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Cronaca Zola Predosa

Eredità Faac, Manini scrisse ad un amico: 'Lascio tutto alla Chiesa'

Così attraverso un'email cui sarebbe stato allegato anche il testamento olografo dell'imprenditore, a detta dell'amico, un professionista bolognese. Ecco l'ennesimo 'colpo di scena' nell'intricata vicissitudine

Contiua la 'saga' intorno alla controversia eredità del Patron della Faac, Michelangelo Manini, andata all'Arcidiocesi di Bologna, ma - in maniera illegittima - secondo quanto invece lamentano i parenti dell'imprenditore, lasciati a mani vuote.
Ennesimo "colpo di scena", sarebbe spuntata un'email, in cui Manini dichiarava la volontà di voler lasciare il suo intero patrimonio alla Chiesa. Così attraverso un'email con tanto di testamento olografo allegato. Almeno ostiene un professionista bolognese, amico del defunto. Testimone chiave, dunque, nella controversia in atto tra parenti e Curia, sarebbe l'uomo, che è stato sentito nelle scorse settimane su delega della Procura e ha prodotto il messaggio di posta elettronica che Manini gli inviò.

ACCERTAMENTI, I testamenti del patron della multinazionale dei cancelli automatici di Zola Predosa sono impugnati in sede civile (l'azienda è affidata ad un custode) e sotto sequestro nell'ambito dell'inchiesta per falso della Procura, che ha disposto una consulenza grafologica per accertare l'autenticità delle schede, affidata ad un maresciallo del Ris. In maniera complementare e in attesa dei risultati, su delega dei pm titolari dell'inchiesta, il procuratore aggiunto Valter Giovannini e il pm Massimiliano Rossi, la Gdf sta svolgendo indagini e, dalle prove testimoniali che si stanno raccogliendo, sembrerebbe emergere la volontà dell'imprenditore di lasciare i propri beni alla Chiesa, manifestata a terzi.

TESTIMONE CHIAVE? Secondo quanto si apprende, questo amico è stato individuato e convocato dagli investigatori. Nell' email, il patron Faac gli rappresentò, appunto, l'intenzione di lasciare tutto alla curia e gli chiese informazioni su come fare. In risposta, l'amico disse a Manini di parlarne con il proprio parroco. Cosa che in effetti fece, come lo stesso sacerdote, a propria volta sentito dagli inquirenti, ha confermato. L'amico avrebbe anche detto che l'imprenditore era una persona lucida e capace, elemento riferito pure da due medici di base che avevano in cura Manini - da tempo affetto da alcune patologie - che hanno detto alla Gdf che era presente a se stesso. La Procura, poi, ha sentito anche il notaio al quale Manini consegnò una busta chiusa, all'interno della quale, spiegò, c'era il testamento.

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