsforth, ricercatrice e autrice del libro "Abitare stanca. La casa: un racconto politico" (Effequ, 2022)

Proprio a proposito del tema affitti si parla tanto della regolamentazione del mercato. Lo ha fatto anche la vice sindaca Emily Clancy in un’intervista a Bologna Today. Sentendo il tuo intervento durante la presentazione, però, mi sembra di capire che se da un lato viene ciclicamente riproposto il tema della regolamentazione, dall’altro il Comune incentivi politiche che vanno nel senso opposto.
Da una parte si parla di regolamentazione, anche se senza una norma nazionale è molto difficile. Dall’altra, esistono tanti indizi che portano a pensare come il Comune utilizzi la gentrificazione come politica pubblica e di trasformazione della città. Un esempio: il Comune di Bologna ha speso due milioni di euro per ripulire i muri della città dalle scritte, rivendicato poi dal sindaco come un grande intervento in favore della proprietà privata. Questo intervento però si limita all’apparenza e non entra dentro alle case in forma di sussidi. Infatti, il Comune di Bologna ha speso poco più di un milione di euro per i sussidi ai proprietari che decidono di affittare con canone concordato agli studenti. Mi sembra indicativo sulla direzione presa.

Durante il tuo intervento, quando parlavi degli studentati privati, hai detto che siamo al limite della truffa. Come mai?
C’è una grande mistificazione sul significato di capitale sociale. Questi luoghi, nelle loro parole, accrescerebbero il capitale sociale e culturale degli studenti disposti a pagare cifre per affitti al di fuori del prezzo di mercato. Io parlo di alcuni operatori, non tutti. Però esiste una narrazione di questo tipo che sta diventando sempre più portante che sta permeando le politiche, anche a livello nazionale, sul diritto allo studio. Mi spiego: la politica sta sempre più stringendo rapporti con questo tipo di realtà – come Camplus e Student Hotel – le quali promettono dei vantaggi ai loro utenti, come ad esempio sbocchi lavorativi.

Come i master a pagamento, quindi. Solo che mi sembra di capire che qui il merito non sia quello di studiare ma semplicemente quello di pagare più degli altri.
Sì, esatto. Vengono proposti dei corsi con delle aziende, tirocini, cose così. Di base c’è un certo senso di esclusività. Questo è il motivo per cui le famiglie sono disposte a pagare così tanto.

Ascoltando il tuo intervento mi è sembrato di capire che le amministrazioni – quella di Bologna ma anche altre – si comportino sempre più come privati e non al servizio dei cittadini.
Direi che la tendenza è quella di vedere il pubblico come facilitatore degli interessi privati. Non solo adesso, ma negli ultimi trenta o quaranta anni. L’attuale giunta comunale di Bologna avrà anche un ruolo in questo, ma è altrettanto vero che intervenire in processi così lunghi è difficile. Quello che rimane da vedere è la volontà del Comune di intervenire o meno.

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