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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca

Studio Nomisma sulle mafie: "Prodotti a marchio Libera ancora di nicchia"

I risultati sono stati presentati a Bologna nel corso dell'assemblea dell'agenzia con il fondatore di Libera, don Luigi Ciotti

I prodotti a marchio 'Libera' sono ancora "un consumo di nicchia". Per questo occorre "rafforzare e accompagnare lo sviluppo e la diffusione" delle cooperative impegnate nei beni confiscati alle mafie.

E' questo l'esito di uno studio condotto da Nomisma per conto di Cooperare con Libera terra, i cui risultati sono stati presentati a Bologna nel corso dell'assemblea dell'agenzia con il fondatore di Libera, don Luigi Ciotti. Attraverso quasi 3.000 interviste, Nomisma ha indagato la percezione del marchio e tracciato un identikit del consumatore dei prodotti Libera Terra.

Il brand è conosciuto dal 26% degli intervistati e il giro d'affari è "limitato rispetto a quello delle grandi marche", intorno ai sette milioni di euro. La qualità percepita dei prodotti è però nell'84% dei casi molto elevata e il loro consumo è legato alle caratteristiche del marchio Libera, in particolare impegno sociale e attenzione all'ambiente.

Il consumatore tipo dei prodotti Libera vive per lo più nel Nord Italia, si legge ancora nello studio di Nomisma, ha più di 45 anni, un elevato titolo di studio, buone disponibilità economiche e frequenta soprattutto piccoli negozi specializzati e supermercati, dove si reca più volte a settimana, rispetto a discount e ipermercati.

Dalla ricerca, riassume Rita Ghedini, presidente di Legacoop Bologna, emerge prima di tutto "un buon posizionamento sociale, una coerenza tra le ragioni di acquisto e il messaggio che il prodotto veicola, ma abbiamo un problema di dimensioni della diffusione. Il prodotto è ancora troppo poco diffuso e orientato a fasce della popolazione a reddito medio-alto e alto. Quindi rimane un consumo di nicchia" e per questo occorre "accompagnare le cooperative di Libera terra sullo sviluppo del marchio", afferma Ghedini.

Allo stesso modo, continua la presidente di Legacoop Bologna, è necessario "diffondere l'esperienza cooperativa sui beni confiscati". Oggi ci sono "molte realtà in Italia", ma sono "poco integrate tra loro, troppo piccole dal punto di vista delle dimensioni e troppo poco in relazione con le filiere produttive e distributive. Quindi c'è un tema di rafforzamento del sistema imprenditoriale" da affrontare.

Infine, spiega Ghedini, occorre "diffondere sui territori, anche attraverso l'inclusione dei lavoratori nelle basi sociali delle cooperative, un modo diverso di fare economia. Soprattutto laddove le piccole e medie imprese sono minacciate, il modello cooperativo può essere una risposta".

Tutto questo deve però fare i conti con le conseguenze della pandemia in atto. "C'è una divaricazione economica in corso- afferma la presidente di Legacoop Bologna- a cui corrisponde un aumento delle disuguaglianze. Il fenomeno era gia' evidente a seguito della crisi del 2008, ma con il covid e' esploso". Recuperare quindi significa "non solo immettere risorse nell'economia e fare investimenti- sostiene Ghedini- ma farlo avendo cura delle relazioni tra le personi e i sistemi, che trattenga la ricchezza imprenditoriale, sociale e ambientale si perdono pezzi enormi e si approfondiscono le ferite". (Dire)

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