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Disabilità. Portici, S. Stefano, Ghetto, Cavaticcio: belli, ma proibitivi

In centro "falsi invalidi" muniti di pass scorazzano senza problemi, ma come vivono i cittadini "realmente" disabili? A colloquio con Sergio Bettini, architetto che si dedica alla spinosa questione delle barriere architettoniche

Nonostante i 400 milioni di tagli al Bilancio 2012, il Governatore Errani ha promesso che “Il Fondo per la non autosufficienza continuerà a esserci, anche se non so ancora di quanto sarà”. E non basta. La Riforma assistenziale proposta dalla Commissione Finanze della Camera è stata bocciata della Corte dei Conti e dalle associazioni di persone con disabilità che promettono di scendere in piazza se il testo non verrà emendato.

Vista l’attualità dell’argomento, e le lamentele da parte di cittadini diversamente abili sulle condizioni di accessibilità delle nostre città, Bologna Today ha voluto indagare intervistando Sergio Bettini, architetto e storico dell’architettura, che sul tema ha recentemente avviato un blog, Paripasso dedicato all’accessibilità e al superamento delle barriere architettoniche

Alcuni dei luoghi accessibili e non

Andiamo subito al sodo architetto, come vive un disabile a Bologna?
Emarginato, ma mediamente meglio che nel resto d'Italia.

Per fare solo qualche sempio. I Portici, piazza S. Stefano, il Ghetto ebraico, il parco Cavaticcio. Alcuni dei luoghi di vanto per la città, grazie al loro fascino. Ma c'è da vantarsi davvero? Un disabile non accompagnato può circolare agilmente in città?
Molto limitatamente e solo in alcune aree. I portici, eccezionali per i pedoni, presentano spesso cambi di quota e gradini, come in Strada Maggiore, e attraversare è quasi impossibile perché gli scivoli di accesso alla quota pedonale sono eccessivamente pendenti e la pavimentazione è dissestata. Anche nelle aree pedonali la pavimentazione non è adeguata. Non solo l'assurdo ciottolato di P.zza S. Stefano, S. Cristina, S. Giovanni in Monte, P.zza S. Domenico, il Ghetto, cementato per insurrezione degli abitanti normo ambulanti,  ma ovunque sono presenti lastroni di granito posati malamente e deformati dal passaggio decennale di autobus che pesano alcune tonnellate. Il Mambo è uno dei luoghi perfettamente accessibili al contrario dell’adiacente Giardino del Cavaticcio inaugurato a giugno con una rampa troppo scoscesa. Si poteva studiare un accesso al giardino più agevole per i disabili con un ascensore dalla quota superiore, che fra l’altro avrebbe contribuito ad aumentare la relazione architettonica con questo spazio verde.

Il vecchio, odioso problema dell’auto parcheggiata nel posteggio riservato o sullo scivolo?
Certo, quello purtroppo è un fenomeno odiosamente presente. E lo è sempre di più.


Parliamo delle garanzie potenziali, cioè della giurisprudenza centrale e locale. E' soddisfacente?
Si può dire soddisfacente, per quanto vi siano prescrizioni tecniche che andrebbero modificate o riviste. Per tale ragione ho scritto anche all'INAIL l'anno scorso e dopo i complimenti non è stato fatto nulla. Mi riferisco al problema, per nulla dibattuto, contenuto nell'attuale normativa che disciplina i servizi a norma disabili: il DM 236 del 14/06/1989. Le indicazioni progettuali fornite dalla norma (cfr. art. 4.1.6, recepito anche dal successivo DPR 503 del 24/07/1996, art. 8) contrastano con quanto viene insegnato nelle attuali unità spinali, (centri che assistono persone con lesione al midollo spinale n.d.r.) ad esempio circa il passaggio dalla sedia a rotelle al servizio igienico per il recupero della completa "autonomia". Per essere chiari, il passaggio ideale, infatti, non avviene lateralmente, come indicato nella norma, ma frontalmente, passando al wc “a cavalcioni”. L'aggiornamento della norma avverrebbe pertanto in linea con quanto insegnato nelle unità spinali e con una piccola modifica. Il problema della legislazione, tuttavia, è un altro: viene applicata raramente e le ASL non verificano se i locali sono a norma handicap. I tecnici sono impreparati, gli idraulici non sanno a che altezza mettere i water sospesi, a che distanza posizionare i maniglioni, posti nei punti più assurdi, a caso.

