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Cronaca

Covid e imprese, l'allarme Fiom-Cgil: "Troppo caos e gestione fai da te"

Presentati i risultati di una rilevazione fatta su 109 aziende del territorio: 292 i casi positivi fino alla scorsa settimana

"Vieni al lavoro solo se fai il tampone, altrimenti ferie". Questo è uno dei tanti esempi della gestione covid-19 all'interno delle imprese nel bolognese, spesso lasciate troppo libere di gestire l'emergenza, con situazioni che alla fine si ripercuotono sui lavoratori.

L'allarme è della Fiom-Cgil, in conferenza stampa con il segretario del sindacato, Michele Bulgarelli, e il delegato Salute e Sicurezza, Marco Colli. L'appello di Bulgarelli è chiaro: "Chiediamo un ruolo vero da parte dell'Ausl, dell'autorità pubblica. Se si scaricano sui lavoratori i costi della sicurezza, tra ferie, cassa integrazione e paga decurtata, non ci troviamo in un quadro coerente nemmeno alle discipline di sicurezza dalla 'legge 626' in poi".

"C'è stato un caso, dopo la notizia di un contagio, in cui i lavoratori sono stati caricati su un pullman per fare i tamponi rapidi e poi subito riportati a lavorare - racconta il sindacato - oppure, ci sono situazioni in cui si dice 'vieni a lavorare solo se fai il tampone' e casi in cui l'Ausl non è stata nemmeno informata dei contagi che si riscontravano in azienda".

E ancora: "un lavoratore di un'azienda che poteva entrare solo al terzo tampone, oppure un'azienda dove i lavoratori vanno a lavorare esclusivamente se si sono mostrati disponibili a fare il tampone. Altrimenti, ti mettono in ferie".

Sono gli esiti di una ricerca fatta dal sindacato venerdì scorso sul campo, che fotografa la situazione nelle aziende del territorio riguardo al comitato covid, contagi e altri dati. Per esempio, solo il 43% del campione ha tempestivamente convocato il comitato Covid in azienda in presenza di positivi. Secondo la ricerca, il restante 38% non l'ha convocato e il 19% si è dichiarato non a conoscenza.

In questa seconda fase, denuncia il sindacato, non solo c'è stato un rilassamento nei comportamenti aziendali ma anche una sorta di fai da te. "Ci siamo trovati in queste settimane - puntualizza il delegato Fiom - aziende importanti che si sostituivano ai decreti del Governo e della Regione".

"Si va ben oltre le regole nazionali e regionali", insiste Colli. Per non parlare del medico di fabbrica: "Ce lo dicono anche le aziende, lui preferisce stare chiuso nel proprio ufficio. Dal paio di visite all'anno di prima siamo passati a zero, quanto meno in questa fase". Di questo passo, "siamo tempestati di telefonate di lavoratori che ci dicono che vogliono andare a casa, perche' l'azienda non chiude reparti. Ma le imprese - continua Colli - non percepiscono, e questo ci disturba: dovremmo invece dare indicazioni comuni ai lavoratori, insieme, pur nel pieno rispetto della privacy".

La ricerca

Dallo studio, che ha interessato per 21.391 lavoratori coinvolti e un totale di Rsu e rappresentanti della sicurezza pari a 399, emerge che i casi Covid oggi sono 292, pari a 2,53% del totale degli addetti. Il medico di fabbrica, in tutto questo, svolge un ruolo attivo solo per il 44%.

Ricerca Fiom imprese covid

E alla domanda 'sono stati fatti accordi per introdurre norme a favore dei lavoratori in periodo Covid', le risposte 'no' e 'si'' valgono entrambi il 49%. Ancora: sulle soluzioni di prevenzione adottate, il 18% di chi ha risposto è stato informato "ma le scelte non vengono condivise con noi", mentre un 35% dice: "Siamo coinvolti, ma non tutte le nostre osservazioni sono recepite". Si rifarà il punto con un attivo di tutti i delegati a metà mese.

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