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Cronaca Calderara di Reno

Sgomberati del Garibaldi 2, la sociologa: 'Ho incrociato i loro occhi e mi sono chiesta chi sono'

Sara Nanetti, sociologa e cittadina di Calderara, ha voluto conoscere le persone che da giorni protestano in piazza dopo aver perso la loro casa

Aldilà della cronaca, dell'oggettività di una notizia descritta da una voce neutrale, ci sono i pensieri delle persone coinvolte o anche solo spettatrici delle vicende che raccontiamo. Ed è a proposito dello sgombero di "Garibaldi 2" o "Bologna 2" che Sara Nanetti, sociologa all'Università di Bologna e cittadina di Calderara di Reno, ha scritto una 'lettera' nella quale descrive quello che vede nella piazza della sua città da quando è stato sgomberato l'edificio di via Garibaldi.
Non solo parole: in allegato al testo, Sara ha anche guardato negli occhi le persone che aveva davanti, immortalando i loro sguardi e mettendoli insieme in un bellissimo collage. 

"Da diversi giorni oramai degli individui sfrattati dai loro appartamenti occupano la piazza del paese. Li ho guardati. Ho incrociato i loro occhi e mi sono chiesta chi sono - così scrive Sara Nanetti - Ho scoperto che sono padri, madri, ragazzi e bambini. Sì, ho scoperto che sono persone. Ma questo non basta, non è mai bastato. Cosa fanno? Perché non sono nelle loro case, quale colpa stanno espiando?"

Così ho saputo che la maggior parte di loro sono persone che hanno faticosamente raggiunto l’indipendenza economica in un Paese straniero, ora costrette a contrattare la loro libertà. Noi occidentali siamo amanti della libertà e sappiamo bene che essa presuppone l’indipendenza. Potere provvedere a se stessi è un prerequisito non sufficiente ma necessario per essere liberi. Ora, queste persone avevano raggiunto tali standard: provvedevano a loro stessi, erano liberi perché non dipendevano da qualche sussidio pubblico. Si erano integrati nell’ordine della libertà. 

Un altro elemento centrale della nostra cultura, nonché motivo di vanto per le conquiste che ci ha consentito di raggiungere nel panorama artistico, è la bellezza. L’Occidente ama la bellezza. Ha costruito grandi monumenti, eretto palazzi meravigliosi, si è circondato di bellezza e odia ciò che è sgradevole agli occhi. Quelle persone, benché avessero raggiunto un buon livello di integrazione attraverso l’indipendenza, lo avevano fatto ignorando i canoni estetici. Si può essere indipendenti, e questo è un bene, ma bisogna farlo con un po’ di gusto. Loro avevano scelto di realizzare la loro indipendenza nella bruttezza di un palazzo fatiscente. E se c’è una cosa che gli occidentali odiano ancor più della bruttezza questa è la contraddizione. Da Hegel in poi, ogni discorso fatto di tesi e antitesi che non riuscisse a trovare una sintesi finale è stato bollato come eretico. Loro erano eretici, vivevano nella contraddizione tra i due massimi sistemi occidentali: affermavano la libertà nella bruttezza. Ecco la colpa, ecco il peccato.

Al fine di sciogliere l’inestricabile contraddizione, la più compiuta realizzazione della razionalità dei singoli, nella forma dello Stato garante dell’oggettiva libertà, ha deciso di operare una riqualificazione che potesse rendere meno sgradevole agli occhi quell’orrore architettonico. Ha ristrutturato parte dell’edificio, ha ornato con simpatici murales un’ampia facciata dello stabile e così avrebbe dovuto procedere fino al termine dell’intervento di bonifica estetica. Ma lo Stato assoluto non esiste più, o forse non è mai esistito, e non poteva farsi carico di una spesa così onerosa. Esistono delle priorità e riparare le colpe di altri non è una sua prerogativa. 

Certo, non c’è cosa più brutta di un lavoro fatto a metà, ma se non si può proseguire il progetto iniziato, quali alternative restano?  Ahimè, l’Occidente conosce molto bene un termine che ha segnato profondamente la storia della sua esistenza: distruggere. Libri incendiati, città devastate, uomini uccisi. Portiamo nella memoria ferite insanabili che parlano di distruzione, tanto che il termine stesso ci fa orrore. In un anfratto della nostra psiche permane la consapevolezza che ogni distruzione ha trovato, a suo tempo, buone ragioni che erano sempre legittime perché legali, uomini pronti a distruggere per un “bene” superiore. Ma quel ricordo è rimosso, la banalità del male si nutre di quelle rimozioni. Noi che amiamo i ragionamenti logici non siamo ancora riusciti a trovare una sintesi finale, continuiamo a credere che esistano persone cattive che compiono azioni malvagie e persone buone che agiscono per il bene. L’idea che il male possa colpire tutti, anche il semplice impiegato che sta firmando una carta per uno sgombero, non sfiora minimamente il nostro pensiero. Perché dovrebbe? Quando si sta facendo il proprio lavoro, si sta compiendo il proprio dovere. 

Ma l’Occidente è saggio, non procede solo per rimozioni, ha imparato dai propri errori ed ha posto come principio inviolabile (o quasi) la vita. Ha affermato a gran voce: tu non ucciderai! Allora la demolizione di un palazzo non sembra per nulla paragonabile alla distruzione: hanno nomi diversi e fanno cose diverse. Uno sfratto non ha mai ucciso nessuno e se questo serve per porre rimedio alle contraddizioni, così sia. Ma le persone che lo abitano che fine faranno? Per loro è stato predisposto un piano adeguato alla loro posizione di eretici. Verranno parzialmente risarciti dell’investimento fatto per l’acquisto di quella miserabile casa e potranno finalmente far convivere la bellezza di un appartamento dignitoso con la dipendenza dalla pubblica assistenza. Mi è sembrato di vedere un cortocircuito. Siamo tornati alla contraddizione invertendo i due termini, ora non più libertà e bruttezza ma illibertà e bellezza. Non sono anch’esse inconcepibili nella stessa persona? 

Siamo sciocchi quando pensiamo che l’Occidente sia sopravvissuto a se stesso. Sono lontani i tempi in cui la libertà veniva educata al bene e la bellezza edificata nell’amore. Ora la libertà è potere, un invisibile privilegio in se stesso amorale. Mentre la bellezza è apparenza, un vuoto ornamento anaffettivo. L’Occidente però è razionale ed estremamente pratico: non esiste contraddizione quando ciò che si elimina è invisibile agli occhi ed il plauso è garantito quando il visibile rende il mondo più bello. Comunque la si pensi sembra giusto: una minoranza sacrificherà la sua indipendenza per fare il mondo più bello e di quella bellezza tutti potranno fruirne, compresi loro. Poco importa se i loro figli non proseguiranno gli studi. Perché mai dovrebbero avere una casa di proprietà poi? Neanche io ce l’ho e vivo lo stesso, figuriamoci loro. Perché protestano? Perché occupano la nostra piazza? Cosa vogliono di più? Gli abbiamo dato la bellezza, non possono volere anche la libertà. Quella è per pochi, per pochissimi e se ci pensiamo bene, non è neanche per noi. No, qui non è morto proprio nessuno, le ingiustizie sono altra cosa, qui è morta solo la nostra civiltà. 

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