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Cronaca

"Knockout game", violenza gratuita tra i minori. Lo psicologo: "Comportamenti criminali"

"Knockout game", l'ultimo caso a Bologna: tre ragazzini, senza motivo, sferrano un pugno a un 60enne e gli spaccano la mandibola. Iannaccone: "Fa bene parlarne, ma violenza gratuita sempre esistita"

La notizia dell'azione di violenza gratuita ai danni di un autotrasportatore per mano di tre ragazzini in zona Paladozza, ha sollevato commenti e considerazioni su quella che qualcuno definisce una moda e che si chiama "Knockout game", traducibile come si intuibile in "gioco del mettere KO". Un pugno a un passante, così forte da stenderlo, a volte di ucciderlo, come accaduto a Pisa per esempio, dove un cameriere bengalese è morto dopo un colpo a mani nude. Dunque l'episodio bolognese non è l'unico, non è il primo: casi anche a Roma, a Venezia, a Brescia, Napoli e poi Pisa, appunto.

IL "PUGNO MORTALE" CHE ARRIVA DAGLI USA. Ma prima che in Italia, questa "roulette russa" senza senso era esplosa negli Stati Uniti, dove il conto dei morti per i "pugni letali"  sferrati a ignari passanti da gruppetti di teenagers conta tre vittime. Il fenomeno sembra riguardare esclusivamente dei giovanissimi che diventano aggressori senza scrupoli, come nel caso di Bologna: il malcapitato Daniele Natali, camionista di 60 anni, è stato preso a pugni da tre ragazzi sui 15/16 anni, di cui uno sembra essere stato straniero. Il fatto è capitato lo scorso 17 giugno in una strada adiacente al Paladozza di Piazza Azzarita, quanto la gang ha attirato l'attenzione dell'uomo con un "Ehi, vecchietto!"

COLPA DEI GIORNALISTI CHE NE PARLANO SE IL FENOMENO CRESCE? Abbiamo parlato di questo fenomeno con Nicola Iannaccone, Psicologo e autore del manuale "Stop al Cyberbullismo" su violenza e bande giovanili“, al quale prima di tutto abbiamo chiesto se è giusto parlarne o se, come da critica di alcuni: "Più i giornalisti ne parlano e più i ragazzi tendono ad emulare queste azioni violente".

L'intervista a Nicola Iannaccone:

"Ma allora non si parlerebbe di nulla - la risposta dello psicologo - e attribuire la responsabilità ai media è come sparare sulla Croce Rossa. Si tratta in questi casi di episodi di aggressività immotivati, fenomeni che si collocano nell'area dei comportamenti criminali e non più interpretati solo come devianze. E' un po' come fu per i sassi gettati dai cavalcavia, a caso e su perfetti sconosciuti. Pensiamo davvero che se non se ne parla non accadano?"

Quali riflessioni possiamo fare su questo fenomeno? "Prima di tutto - spiega Iannaccone - dobbiamo considerare il fenomeno nella sua eccezionalità e nella sua effettiva gravità. Spesso questi gesti sono dei rituali interni al gruppo che servono come se fossero delle prove di coraggio, un'iniziazione perversa e in altri casi rappresentano dei modi attraverso cui emergere come individui. Negli anni '50 (e non solo nel Bronx) le bande si scontravano fra loro. Poi le fazioni politiche di destra e di sinistra, poi i tifosi allo stadio".

"Perchè solo i maschi? - uno degli interrogativi su cui lo psicologo vuole riflettere - Questa è una domanda da porsi e che trova ragione nell'antropologia. Negli Anni Sessanta una canzone diceva 'Come un ragazzo non abbasso mai lo sguardo prima del tuo'.

Come scelgono le vittime questi giovani aggressori? Perchè sono adulti e non coetanei, perchè spesso categorie più deboli? "La vittima è presa a caso, ma ben calibrata. E' la regola del capro espiatorio: spesso si tratta di una vittima più debole e anche non italiana, visto che così fa più fatica a denunciarli"

Che succede a questi ragazzi se vengono presi? Dipende, se sono minorenni o maggiorenni, ma in entrambi i casi dal punto di vista giuridico devono rispondere sia sul piano civile (con il rimborso dei danni) che su quello penale, visto che ci sono di fatto dei reati. Se si tratta di minori, visto che i riformatori non esistono più, si fa un percorso di osservazione in famiglia o si affidano a delle comunità, se hanno compiuto i 18 anni c'è la prigione".

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