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Cronaca

Scomparsa la partigiana Gina Negrini: una vita a cercare la verità sul marito Nuri Aliev

Staffetta partigiana del 'Corpo Volontari della Libertà'fu arrestata il 21 aprile 1945. Sposò un soldato russo, poi il campo di concentramento. Suoi bellissimi libri sulla Resistenza

Se ne è andata Gina Negrini, staffetta partigiana e scrittrice (è l'autrice del libro "Il Sole Nero") che ha trascorso la sua vita nella ricerca del marito, il soldato sovietico Nuri Aliev. Nata nel 1925, nel 1944 e nel 1945 fu partigiana e poi divenne bibliotecaria dell'Istituto Gramsci e collaboratrice per L'Unità.

DOMANI L'ORAZIONE FUNEBRE. Fra i suoi lavori da scrittrice: "Ai bambini non bisogna dire bugie -  filastrocche didattiche per le scuole elementari a cura del Comune di Bologna"; il  romanzo autobiografico "Il sole nero" e poi  "Il nome sulla pelle". La Negrini aveva 88 anni e l'orazione funebre avverrà domani alle 15.30 presso il al Palazzo della cultura a Ozzano dell'Emilia.

GINA CERCO' IL MARITO TUTTA LA VITA. La Negrini fu ospite con la sua struggente storia anche al programma tv "Chi l'ha Visto", nel 1988. Ancora sul sito del programma, la sua storia e la sua triste storia d'amore: "A 17 anni era entrata nella Resistenza. A Bologna era diventata la staffetta del comandante locale del 'Corpo Volontari della Libertà'. Arrestata il 21 aprile 1945, era riuscita a fuggire qualche ora prima che i suoi compagni, che la credevano morta, entrassero nel capoluogo emiliano con le truppe alleate. Aveva la pleurite, e venne ricoverata in una casa di cura di Bologna, Villa Altura, dove conobbe Nuri Aliev, 23 anni, tre più di lei, proveniente dall'Azerbaijan (allora Unione Sovietica). In Russia Aliev era stato prigioniero dei tedeschi fin quando era riuscito a scappare e si era aggregato alla brigata partigiana 'Stella Rossa'. Era stato ferito in combattimento a Montefiorino, e per questo era stato ricoverato a Bologna".

QUEL MATRIMONIO IMPOSSIBILE CELEBRATO A MILANO. Gina Negrini sperò subito di sposarlo e di andare a vivere in Russia con lui. Ma al consolato le fu detto che un cittadino sovietico non poteva sposare una straniera e, anzi, invitarono Nuri Aliev a rientrare subito in patria. Il diniego del consolato fu aggirato con un matrimonio celebrato il 12 aprile '46 nella chiesa ortodossa di via Ponchielli a Milano, dopo che Nuri, musulmano, si era fatto battezzare. Alcuni giorni dopo il matrimonio, un ufficiale sovietico andò a visitare Aliev, proponendogli di tornare in URSS. Dopo alcuni tentennamenti i due giovani sposi partirono insieme all'ufficiale. Arrivati a San Valentino di Linz (Austria), vennero chiusi in un campo di concentramento sovietico. Gina Negrini aveva conservato gelosamente i documenti che attestavano che entrambi avevano combattuto nella resistenza contro i tedeschi. Ma il comandante del campo non diede alcun valore alla documentazione esibita e la strappò. Nel campo rimasero alcuni mesi, fino a quando una mattina di luglio del 1946 al di là dei reticolati si fermò un treno, a bordo del quale viaggiavano alcuni dei pochi reduci dell'Armir, il corpo di spedizione italiano in Russia. Gina Negrini fu costretta a rimpatriare, mentre il marito fu portato in prigione per essere poi trasferito in Russia ed essere giudicato per alto tradimento. La colpa di Nuri Aliev era di non essere morto in combattimento e di essersi lasciato fare prigioniero dai tedeschi.

La signora Negrini da allora non seppe più nulla del marito, il quale riuscì a farle pervenire solo una lettera in cui le diceva di trovarsi in Siberia e che avrebbe fatto di tutto per tornare in Italia. Un anno dopo un uomo si presentò alla frontiera di Tarvisio presentandosi come il marito di Gina Negrini ma venne respinto.

Oggi (edizione 1988/1989) dopo tanto tempo, la signora Negrini rivolge un appello a chiunque possa fornirle notizie del marito, qualunque sia stato il suo destino. "Voglio sapere di preciso che fine ha fatto, devono dirlo. Se lo hanno ammazzato, come io penso che abbiano fatto, - ha detto - voglio sentirlo dire forte per televisione. Voglio che ammettano di aver ammazzato un ragazzo che si è rifiutato di spararsi".

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