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Cronaca

Green pass obbligatorio? Fondazione Gimbe: "Auspicabile, ma poco applicabile a breve termine"

Tra gli ostacoli, per la fondazione bolognese "innanzitutto l’indisponibilità di vaccini, la non gratuità dei tamponi in tutte le Regioni genera un rischio di discriminazione"

"Se per limitare la circolazione del virus rimangono fondamentali i comportamenti virtuosi, l’utilizzo del green pass sul modello francese per l’accesso a bar, ristoranti e altre attività, seppur auspicabile è poco applicabile a breve termine per vari ostacoli che dovrebbero essere fronteggiati e rimossi". A scriverlo nel monitoraggio giornaliero Covid-19, è la fondazione bolognese Gimbe, con sede in via Amendola, che ha lo scopo di favorire la diffusione e l’applicazione delle evidenze scientifiche con attività indipendenti di ricerca, formazione e informazione scientifica. 

L'ipotesi dell'obbligatorietà era stata avanzata dal sottosegretario alla Salute, Pierpaolo Sileri, citando appunto l'esempio della Francia che rende necessaria la certificazione per andare su treni e aerei, al ristorante e frequentare eventi con molte persone. 

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Per Gimbe, tra gli ostacoli ci sarebbero "innanzitutto l’indisponibilità di vaccini per tutti coloro che vorrebbero riceverli e la non gratuità dei tamponi in tutte le Regioni genera un rischio di discriminazione; in secondo luogo, servono strumenti e risorse per controlli serrati e sistematici; infine, manca una legge sull’obbligo vaccinale per chi svolge mansioni a contatto col pubblico. Last, but not least - continua Gimbe - è indispensabile rimettere al centro dell’agenda politica il tema scuole: in assenza dei mancati adeguamenti strutturali e organizzativi, infatti, per il prossimo anno scolastico c’è il rischio concreto di dovere ricorrere nuovamente alla didattica a distanza, considerato anche che il 75% circa della popolazione 12-19 ed oltre 216 mila persone impiegate nella scuola (14,8%) non hanno ancora ricevuto neppure una dose di vaccino".

Secondo l'analisi infatti le somministrazioni delle prime dosi di vaccino sono andate a picco in un mese (-73%).

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Vaccini, somministrazioni

Al 14 luglio (aggiornamento ore 6.12), il 60,8% della popolazione (n. 36.042.675) ha ricevuto almeno una dose di vaccino (+719.235 rispetto alla settimana precedente) e il 41,9% (n. 24.801.699) ha completato il ciclo vaccinale (+3.208.392 rispetto alla settimana precedente) (figura 8). Stabile nell’ultima settimana il numero di somministrazioni (n. 3.758.700) (figura 9), con una media mobile a 7 giorni di 543.873 inoculazioni/die (figura 10). Un numero di somministrazioni che, nonostante oltre 4,8 milioni di dosi “in frigo”, rimane stabile sia per la crescente diffidenza degli over 60 verso i vaccini a vettore adenovirale (2,7 milioni di dosi disponibili), sia per la necessità di accantonare oltre 2,16 milioni di dosi di vaccini a mRNA per i richiami, viste le incertezze sulle forniture che impongono alle Regioni continui stop & go delle agende. «In questo scenario – spiega Mosti – la percentuale di prime dosi sul totale delle dosi somministrate è in progressiva riduzione da 4 settimane consecutive: dalle 2.955.191 prime dosi della settimana 7-13 giugno (74% del totale) si è passati alle 809.518 della settimana 5-11 luglio (22% del totale), con un calo del 73% (figura 11).

Copertura degli over 60. L’87,6% ha ricevuto almeno una dose di vaccino, con un incremento settimanale irrisorio a livello nazionale (+0,4%) e nette differenze regionali: mentre Puglia, Umbria e Lazio hanno superato il 90%, la Sicilia è ferma al 78,1%.

In dettaglio:

Over 80: degli oltre 4,4 milioni, 4.073.553 (90,9%) hanno completato il ciclo vaccinale e 149.191 (3,3%) hanno ricevuto solo la prima dose 
Fascia 70-79 anni: degli oltre 5,9 milioni, 4.468.306 (74,9%) hanno completato il ciclo vaccinale e 805.770 (13,5%) hanno ricevuto solo la prima dose 
Fascia 60-69 anni: degli oltre 7,3 milioni, 4.571.634 (61,4%) hanno completato il ciclo vaccinale e 1.593.861 (21,4%) hanno ricevuto solo la prima dose 

Variante Delta

Tenendo conto del progressivo aumento dei casi e della diffusione di questa variante che è destinata a diventare prevalente, nel nostro Paese il tallone d’Achille continua ad essere rappresentato dagli oltre 4,77 milioni di over 60 a rischio di malattia grave non coperti dalla doppia dose di vaccino, secondo la Fondazione: di questi, 2,22 milioni (12,4%) non hanno ancora ricevuto nemmeno una dose di vaccino con rilevanti differenze regionali (dal 21,8% della Sicilia al 7,2% della Puglia) (figura 16), mentre 2,55 milioni (14,2%) devono completare il ciclo dopo la prima dose (1.856.129 con AstraZeneca, 596.190 con Pfizer-BioNTech, 96.503 con Moderna). «Il balzo in avanti rispetto ai 5,75 milioni di over 60 non adeguatamente protetti della scorsa settimana – puntualizza Gili – è quasi esclusivamente legato al completamento di cicli vaccinali: in altri termini, non cresce il numero di over 60 che ricevono la prima dose, segno di una persistente esitazione vaccinale in questa fascia di età». Peraltro, il trend di somministrazione delle prime dosi per fasce di età conferma l’appiattimento delle curve degli over 80 e delle fasce 70-79 e 60-69 e una flessione per tutte le altre classi d’età, con notevoli differenze di copertura tra le varie classi anagrafiche.

In sintesi, la progressiva diffusione della variante delta "determinerà, come già avvenuto in altri paesi europei, un incremento del numero dei contagi, la cui entità potrebbe essere sottostimata dall’insufficiente attività di testing & tracing che caratterizza il nostro Paese", fa sapere Gimbe. (fonte: Fondazione Gimbe)

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