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Cronaca

Il Vicequestore Preziosa in carcere a Verona: arrestò i Savi e creò i "vigili-rambo"

A Bologna è stato capo della Omicidi, assessore alla sicurezza nella giunta Guazzaloca e tentò anche la carriera politica alle europee con AN. Ora à accusato di reato di accesso abusivo a dati sensibili e corruzione

Una lunga carriera quella del vicequestore Giovanni Preziosa, arrestato a Bologna per corruzione nell'inchiesta della Procura di Venezia. Pugliese di Bisceglie, 58 anni, entrò in polizia nel 1983 e nel 1988 divenne capo della Omicidi della squadra mobile bolognese, dove si trovava quando alla fine del 1994 la questura subì lo scossone degli arresti dei agenti-criminali della Uno Bianca. Preziosa guidò  il commissariato del centro-storico, il 'Due Torri-San Francesco', dove restò sino alla fine del 1998, quando esplose una polemica che lo coinvolse: durante una trasmissione su una radio locale a cui partecipava, agenti e funzionari del suo commissariato intervennero in diretta al telefono spacciandosi per cittadini allarmati dall'aumento della microcriminalita', criticando i vigili urbani. L'allora sindaco Ds Walter Vitali chiese la rimozione del dirigente. Il vicequestore, pur non essendo sottoposto a procedimento disciplinare, fu trasferito in provincia, al commissariato di San Giovanni in Persiceto. Non la prese bene e nella primavera '99, si mise in aspettativa e accettò di candidarsi nelle liste di An alle europee. Non riuscì ad andare a Bruxelles, ma in città superò Gianfranco Fini nelle preferenze. E Guazzaloca, appena eletto, lo chiamò nella sua squadra facendone uno dei primi assessori alla Sicurezza d'Italia, delega che poi gli revocò nell'autunno 2000 in seguito alle polemiche sulla costituzione di una società privata di consulenza in tema di sicurezza. Ci fu anche un'inchiesta, poi archiviata. Tra le cose che si ricordano della sua esperienza in Giunta, i 'vigili-rambo', un discusso nucleo sperimentale della polizia municipale voluto da Preziosa, da utilizzare come strumento operativo contro il degrado.

Da quanto si apprende ora sarebbe nel carcere di Verona.

L'AFFAIRE BAITA-MANTOVANI. La Guardia di finanza dopo una verifica fiscale alla Mantovani (estranea ad ogni vicenda), ha allargato l'indagine scoprendo la creazione di fondi neri con false fatturazioni da parte di un'agenzia di brokeraggio di San Marino grazie anche alla connivenza di un'imprenditrice e del responsabile della contabilità dell'azienda. A guidare il tutto Giorgio Baita, ex AD, che, scoppiato il caso, si è dimesso dalla società di costruzioni.

Ora si scopre il tentativo da parte di Baita di arginare l'azione delle fiamme gialle, cercando di avere informazioni e per farlo - come ha ricostruito la Guardia di finanza di Venezia - Baita si è rivolto all'imprenditore padovano Mirco Voltazza, indagato, e al bolognese Manuele Marazzi, arrestato. Proprio attraverso i due, Baita sarebbe stato messo in contatto con Preziosa che, in cambio di denaro e grazie al suo ruolo, sarebbe entrato nei database informatici delle forze dell'ordine a caccia di notizie sull'indagine delle fiamme gialle da passare al manager. Proprio questo gesto illecito ha portato al suo arresto con l'ipotesi di reato di accesso abusivo a dati sensibili e corruzione. Secondo le intercettazioni raccolte dalla Guardia di finanza la vicenda, in un ulteriore ramo d'indagine, avrebbe visto Preziosa e Voltazza tentare di ingannare la società Veneto Strade. Secondo le intercettazioni tra gli arrestati e gli indagati, Preziosa avrebbe fornito Voltazza di lampeggiante, abiti e paletta per qualificarsi come uomo delle forze dell'ordine utilizzando pure una vettura in modo da farla sembrare di servizio. Così Voltazza si sarebbe presentato a Veneto Strade suggerendo di favorire una pratica a vantaggio di Baita per evitare dei presunti, quanto inattuabili, controlli. Una vicenda, quest'ultima che è stata immediatamente smentita da Veneto Strade in una nota in cui, oltre a specificare di non aver mai dato appalti alla Mantovani all'epoca dei fatti.

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