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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Cronaca

Debiti scolastici, incubo greco e latino: come superare l'ostacolo

L'INTERVISTA. La filologa classica Rachele Pierini 'racconta' queste due materie in luce degli studenti che hanno avuto il debito e che le vedono come insormontabili: "Smetterla di far apparire il greco e il latino come materie per pochi eletti"

Debiti scolastici. Per molti studenti l'estate non è solo vacanze: coloro che devono colmare una lacuna che si è tradotta in un debito (quei famosi 'rimandati', come si diceva pre-riforma ndr) devono infatti darsi da fare per dimostrare di meritare il passaggio alla classe successiva.

La top-3 delle materie 'difficili' resta stabile da sempre: greco, latino e matematica. Lasciando da parte quest'ultima per cui troppo spesso si tira in ballo un'attitudine ("per la matematica non sono proprio portato") ci concentriamo sulle lingue classiche, sulle quali il dibattito è sempre vivo: sono vive, morte o in agonia? Ne parliamo con Rachele Pierini, ricercatrice in filologia classica dell'Università di Bologna, con la quale abbiamo fatto una chiacchierata che forse sarà utile a uno dei tanti studenti che si sente perseguitato da queste materie ostiche...

Si dice che le lingue classiche siano "morte": è vero?

Il greco classico e il latino hanno smesso di essere lingua madre per qualcuno da moltissimo tempo, il che significa che nessuno le usa più nella vita di tutti i giorni per scrivere o per parlare. Una lingua inutilizzata è una lingua che non può più cambiare, che non può più evolvere, che è costretta a mantenersi tale e quale e a rimanere quindi fissa. Il cambiamento fa parte della vita, la fissità della morte. Quindi sì, da questo punto di vista sono lingue morte. Da tutti gli altri però sono vive e vegete. 

Quali sono secondo lei le cose più importanti da dire agli alunni all'inizio di un percorso di studi incentrato sul greco e il latino per motivarli e appassionarli allo studio? 

Parlare poco e agire molto! Smetterla con quel terrorismo psicologico che lega il greco e il latino alla difficoltà e soprattutto alla noia. E smetterla anche di far apparire il greco e il latino come materie per pochi eletti, in cui solo i migliori possono riuscire. Nella mia più che decennale esperienza lavorativa posso garantirle che avrò incontrato sì e no due persone con cui era impossibile impostare un qualunque piano di lavoro. Per il resto chiunque è perfettamente in grado di raggiungere un più che dignitoso livello di autonomia sia in greco sia in latino.

Diverso è il discorso dell’affinità: tutti abbiamo le nostre preferenze e delle doti, spesso innate, che si esplicitano meglio in un settore anziché in un altro. Solo che i talenti altri rispetto allo studio e alla logica sono purtroppo scarsamente apprezzati e ancor meno incentivati, in primis dalla scuola. Il risultato è che una persona dotata per esempio di una logica non convenzionale o di capacità pratiche passerà gli anni delle superiori a sentirsi frustrato, se non "sbagliato". L’originalità, l’approccio individuale e la ricerca personale andrebbero invece incoraggiati con ogni possibile mezzo. 

Circa il 54% dei vocaboli italiani e il 98% delle 60.000 parole del nostro lessico-base derivano dal latino e moltissime altre dal greco. Qualche esempio illuminante? 

Le dirò di più. Una parola come "madre" è ben più remota del greco antico e del latino. Questo perché, per quanto arcaiche, anche queste due lingue derivano a loro volta da altre lingue ancora più antiche. Anche le lingue obbediscono al principio universale del "nulla si crea, nulla si distrugge, ma tutto si trasforma" e ogni lingua moderna non è altro che il risultato di una serie di concatenazioni di cambiamenti, alcuni più riconoscibili di altri.

Magari è facile intuire che l’italiano "lupo" è la continuazione diretta del latino "lupus", ma forse non è altrettanto immediato che entrambe derivino dalla stessa base che ha dato vita all’inglese "wolf". Le parole di origine moderna sono quelle che descrivono oggetti che prima non esistevano, ma anche qui è difficile tracciare un confine netto. Il mouse ci sembra un oggetto modernissimo, e in effetti lo è. Ma altro non è che la parola inglese per "topo" e indovini un po’, in greco e in latino si diceva "mus". Certo all’epoca indicava solo l’animale. O pensi anche a un termine come milf. Sembra un neologismo super moderno e super straniero, ma è un acronimo, la cui prima lettera rimanda a "mother", la versione inglese di quella parola "madre" così antica da esistere prima ancora che esistesse il latino. 

Quanto contano per la buona riuscita nello studio delle altre lingue che ne derivano?

Uno studente che si sentisse rivolgere questa affermazione capirebbe una cosa diversa, perché alle sue orecchie diventa subito "ah se non imparo questo e quest’altro non potrò fare questo. che noia" (parafraso con termini urbani). E il percorso appare subito in salita, lungo e difficile. Tra l’altro un approccio simile distorce l’apporto del greco e del latino, facendole apparire come lingue di per sé inutili che servono solo a facilitare, ma allungandolo orribilmente, l’apprendimento di qualcos’altro. Il loro valore è altrove ed è legato alla consapevolezza.

