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Cronaca

Base jumping e incidentalità: "Non è una roulette russa"

L'INTERVISTA. Maurizio Di Palma lo pratica da 17 anni e oggi lo insegna alla Brento Base School: "Calcolando i margini si riducono i rischi. Al 99,9% è fatale l'errore umano"

Buildinngs, antennas, span, earth: queste sono le parole inglesi che compongono l'acronimo "b.a.s.e" del termine Base Jumping e indicano le superfici da cui ci si lancia nel vuoto con il paracadute fra rilievi e pareti naturali, ponti, antenne e palazzi. Si tratta di un'attività estrema molto di nicchia, che conta 2.500 adepti nel mondo e circa un'ottantina in Italia, di cui si trova traccia soprattutto nelle pagine di cronaca nera, a causa di incidenti come quello che qualche giorno fa ha visto perdere la vita a un 42enne di Anzola dell'Emilia

«Pratico questa disciplina da diciassette anni e mi trovo spesso ad essere il portavoce dei base jumpers italiani - a parlare Maurizio Di Palma, ex paracadutista della Folgore, oggi professionista di questi voli con oltre 4 mila lanci alle spalle e un'attuale attività da coach - purtroppo anche in circostanze tragiche come quella che riguarda Alessio, un ragazzo che conoscevo bene e che purtroppo è stato vittima di quel fatale incidente a Bismantova. Sul base jumper, che non è uno sport ufficiale ma una disciplina di nicchia, se ne dicono tante, ma è giusto dare delle informazioni corrette e scansare da noi che lo pratichiamo l'idea dei dead men walking»

«Non siamo dei dead men walking: il base jumping non è una roulette russa»

Parliamo di  sicurezza e delle cause degli incidenti che avvengono facendo questi lanci estremi? «Fare base jumping in modo stra-sicuro è possibile. Non è una roulette russa, ma una disciplina estrema che richiede più testa che attributi e che deve essere praticata facendo un calcolo preciso sui margini. Margini che ci si gioca in tempi strettissimi e ad altissime velocità. Diciamo che è come affrontare una curva in auto per la quale il limite è 80 km/h: se la facciamo a 50 km/h riduciamo le possibilità di incidente. Naturalmente nelle valutazioni vanno sempre tenuti in consoderazioni aspetti quali le condizioni del tempo e quelle psicofisiche. Gli incidenti mortali avvengono al 99,9% per errore umano». 

Chi lo pratica: «Paracadutisti esperti che hanno seguito un corso»

Come facilmente immaginabile, chi decide di praticare il base jumping arriva da un'esperienza di lanci in paracadute notevole che viene incanalata poi in questa emozionante disciplina, fra i prerequisiti infatti ci sono un minimo di 200 salti di skydiving (di cui almeno 30 fatti negli ultimi 6 mesi), una licenza di paracadutismo, avere il proprio materiale da b.a.s.e completo, voglia d'imparare in sicurezza, divertendosi e nel totale rispetto delle norme etiche che regolano la comunità del Base Jump internazionale. E Maurizio Di Palma, come istruttore della sua Brento Base School, precisa che è necessario comunque seguire un corso: «Che generalmente richiede dai 4 ai 6 giorni per il basico FJC e dagli 8-10 giorni per quello completo Full course. Condizioni meteo permettendo naturamente. Al termine dei corsi proposti e l'acquisizione delle abilità tecniche fondamentali (oltre al giusto approccio mentale) si è pronti per costruire la propria carriera come Base Jumper. Dipende poi dalla persona sfruttare a pieno il proprio potenziale nei tempi e modi a lui più congeniali. Senza perdere mai di vista il fatto che si sta praticando un attività limite, dove ogni decisione o azione sbagliata può avere conseguenze anche gravi». 

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