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Cronaca

Il focolaio nella struttura per disabili solleva la questione vaccini: "Un 'buco' esclude questa fragile categoria"

Parla Claudio Cantù, responsabile dei servizi per la disabilità della struttura: "Fondamentale il lavoro sulla tracciabilità. L'ipotesi più accreditata è che il virus sia entrato dopo un ricovero"

"Arrivare preparati nel momento del primo contagio è stato fondamentale". Lo dice Claudio Cantù, il responsabile dei servizi per la disabilità di Società Dolce per Villa Donini, la struttura residenziale socio-riabilitativa ad alta intensità assistenziale per persone con disabilità e non autosufficienti di Budrio, nella quale in questi giorni sono stati riscontrati 16 casi di positività fra gli ospiti e 3 operatori contagiati. La situazione è sopportabile (i numeri avrebbero potuto essere molto più preoccupanti) e "Il lavoro di sinergia con Ausl è stato fondamentale, così come sarà fondamentale quello sul tracciamento". 

Claudio Cantù spiega: "Siccome in questo momento diventa praticamente impossibile essere esclusi dal contagio, la cosa importante è prepararsi e organizzarsi per riuscire a gestire l'emergenza nel migliore dei modi e nel nostro caso significa ragionare per un contesto che di per sè è protetto, con persone nelle stesse condizioni, chiuse in una struttura 24 ore su 24 e quindi proteggersi dall'esterno. E chi arriva dall'esterno? I parenti degli ospiti e gli operatori". 

Quali strumenti avete messo in campo in questo senso per proteggervi dal Covid-19 e non farlo entrare? 

"C'è stata la fase (prima dei contagi) in cui i familiari e gli esterni avevano accesso a Villa Donini seguendo i vari protocolli, dal tampone negativo all'isolamento nei locali preposti in caso di sospetti o sintomi (la nostra zona Covid, allestita già dal marzo scorso in via preventiva). Nessun contatto diretto, distanziamenti di almeno un metro e mezzo fra esterni e interni. Considerate che molti dei disabili che seguiamo non riescono a tenere la mascherina e dunque si deve puntare ad altre barriere protettive. Una volta che il virus è riuscito ad entrare abbiamo predisposto gli screening al personale e attivato un'azione di coordinamento strategico con Ausl per condividere ogni scelta". 

Siete riusciti a ricostruire l'origine del contagio, avvenuto nonostante tutte le precauzioni? 

"Il mio motto è che siano 10, 100 o 10000 la condotta deve essere la stessa e devono essere applicati i medesimi proncipi. Sulla tracciabilità, almeno per ora, posso dirmi soddisfatto e la situazione è sotto controllo non perchè garantiamo che non entri il virus, ma perchè riusciamo a vedere il percorso che ha fatto. Rispetto al focoaio all'interno di Villa Donini l'ipotesi più quotata e attendibile è quella che per tempistiche e soggetti coinvolti il contagio possa essere avvenuto a seguito del ricovero ospedaliero di uno degli utenti, che quindi è uscito dalla nostra struttura. Chiaramente i ricoveri sono limitati davvero all'indispensabile". 

Poi come si sarebbe trasmesso in altri utenti? Come siete organizzati all'interno della villa e qual è la situazione ad oggi? 

"Gli utenti in totale sono 26 e la struttura è suddivisa su tre piani con camere che contengono da uno a tre. Siamo in deroga sui tre letti per camera perchè l'edificio è datato. Dallo scorso febbraio ci siamo dotati di una zona Covid predisposta ad accogliere l'ospite sintomatico o positivo, ma vi siamo ricorsi solo in questa fase di crisi. Oggi abbiamo 16 positivi e due ricoveri (erano diventati tre, ma uno è stato subito dimesso)". 

Il rapporto con i familiari e la comunicazione a distanza: quanto sono importanti in un momento tanto delicato? 

"Moltissimo. Ed è per questo che dedichiamo a questo tanto tempo. Abbiamo avvertito i parenti dei nostri ospiti in modo tempestivo e fra videochiamate e comunicazioni su vari mezzi siamo li teniamo costantemente in contatto: ci stiamo attrezzando anche per installare un videoproiettore per rendere le cose ancora più facili".  

Qualche considerazione da condividere? 

"Un'osservazione ce l'avrei. Anzi, due. La prima è che il supporto di Ausl e il rapporto con la task-force sono stati fondamentali e insieme li abbiamo anche migliorati. La seconda, una considerazione priva di polemica ma importante, è che non ci sono ancora indicazioni riguardo ai vaccini su persone con disabilità e operatori che con loro ci lavorano. Non c'è nessuna indicazione a riguardo, è un 'buco'. Non siamo l'unica struttura ad avere un focolaio da gestire e il diffondersi del virus fra i disabili è un segnale forte. Vorremmo sapere almeno se siamo in scaletta oppure no". 

Oltre a tutte le problematiche (vaccini compresi) e le complessità della gestione di questa emergenza, ci sono dei nodi che vi preoccupano particolarmente anche per il futuro non lontano? 

"C'è una criticità che abbiamo un po' tutti nel settore e che vorrei emergesse. Si tratta della difficoltà nel garantire e rafforzare la presenza di personale infermieristico. In questo momento a livello nazionale si stanno assorbendo infermieri per le campagne di tamponamento e vaccinazioni lasciando scoperti settori sanitari e di assistenza come il nostro. Ci viene richiesto di aumentare le prestazioni infermieristiche con un mercato del lavoro che non offre nessuna possibilità di assunzione per esaurimento delle risorse (umane)". 

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