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Sabato, 20 Aprile 2024
Cronaca San Vitale / Via Pietro Albertoni

Accusa al Sant'Orsola: "Non mi fanno donare il sangue per un tatuaggio gay"

Così un donatore respinto. Il direttore del Servizio di Immunoematologia respinge l'accusa di discriminazione: "Il problema sta nel periodo precauzionale non trascorso dall'effettuazione del tatuaggio". E sottolinea: 'In Italia siamo fra i meno ipocriti"

Un tatuaggio che raffigura due uomini che si baciano sarebbe il motivo per cui a un donatore di sangue è stato negato il prelievo. Il 45enne (Attilio, nato a Isernia e residente a Bologna) qualche giorno fa si è recato al Policlinico Sant'Orsola e a dir suo, a causa di quella "prova d'amore" sarebbe stato discriminato.
Attraverso Agitalia ("Associazione per la giustizia in Italia") il signor Attilio fa sapere che dopo aver chiarito di non aver avuto rapporti sessuali a rischio e di convivere stabilmente con il suo compagno da quasi un anno, si sarebbe sentito rispondere che non poteva donare il sangue non per la propria condizione di omosessuale (stabile per i protocolli Avis perché in essere da più di 6 mesi), ma proprio per il tatuaggio fatto circa tre mesi prima".  

"Il potenziale donatore si è sentito comunque discriminato per il categorico rifiuto di prelievo del sangue ai fini della donazione da parte del personale medico dell’Istituto nosocomiale - riporta la nota dell'associazione, che sta valutando se intraprendere un'azione legale nei confronti del personale dell'ospedale - Stiamo analizzando tutti gli aspetti della singolare vicenda, per molti versi controversa: se è vero infatti che sfogliando i protocolli Avis si legge che la donazione può essere negata in alcuni casi di comportamenti a rischio con un insindacabile giudizio da parte del personale medico e paramedico, non si comprende quale tipo di rischio possa rappresentare un soggetto che si è fatto raffigurare con un tatuaggio un simbolo prettamente gay. Oltretutto l’operazione di tatuaggio è stata effettuata in un centro autorizzato".

Ma la chiave di tutto sta proprio in quei tre mesi. Il tempo trascorso dal giorno del tatuaggio.  

E' Claudio Velati, direttore del Servizio di Immunoematologia e Medicina Trasfusionale Area Metropolitana di Bologna, a spiegare quanto questa vicenda sia in realtà una questione molto semplice e, per alcuni aspetti, paradossale: "Mi sento di poter smentire con sicurezza l'accusa di discriminazione perchè qui il problema sta nel periodo precauzionale (il cosiddetto 'intervallo finestra' di 4 mesi) non trascorso dall'effettuazione del tatuaggio, tempo che serve per essere certi di non aver contratto virus (non immediatamente riscontrabili) come l'epatite B e C". Questa la ragione per cui nel questionario che i donatori devono compilare prima di ogni prelievo c'è anche la domanda "Si è sottoposto ad agopuntura con dispositivi non monouso, tatuaggi, piercing o foratura delle orecchie?". Fino al 2005 il periodo precauzionale era di un anno. Qualche mese fa un decreto nazionale ha confermato la validità dei 120 giorni. 

Velati si è detto "sconcertato" per il contenuto della segnalazione pervenuta al Sant'Orsola e la questione lo ha fatto persino sorridere visto il suo impegno negli anni, in ambito internazionale e come rappresentante del nostro Ministero in Europa, nel garantire che il fattore di rischio venisse valutato in base ai comportamenti dei donatori e non alla categoria: "Forse pochi sanno che fino a un anno fa negli Stati Uniti chi aveva avuto rapporti omosessuali dopo il 1977 era bandito dalle donazioni di sangue. In Italia e in Spagna rispetto a questa ipocrisia siamo molto avanti e all'interno del questionario si parla di comportamenti sessuali (e non omo-sessuali) a rischio, mettendo sullo stesso piano eterosessuali e persone gay". 

Donare il sangue: tutto quello che c'è da sapere

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