Imparare a parlare è un processo che avviene senza che ce ne rendiamo conto. Studiare un’altra lingua, qualunque essa sia, ci permette di avere un termine di paragone per capire la nostra e diventarne consapevoli. È capitato a tutti da ragazzi di fermarsi a mangiare a casa di un amico e vedere che nella sua famiglia l’organizzazione della cena era diversa da quella di casa nostra. Ecco con le lingue è la stessa cosa: abbiamo bisogno di un confronto per diventare consapevoli di quegli schemi che abbiamo incamerato senza accorgercene. Ma, appunto, per avere un termine di paragone non serve né il greco né il latino. Il loro valore aggiunto è un altro ancora. Andando così indietro nel tempo danno accesso a una consapevolezza maggiore, più antica e più ampia. È un percorso dell’anima, che non ha niente a che fare con quella deplorevole pratica di imparare i verbi a memoria.  

E' autrice, insieme a Renzo Tosi, del libro "Capire il greco": come nasce e quali i contenuti a grandi linee? A chi consiglia di leggerlo? 

Il libro ha due autori e due parti. Quella a cura di Renzo Tosi era già stata pubblicata anni prima e la storia è iniziata proprio così, con me studentessa universitaria che mi imbatto per caso in questo sconosciuto volumetto. Lo leggo e non solo ne rimango affascinata, ma il mio approccio al greco cambia radicalmente. A scuola si viene ossessionati dall’imposizione della traduzione: "che significa questa parola? come lo hai tradotto? che valore ha qui il participio?" Che incubo! Ma soprattutto che ansia!

L’approccio proposto in quelle pagine da Renzo Tosi era completamente diverso: lui la versione la spiegava. E spiegava il greco. Nessuno lo aveva mai fatto! Anni dopo, altrettanto casualmente, in una delle tante conversazioni con Tosi, viene fuori che avevo letto e amato alla follia questo libro. E lì Tosi decide di farne una seconda edizione e di affidare a me la parte nuova. Così ho scritto con l’intento di mettere nero su bianco quelle cose che quotidianamente dico a voce, sempre nell’ottica di presentare il greco per quello che è: una lingua bellissima e alla portata di chiunque sia interessato a conoscerla, in barba a tutti i pregiudizi che gli gravano addosso.

È un libro in cui il greco si fa veramente, quindi astenersi perditempo! Per il resto davvero chiunque nutra un sincero interesse può leggerlo con soddisfazione. Tra l’altro consente vari livelli di lettura, perché chi è interessato a studiare la lingua da zero oltre a leggerlo dovrà per forza di cose anche rimboccarsi le maniche e lavorare di persona. Nessun libro può essere una formula magica. Ma chi volesse tornare a respirare l’atmosfera del liceo può lo stesso avventurarsi con piacere tra quelle pagine, con una differenza importante, anzi due. Una è gli anni che intanto sono passati, l’altra è che ora il greco diventa comprensibile. Perché l’obiettivo di entrambi gli autori è stato proprio questo. L’ansia che assale chiunque si accosti al greco la conosciamo benissimo, quindi volevamo dotare i ragazzi di uno strumento che permettesse di accostarsi al greco con sì il timore sacro di chi si avvicina a qualcosa che teme, ma con anche le capacità per poterlo affrontare a testa alta. E uscirne a testa ancora più alta! Così non ci sono né vincitori né vinti, ma solo tanta, tantissima soddisfazione. Sul greco grava, purtroppo, questo pregiudizio della difficoltà. Il paradosso è che, a causa dell’approccio forzatamente mnemonico che troppo spesso si vede ancora proporre, alla fine difficile lo diventa per davvero. E grazie tante! Se una cosa viene presentata in blocco per forza viene recepita come un macigno. Anche i più grandi chef danno le ricette dei propri piatti, e noi abbiamo voluto fare proprio questo: raccontare ai ragazzi ingrediente per ingrediente il greco, e metterci poi a cucinare insieme a loro. Alla fine megatavolata ovviamente!

Insomma, è più difficile il greco o il latino? 

Sono due lingue diversissime! Ma su una cosa non ho dubbi. Quella che ami di più sarà quella più in discesa! E se non le amate, amen. Ce la farete lo stesso!

Qualche consiglio a chi ha un debito in queste due materie? 

Parlatene con persone competenti e di fiducia. Questo è imprescindibile. Però poi ascoltate il vostro cuore e affidatevi anche a chi ve le farà fare ridendo e ve le renderà una parte come tante della vostra quotidianità. Quanto importante e quanto bella lo deciderete voi, ma con a fianco qualcuno che abbia fiducia in voi e vi tratti da persone talentuose quali siete. In bocca al lupo! 

Rachele Pierini in aula

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