Mi faccia un esempio “locale”.
Solo dopo una segnalazione al direttore della Sala Borsa è stato messo il maniglione nel WC riservato, che andrebbe inoltre sempre e rigorosamente tenuto chiuso e pulito.
Il Museo Medievale. Il Comune, dopo aver perso una causa con una persona disabile in carrozzina che lavorava al museo, riuscì a sbagliare la rampa e a rifarla due volte. La fecero dapprima in teak, legno costosissimo impiegato per barche a vela e yacht, ma sbagliarono la pendenza, non avendo nozione della differenza tra gradi e percentuale, inoltre applicarono una serie di listelli trasversali dove ci si inciampava, così venne buttata. Non avevano mai costruito una rampa.
O anche quando il Comune di Bagnolo in Piano (RE) mi chiamò per una consulenza in merito alle nuove norme comunali sull’accessibilità. L'intero pacchetto era stato affidato al Politecnico di Milano che però si ‘chiamava fuori' dal tema. Poi non se ne fece nulla perché la Regione Emilia Romagna bloccò tutto. Ma, come vede, anche le nostre università sono carenti in materia. A Bologna per prendere un autobus con la pedana – ne ha mai visto uno? – bisogna chiamare con 5 giorni di anticipo l’ATC comunicando l’ora al minuto in cui ci si troverà alla fermata! Risultato: non esistono disabili motori sui mezzi ATC.

Secondo lei, è possibile che non solo l’Amministrazione, ma anche i cittadini agiscano una volta per tutte per il superamento del problema?
Si, ma affiancandosi a chi conosce veramente la questione, allo stato attuale le istituzioni non sono minimamente in grado di affrontarla, in quanto tecnicamente impreparate.
Costruire una casa accessibile non comporta un dispendio economico maggiore, anzi. Vado sullo specialistico: la cultura architettonica novecentesca in nome della qualità dello spazio – si pensi al Raumplan di Adolf Loos – ha portato a frammentare in una moltitudine di livelli i piani di una casa rendendola inaccessibile. Un famoso fisico bolognese che si era fatto costruire una casa ‘loosiana’ da un noto architetto italiano quando fu colpito da una sclerosi vi rimase prigioniero.

Lei è anche uno storico dell’architettura e non si occupa solo di Bologna, ha riscontrato “eccellenze” o situazioni critiche anche in altre città?
Sono tutte in parte o completamente inaccessibili. Un’eccellenza è rappresentata da Torino che sta riadeguando gli spazi pubblici ed ha un sistema di trasporti invidiabile. Padova lo è mediamente, grazie al nuovo ottimo tram su gomma perfettamente accessibile e una buona ripavimentazione del centro, come l'area del Caffé Pedrocchi.  Roma è il terzo mondo. Ti puoi muovere solo in taxi. Firenze, da quando il Sindaco Matteo Renzi ha imposto la zona pedonale di 3 ettari, ha messo a segno un bel colpo: prima era impraticabile a causa di quei marciapiedi così stretti. Venezia è meno difficile di quanto si creda, va girata a zone, con i vaporetti, ma senza accompagnatore o una carrozzina elettrica è molto dura. Poi si trovano situazioni incredibili. Come Modica in Sicilia, dove molti esercenti di locali si sono attrezzati. Molto ha fatto il turismo di qualità, come in Toscana e in Puglia. Certo, se andiamo a New York il disabile può dimenticare l'accompagnatore. Per loro è normale, guardiamo il nuovo parco High Line, che sogno, che idea di recupero dove l'accessibilità è solo un micro-problema, come dovrebbe essere.

Come sensibilizzare i bolognesi “abili”?
Imparando a guardare, osservare, a segnalare sempre il problema. Un esempio in Italia è come sempre il Trentino Alto Adige che dispone di un portale per il turismo accessibile molto ben fatto e dove l’accessibilità è un valore aggiunto, come quello energetico e antisismico nelle costruzioni. Non serve una laurea per valutare la pendenza di una rampa di accesso: per montare un normale gradino di 15 cm occorrono due metri, ossia due passi. Lo possono fare tutti, anche i bambini e se poi i passi sono tre per il disabile è pure meglio.


 

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