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Cronaca

Isabella, a 50 anni va a fare la Oss in Inghilterra e intanto scrive libri: "Più facile trovare lavoro, ma meno diritti"

LA STORIA - Una 'svolta' che arriva a 50 anni. Lontano dalla sua Bologna. In un altro Paese. E' la storia della Oss-scrittrice Isabella Lorusso

Isabella Lorusso da Bologna si è trasferita nel Dorset, Inghilterra, e con una laurea in Scienze Politiche indirizzo storico-politico presa all'Unibo e un master in counseling è diventata una Oss. Una care, come dicono oltre la Manica, occupata in una clinica per anziani con l'alzheimer, dove lavora e vive da cinque anni. Mentre, "rubando tempo al tempo" (come dice lei) scrive. Isabella Lorusso infatti è anche una scrittrice-viaggiatrice: Spagna, America Latina dove, nelle carceri di massima sicurezza di Lima, ha incontrato i guerriglieri dell'MRTA e di Sendero Luminoso. Si è addentrata anche nella selva boliviana dove ha seguito le orme del Che, e ancora all'Università La Cantuta dove ha insegnato per diversi anni e dove nove studenti e un professore sono stati barbaramente sequestrati, torturati e uccisi dagli squadroni della morte del dittatore Alberto Fujimori. Adesso però la storia che vogliamo raccontare è quella della sua vita nella contea a sud di Londra. 

Isabella, visto il tuo percorso viene naturale pensare: perché hai scelto di fare l'operatrice socio-sanitaria e perché proprio in Inghilterra? Quando hai preso questa decisione? 

"E' successo nel 2017 quando, con già bene in mente l'idea di andare a vivere nel Regno Unito e quindi monitorando anche le offerte di lavoro, ho visto che cercavano degli Oss, così come li chiamiamo in Italia. In Inghilterra non vengono richiesti corsi o titoli come da noi, ma la formazione avviene sul campo strada facendo. Perfetto per una cinquantenne che ha studiato e si è sempre concentrata sull'interpretazione dei bisogni degli altri. Un lavoro che non avevo mai fatto prima e che all'inizio certo, mi ha un po' spaventata. Adesso, soprattutto per la dimensione umana e per i rapporti con le persone, posso dire di aver fatto bene". 

Cinque anni con il covid di mezzo. Una bella prova, un po' da ogni punto di vista. Come è stato per te? 

"Devastante perché la comunità dei nostri anziani si è drasticamente ridotta: hanno perso la vita, in condizioni tristissime sia per loro che per le famiglie, la metà dei nostri pazienti. Lavoravamo in tenuta da astronauti, attenendoci alle regole anti-covid, io sono stata insieme a una sola altra collega, l'unica a non ammalarsi. Ma è stato davvero terribile". 

Ti sarai senz'altro confrontata con dei colleghi italiani su questa professione. In cosa siamo diversi nel settore sanitario? 

"Sì, sento costantemente un'amica che fa il mio stesso lavoro a Bologna. Intanto, come già accennato, l'Oss qui è una professione a cui si ha accesso senza titoli, mentre in Italia sono indispensabili. Un'altra differenza sta nei turni, in Inghilterra sono di 12 ore e non esistono quelli da 8 ore (per noi sarebbe un part-time!). A differenza dell'Italia i lavoratori non sono tutelati dal punto di vista dei diritti: non c'è la malattia retribuita, si trova lavoro facilmente ma altrettanto facilmente si può venire licenziati. Il salario minimo è di 10 pound l'ora e la cosa positiva è la cosiddetta accomodation, ovvero l'alloggio all'interno della struttura. In Italia funziona più il pubblico, qui il privato: ma se un cittadino non si può permettere il ricovero (parlo per esempio degli anziani con alzheimer che abbiamo qui) lo Stato li aiuta con dei benefit. Parliamo dell'equivalente di 2.500 euro a settimana, così giusto per capirci". 

La ricompensa morale invece qual è?

"C'è e vale moltissimo. Non sarei così entusiasta del mio lavoro altrimenti, perché è comunque molto duro"

Hai un rapporto speciale con uno di loro? 

"Avevo una persona molto cara qui, era la mia preferita. Si chiamava Heather e non sapevi mai come prenderla: era tranquilla, socievole e simpatica, poi un attimo dopo non ci si poteva neppure avvicinare a lei perché ti urlava contro chiedendoti di lasciarla in pace. Con il tempo sono riuscita a instaurare un rapporto particolare e cantavamo un sacco insieme. Stavo con lei anche nel mio giorno libero. Mi ha insegnato una bellissima ninna nanna. Poi però il covid se l'è portata via". 

Con la lingua come te la sei cavata? 

"Avevo studiato inglese all'Università, ma continuo a studiare e prendere lezioni a distanza dalla mia cara insegnante irlandese. Gli anziani mi aiutano molto perchè parlano lentamente e hanno una grande necessità e voglia di comunicare e ascoltare. La dimensione dell'alzheimer poi è molto particolare".

Continui a scrivere: dove trovi il tempo? Ma è vero che la prefazione al tuo libro nella versione inglese te l'ha fatta Ken Loach?

"Come dico sempre e lo ripeto: rubo tempo al tempo per scrivere. E' la mia grande passione. Dopo l'ultima pubblicazione 'Donne contro', che è stato pubblicato in italiano, spagnolo, inglese e a breve avrà anche una versione francese, sto per uscire con un libro che parla delle donne albanesi che si sono opposte al dittatore comunista Enver Hoxha (1945-1985). Sì, Ken Loach è l'autore della prefazione di Fighting Women, libro in cui tratto il tema della guerra civile spagnola".  

Il tuo presente si vede, ti piace molto. Ma nel tuo futuro cosa vedi? Pensi di tornare in Italia?

"Per il momento sto bene dove sono e mi vedo qui per i prossimi 4/5 anni. Adesso lavoro tre giorni a settimana e riesco a insegnare italiano agli adulti in una bellissima scuola di Wimborne e a dedicarmi alla scrittura". 

E anzi, visto che ti occupi di diritti delle donne ti faccio una domanda che si incastra nelle ultime vicende politiche in Italia e l'esito delle elezioni del 25 settembre. Si è ricominciato a parlare di aborto. Cosa pensi dei diritti civili? In Inghilterra come funziona l'interruzione di gravidanza? 

"In Italia a mio avviso la situazione è drammatica e questa sensazione dall'estero è ancora più lucida. Stiamo tornando al Medioevo? Ne faranno le spese le donne e la comunità LGBTQI. Quanto avevamo bisogno di quella legge Zan! L'interruzione di gravidanza in Inghilterra funziona benissimo, nessun problema e nessun medico obiettore. Viene garantita insomma e non come in Italia dove la legge c'è ma non è fatta per bene. Rispetto all'inclusione posso raccontare il mio primo giorno di lavoro, condiviso con un gruppo di nuovi arrivati come me: un dirigente ci ha accolti dicendoci che potevamo esternare liberamente quello che eravamo, sessualità compresa. I 'nonni' ci chiedono tranquillamente se abbiamo un compagno o una compagna. Diciamo che siamo un po' più avanti dal punto di vista culturale...". 

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