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Cronaca

Endometriosi, cos'è e come si cura. Il primario di Ginecologia: "Se il ciclo fa male fate un controllo"

Intervista a Renato Seracchioli, direttore di Ginecologia del Policlinico Sant'Orsola, centro specializzato

In media per una diagnosi di endometriosi possono passare fino a nove anni. Un tempo lunghissimo che spesso, soprattutto quando coincide con problemi di fertilità, fino al 50% dei casi, viene vissuto con gravi ripercussioni psicologiche.

In Italia è affetto da endometriosi il 10-15% delle donne in età riproduttiva. Secondo i dati del Ministero della Salute, le donne con diagnosi conclamata sono almeno tre milioni. Il picco si verifica tra i 25 e i 35 anni, ma la patologia può comparire anche in fasce d'età minori.

La diagnosi arriva spesso dopo un percorso lungo e dispendioso, come ci ha raccontato in questa intervista Claudia Carone che nel 2017 ha scoperto di esserne affetta dopo un percorso ad ostacoli e anni di visite mediche. "Siete sani ma stressati, prendetevi un periodo di relax", hanno detto a lei e al suo compagno, che non capivano la causa della loro infertilità. 

Ma cos'è l'endometriosi e come si manifesta? Lo abbiamo chiesto a Renato Seracchioli, direttore di Ginecologia del Policlinico Sant'Orsola, dove l'endometriosi si studia e si cura da trent'anni. Ogni anno ci sono 3mila donne con endometriosi, di queste, il 10% viene sottoposto ad interventi molto complessi. 

Professore, cos'è l'endometriosi in parole semplici?

"L'utero della donna ha una cavità uterina ricoperta da un tessuto, l'endometrio, che nella donna in età fertile cresce ogni mese per prepararsi ad una gravidanza. Se la gravidanza non c'è allora il tessuto viene espulso con il ciclo mestruale. Quando però l'endometrio si accumula in zone anomale e diverse dalla cavità uterina, diventa patologico e si parla di endometriosi". 

Come si manifesta, quali sono i sintomi?

"Oltre alla sintomatologia dolorosa e all’infertilità, la malattia determina spesso effetti psicofisici che possono essere invalidanti. L'impianto di endometrio in sedi anomale – cavità addominale, ovaie, tube, apparato intestinale o urinario – presenta una reazione infiammatoria che si manifesta con dolore e con una sintomatologia particolarmente rilevante durante il periodo del ciclo mestruale, la dismenorrea, con dolore durante i rapporti sessuali, dispareunia, o anche con dolori durante la defecazione o la minzione. Questo determina una vita molto debilitata determinando, nei casi più gravi, l'impossibilità di andare a scuola o al lavoro, per esempio". 

"Questo stato infiammatorio inoltre può determinare un'alterazione dell'apparato riproduttivo a causa delle aderenze che sono collegate ad una riduzione della fertilità. Dunque l'endometriosi può essere associata ad una difficoltà di avere gravidanze. Non in tutti i casi, s'intende, ma una donna su due può avere difficoltà. Fortunatamente c'è un 20-25% che non presenta la malattia in forma invasiva ma che, senza sintomi, riesce a vivere la quotidianità normalmente". 

Cosa consiglia a chi ha forti dolori mestruali? 

"Di fare un controllo. È quello che consigliamo, soprattutto alle giovani donne che hanno un ciclo mestruale molto doloroso e invalidante, e devono prendere antidolorifici o assentarsi dal lavoro o da scuola. Il primo step è una visita ginecologica e un'ecografia. Non è detto che si diagnostichi l'endometriosi ma se dovesse accadere, perlomeno la si blocca evitando un peggioramento".

Perché si arriva così tardi ad una diagnosi?

"Studi a riguardo ci dicono che la diagnosi arriva dopo 7-9 anni dall'inizio della sintomatologia. Possiamo ricondurre questo ritardo a due fattori. Semplificando e dividendo in due parti: quattro anni si perdono perché i dolori mestruali non sono associati ad una malattia; sono spesso derubricati e la frase che ci si sente dire è: 'vedrai, passeranno non appena avrai una gravidanza'. Un problema sociale insomma. L'altra metà del tempo si perde invece per la scarsa conoscenza della materia da parte della classe medica, specialisti e non solo".

"In Emilia-Romagna siamo fortunati perché siamo l'unica regione in Italia ad aver istituito una rete per l'endometriosi. Si tratta di una rete clinica regionale che lavora su un modello di percorsi diagnostico-terapeutici-assistenziali standardizzati. Tutti gli ospedali e i centri sono in comunicazione e così i casi più importanti, con la condivisione dei dati, sono gestiti dai centri con maggiore esperienza, come il Sant'Orsola, e anche per le donne, che spesso vivono con molta ansia e stress la diagnosi della malattia, è importante sentir parlare lo stesso linguaggio perché facilita il trattamento. In totale sono circa 3mila le visite all'anno e il 10% viene sottoposto ad interventi molto complessi".

Il Sant'Orsola è un centro specializzato, come lavorate?

"Qui studiamo da 30 anni l'endometriosi. L'approccio nel tempo fortunatamente è cambiato. Prima la mattia si trattava solo chirurgicamente, con interventi demolitivi, ovvero asportando utero e ovaie. Ora fortunatamente abbiamo farmaci che, sebbene non permettano di guarirla totalmente, la rendono dormiente e quindi meno invalidante. Anche per le operazioni chirurgiche ci sono nuove tecniche – dalla laparoscopia alla robotica – che ci danno una mano nei casi in cui il trattamento farmacologico non basti".

"Nella nostra squadra abbiamo inoltre tanti altri specialisti: l'urologo, lo psicologo (tutte le pazienti hanno la possibilità di avere colloqui), il radiologo, il fisioterapista, perché spesso si presentano alterazioni muscolari del pavimento pelvico), un chirurgo toracico per i rari casi in cui riguardi l'apparato respiratorio e infine, ma non per importanza, un nutrizionista per diete specifiche. Abbiamo anche un'infermiera specializzata per programmare i percorsi delle pazienti".

Tornando al fattore sociale, può essere una strada il congedo mestruale?

"Sì, Potrebbe essere una cosa molto utile soprattutto per alcune pazienti con endometriosi grave e debilitante. Chi soffre gravemente di questa patologia perde due o tre giorni al mese che possono comportare anche demansionamenti sul lavoro o la perdita dello stesso".

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