Ecomafie: "In Emilia la Nuova ’ndrangheta e la ricostruzione post sisma uno degli affari più invitanti"
Il dossier di Legambiente
La camorra ha puntato in particolare sulla Romagna, e, nella patria del divertimento, è ormai presente “ai massimi livelli del crimine organizzato casalese”. “Stabilmente inseriti in traffici illeciti nella Romagna” sono anche i clan Sacco e Stolder, entrambi napoletani. Da queste parti gli affari si fanno soprattutto con la droga e col riciclaggio nel settore immobiliare e in genere nel ciclo del cemento: hotel, ristoranti, discoteche, pub.
In Emilia infine la “Nuova o altra ’ndrangheta” opera secondo il modello della delocalizzazione di fatto. Un modello preso e riadattato alla perfezione dal mondo dell’economia legale. Come un’impresa che, per ampliare le proprie opportunità di business, decida di aprire nuovi stabilimenti all’estero, così alcuni appartenenti a una cosca emigrano dal loro territorio di origine alla ricerca di nuovi e più vantaggiosi affari. E dove trovano terreno fertile attecchiscono e impongono la loro logica. “Migranti del crimine”, li definisce la Dna, che così spiega il loro modus operandi: il rapporto con la “casa madre” resta ben saldo, “senza che venga aperto un nuovo locale o una ‘ndrina distaccata e senza che si determinino invasioni sia del territorio di altri locali sia della sfera di attribuzioni e competenze del Crimine”. I “migranti del crimine” – eterodiretti dal locale d’origine – si limitano a fare soldi, per poi inviare le loro “rimesse” (in termini economici e criminali) a casa.
Se tale è il contesto, non può certo stupire l’attenzione riservata dalle forze dell’ordine al controllo degli interventi avviati dopo il sisma che ha colpito l’Emilia-Romagna nel maggio del 2012.
La ricostruzione delle zone terremotate – Abruzzo docet – è infatti uno degli affari più grossi e invitanti per i clan. E le mafie in Emilia l’hanno fiutato fin dalle prime ore, quando l’emergenza era lo smaltimento delle macerie: tonnellate di calcinacci, travi, mattoni, cemento e legno pagate a peso d’oro (50 euro a tonnellata, nelle prime settimane di emergenza).
“Molti dei mezzi coinvolti nell’operazione – scrive il giornalista Giovanni Tizian in una sua inchiesta per l’Espresso datata gennaio 2013 – apparterrebbero ad aziende legate alla ’ndrangheta, che da tempo ha investito nelle province devastate dal sisma”.
Per prevenire infiltrazioni nei lavori, sia pubblici sia privati, dall’agosto del 2012 in Emilia-Romagna è operativo il Girer, un gruppo interforze che sin dai primi mesi di attività, ha riposto la propria attenzione soprattutto sulla provincia di Modena, la più colpita dal sisma e anche quella in cui più forte e tangibile si è dimostrata la presenza delle cosche, in particolare quelle calabresi. Non stupisce dunque che, come ricorda ancora la Dna nell’ultima Relazione (2013), “tra i primi provvedimenti interdittivi deve essere segnalata l’informazione antimafia emessa dal prefetto di Modena nei confronti di una impresa locale di dimensioni rilevanti (circa 500 dipendenti), che si era aggiudicata significativi appalti sia della ricostruzione ‘pubblica’ che di quella ‘privata’”.
Ma il controllo delle forze dell'ordine e delle autorità preposte deve essere supportato anche da una definitiva presa di coscienza e di riconoscimento della presenza mafiosa in regione da parte della cittadinanza. Per questo Legambiente Emilia Romagna ha partecipato ad un bando regionale nell’ambito delle "Politiche per la sicurezza e della polizia locale” con la proposta di un progetto dal titolo "Ecolegalità 2.0."
Il progetto, che vede coinvolti alcuni Istituti superiori di Bologna, Modena, Forlì e Parma, si concluderà a maggio 2015 dopo un percorso di coinvolgimento degli studenti non solo in un’attività di formazione sui temi dell’ecomafia, ma soprattutto nella preparazione di un prodotto educativo/comunicativo realizzato con strumenti in versione 2.0.
“Così facendo – afferma Lidia Castagnoli della segreteria regionale di Legambiente – l’attività di sensibilizzazione dei ragazzi sul fenomeno delle ecomafie e dell’illegalità ambientale, e la promozione di una cultura del territorio come strumento di contrasto alla criminalità, si combinerà con la valorizzazione del loro protagonismo nella progettazione e nella realizzazione di prodotti di comunicazione capaci di essere efficacemente assimilatati dai loro coetanei”.
A conclusione delle attività, il progetto prevede che le scuole coinvolte partecipino ad un concorso per il migliore prodotto educativo sull’ecomafia, premiato nel corso di un evento pubblico a valenza regionale durante il quale sarà presentato e dibattuto anche il Rapporto Ecomafia di Legambiente.