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Cronaca

"Tu vieni con me fino alla fine": 6mila file audio, così si è arrivati all'arresto per la morte di Kristina Gallo

Nelle pagine di ordinanza in cui il giudice dispone l'arresto un consistente bagalio di materiale vocale, dove l'indagato minaccia più volte la donna. Per arrivare al quadro completo sono occorsi tre anni di indagini

"Tu vieni con me fino alla fine", "ti apro la testa", "ti massacro di botte". Sono alcuni dei tanti, tra messaggi e frasi, rivolti a Kristina Gallo alcuni mesi prima della sua morte, che ora gli inquirenti hanno ipotizzato essere avvenuta per mano del suo ultimo ex compagno, un 44enne arrestato ieri dai carabinieri di Bologna al termine di una fase investigativa che si è protratta per ben tre anni. 

A tanto si è dovuti arrivare infatti per un delitto che inizialmente era stato declassato a morte per cause naturali. Durante le prime indagini, durate per ben un anno poco o nulla si è potuto ricavare dagli indizi conosciuti sino a quel momento. Sono state le nuove indagini disposte dal Gip, insieme con l'ausilio dei tecnici del Ris di Parma e della polizia postale, insieme a nuovi esami sui campioni biologici e a una ricostruzione in 3D della scena del delitto a fare luce sul caso, dando un volto a un sospettato.

Oltre 6mila audio cancellati, ma gli inquirenti recuperano tutto

Di più hanno anche fatto le oltre seimila tracce audio recuperate dal telefono dell'indagato stesso, riferite da un anno prima sino a qualche mese dopo il decesso della ragazza. In mezzo, un quadro fatto di angherie e soprusi quotidiani, secondo quanto evidenziato nell'ordinanza. I frammenti sonori -salvati da una App che registrava tutte le telefonate dell'indagato- sono stati eliminati dopo qualche mese, ma i tecnici sono riusciti lo stesso a recuperarne il contenuto, aprendo la strada a nuovi, determinanti, approfondimenti.

Caso Kristina Gallo, è svolta: un arresto per omicidio

Atti persecutori continuati: "Kristina costretta a licenziarsi per gelosia"

Il giudice Roberta Dioguardi, nelle 25 pagine di ordinanza, ripercorre tutto l'iter investigativo, specificando che da quanto raccolto emerge un quadro di "perdurante assoluta condizione di soggezione e paura per la propria incolumità " fino a uno stato di "segregazione morale". Tra le condotte che hanno contribuito a rafforzare l’accusa di atti persecutori -oltre a quella di omicidio aggravato- vi è la testimonianza di numerose persone che affermano come Gallo abbia dovuto licenziarsi per non incorrere nelle ire dell'indagato, ossessionato dalle frequentazioni con i colleghi maschi della sala scommesse dove la donna era impiegata.

Non solo, la vittima è stata "ripetutamente privata per lunghi periodi dell'uso di telefoni cellulari che sistematicamente sottraeva alla vittima distruggendoli". Almeno uno di questi apparecchi -si legge nel documento- sarebbero poi stati rinvenuti nelle disponibilità di alcuni spacciatori, con i quali lo steso indagato aveva frequenti contatti.

Queste deprivazioni erano estese anche alla possibilità di vedere la figlia avuta da una precedente relazione. Infatti il padre della bimba doveva telefonare al 44enne per farle sapere i giorni nei quali poteva vedere la piccola. Infine, quando Kristina ha fatto sapere di no volerne più sapere di lui l'indagato "la tempestava in ogni ora del giorno e della notte di telefonate, messaggi o chiamate".

Le prime indagini verso l'archiviazione: poi Dna e testimonianze aprono la strada

Le condizioni del corpo e il background di vittima e presunto assassino hanno provocato un rallentamento determinante nelle prime fasi di indagini, che sono approdate verso una prima richiesta di archiviazione, salvo poi essere riaperte dal Gip. Soprattutto la causa della morte, che in un primo momento era stata fatta identificare con una anomalia cardiaca. Solo approfonditi esami del Dna e un incrocio con la ricostruzione della posizione del corpo hanno fatto emergere l'ipotesi che la morte di Kristina Gallo fosse stata violenta.

Altri indizi hanno portato all'identificazione di un uomo nello stesso luogo e in un momento compatibile con la morte della trentenne. Le chiavi dell'auto di lui, lasciate in camera da letto insieme ad alcune siringhe di insulina, compatibili con il tipo usato dal 44enne, diabetico. Non da ultime, infine, le decine di testimonianze di parenti, vicini, amici e conoscenti di lei, che hanno raccontato la spirale di isolamento che lentamente aveva avvolto la donna.

"Possibile omicidio dopo lite: da lui castello di bugie"

Scrive ancora il giudice, nel motivare la custodia cautelare del 44enne, ora in carcere. "Cristina Gallo, pur avendo tollerato violenze, gelosie e prevaricazioni dell'indagato, lo ha sfidato apertamente nella ricerca della realizzazione delle promesse sempre disattese dal compagno, che per anni tenendo di perderla ha mentito sulla sua condizione, facendole finanche credere di vivere presso l'abitazione dei genitori".

Per questo "non può quindi escludersi né che la condotta omicida sia stata posta in essere nel corso di una delle violenti liti che hanno caratterizzato la relazione dell'indagato con la vittima né che la stessa sia stata determinata dalla scoperta da parte di Cristina Gallo della doppia vita condotta dal suo compagno".

Qui trovano spiegazione "molte delle condotte di sopraffazione poste in essere dall'indagato" che sono apparse per il giudice  "originate per un verso dalla gelosia di indagato verso una donna alla continua ricerca della propria indipendenza", ma per altro verso "dall'esigenza di impedire alla donna di acquisire piena consapevolezza del castello di bugie costruite negli anni in cui è durata la relazione".

Questo -illustra il giudice- spiega "la condotta violenta posta in essere dall'indagato" in merito agli atti persecutori, mentre non vi è nessun elemento che indica come la morte di Kristina possa essere stata provocata "accidentalmente nel corso di una lite poiché a tale conclusione non può giungersi né sulla base delle conclusioni delle consulenze medico legali né sulla base della piana lettura degli elementi indiziari sopra descritti, che rendono non ragionevole una ricostruzione alternativa della vicenda in chiave non dolosa".

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