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Cronaca

Sanitari aggrediti, ora un gilet allerta vigilantes e forze dell’ordine: al via test negli ospedali

Ad aprile si parte con alcuni operatori di Sant’Orsola e Azienda Usl; 12 marzo giornata nazionale contro le aggressioni

Un gilet anti-aggressioni per gli operatori sanitari che lavorano quasi sempre da soli e che sempre più spesso sono vittime di violenza.

Lo proveranno per tre mesi alcuni operatori sanitari bolognesi, poi, se il test sarà superato, sarà gradualmente adottato anche per altre categorie. Si parte ad aprile.

Come funziona il gilet anti-aggressioni

Per attivare il dispositivo basta schiacciare un pulsante, il gilet una volta attivo emette un potente allarme sonoro con led lampeggianti e, contestualmente, invia tramite una telefonata e un sms le coordinate GPS alla vigilanza interna per il Sant’Orsola e alle Forze dell’Ordine per l’Azienda Usl. Il sistema rileva, inoltre, se la persona è a terra o immobile per troppo tempo e in tal caso invia automaticamente la chiamata di emergenza. Il tutto in un gilet di soli 190 g.

La tecnologia impiegata è quella del gilet anti-violenza D-One, progettato da D-Air lab per i runner che si allenano di notte e in luoghi isolati. È a partire da questo dispositivo che D-Air lab e i professionisti dell’IRCCS Policlinico di Sant’Orsola e dell’Azienda USL di Bologna stanno sviluppando il dispositivo Negroli, vero e proprio presidio innovativo per la sicurezza dei lavoratori che applica la tecnologia D-One alle specifiche esigenze del contesto sanitario.

La sperimentazione del gilet inizia ad aprile sul personale sanitario dell’IRCCS Policlinico di Sant’Orsola e su quello dell’Azienda USL di Bologna, in particolare su chi ha necessità di spostamenti notturni o comunque lavora spesso in solitudine. Per l’IRCCS Policlinico di Sant’Orsola si tratta di personale del servizio Dialisi, Anatomia Patologica, Psichiatria, Anestesia e Rianimazione che per espletare la sua attività e fornire consulenze ai malati ricoverati nei diversi padiglioni dell’IRCCS, deve necessariamente spostarsi anche di notte e quasi sempre da solo.

L’Azienda USL di Bologna, invece, sperimenterà il gilet Negroli con gli operatori del 118, del Dipartimento di Salute Mentale e Dipendenze Patologiche, e con i Medici di Continuità Assistenziale.

Alla realizzazione del progetto, su mandato delle Direzioni Aziendali, partecipa un gruppo multidisciplinare, interaziendale composto da vari servizi e reparti, quali ad es. il Servizio di Prevenzione e Protezione, la Medicina del Lavoro, Medicina Legale e Gestione Integrata del Rischio, la Cardiologia, la Neurochirurgia, i Servizi Informatici e Tecnici dell’IRCCS Azienda Ospedaliero-Universitaria di Bologna Policlinico di Sant’Orsola e dell’Azienda USL di Bologna, che lavorano in sinergia con la Ricerca e Sviluppo di D-Air lab.

La sperimentazione

La sperimentazione durerà almeno tre mesi e si prefigge di valutare l’utilità del presidio, il gradimento da parte degli operatori, la vestibilità e il confort. I dati ottenuti dai test tramite la compilazione di un questionario saranno valutati anche con il coinvolgimento degli RLS (Rappresentante Lavoratori per la Sicurezza) aziendali. Se il dispositivo supererà le fasi di sperimentazione allora sarà adottato anche per altre categorie di operatori sanitari.

Il progetto deve il suo nome a Filippo Negroli, uno dei più famosi produttori di armature del 1500, la cui bottega realizzava armature rinomate per la raffinatezza della fattura e la magnificenza dell’aspetto, tra le quali assume rilievo assoluto un’armatura da parata realizzata per Carlo V.

Il contesto

In Italia le aggressioni contro gli operatori sanitari dipendenti del Servizio Sanitario Nazionale denunciati all’INAIL nel 2019 sono state 1.388, quasi 4 al giorno, secondo un’elaborazione effettuata sui dati disaggregati forniti dall’Ente. Senza contare, quindi, quelle degli operatori nelle Unità di Continuità Assistenziale, negli ambulatori di Medicina generale e Pediatrici che esercitano in regime di convenzione con il Servizio sanitario ma non sono assicurati INAIL.

I dati forniti dalla FNOMCeO documentano un numero complessivo di 7400 infortuni codificati come aggressioni, prendendo in considerazione tutte le categorie professionali e tutte le modalità secondo cui, tra l'altro, ad avere la peggio sono le dottoresse, che rappresentano il 56% dei casi totali di aggressioni. I più esposti al rischio sono soprattutto i medici di Continuità Assistenziale, che sostituiscono i Medici di famiglia la notte e nei festivi, il 65% dei quali di sesso femminile.

Il report FIMMG Settore Continuità Assistenziale del 21 gennaio 2020 descrive gli atti violenti, tra cui 3 omicidi, commessi da utenti nei confronti dei medici cui si erano rivolti per ricevere assistenza. 

Le ricerche condotte dimostrano che le condizioni di rischio non sono tanto determinate dalla gestione di pazienti in stato di alterazione, quanto da atti volontari perpetrati da persone “normali” che, grazie alla mancata conoscenza da parte del medico di Continuità Assistenziale dei loro dati personali, si sentono protette dall’anonimato.  

L’analisi dei dati in Emilia-Romagna mostra un fenomeno che rappresenta circa il 2% del totale degli infortuni in Sanità, contenuto nella numerosità e sostanzialmente stabile nelle Aziende Sanitarie della Regione. Su 485 infortuni totali riconosciuti INAIL, dal 2010 al 2018, il 60% riguardano le donne.

L’analisi delle segnalazioni, invece, rileva un numero maggiore, rispetto alle denunce di infortunio, ovvero 1227 nel triennio 2016-2018, e con un trend in crescita. Poco più della metà riguardano le aree psichiatriche (il 29%) e quelle di emergenza (22%), mentre il restante 49% riguardano tutte le aree di lavoro.   

Per quanto riguarda la realtà della AUSL di Bologna, le segnalazioni degli episodi di violenza inviate dagli operatori nel triennio 2019 – 2021, sono riportate nella tabella di seguito:

Schermata 2022-03-10 alle 12.22.55-2

Nell’anno 2021 l’89% delle segnalazioni è stato classificato con livello di esito “nessun esito”, il 10% come “minore e moderato” e l’1% tra “moderato e significativo”, in base alla classificazione dei livelli di esito dell’incident reporting regionale.

In 48 casi è stato necessario ricorrere all’intervento delle forze dell’ordine.  Quanto alla realtà dell’IRCCS AOU BO Policlinico di Sant’Orsola, le segnalazioni degli episodi di violenza da parte degli stessi operatori costituiscono ormai uno strumento indispensabile per l’analisi del fenomeno.

Dai dati raccolti si evince anzitutto la crescente sensibilità da parte degli operatori rispetto all’importanza della segnalazione: dal 2018 al 2021 si è registrato un incremento superiore al 300%, passando dalle 9 segnalazioni ricevute nel 2018 a una media, nell’ultimo triennio, di almeno 3 segnalazioni al mese.

Sebbene nella quasi totalità dei casi segnalati si tratti di eventi con esito non severo, ossia aggressione o tentativo di aggressione realizzata spesso con uso di un linguaggio offensivo, si registra un atteggiamento sempre più violento nei confronti degli operatori tanto che, rispetto al 2019, gli episodi di violenza fisica sono passati dall’essere solo il 5% del totale delle segnalazioni ricevute, a rappresentare il 26% del totale delle segnalazioni nell’anno 2021. 

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