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Cronaca

Scuola, ancora occupazioni: oggi tocca al liceo Righi

A febbraio e marzo, sono state diverse le scuole occupate a Bologna in provincia

Ancora un'altra scuola occupata a Bologna. Con l'inizio della settimana lo stop è al liceo scientifico Augusto Righi di viale Pepoli. "Alla scuola serve una rivoluzione", si legge sullo striscione appeso sulle scale dell'istituto.

"Un'altra scuola si aggiunge alla coda di occupazioni bolognesi, che dopo anni di immobilismo, a partire dalle scuole di periferia come l'istituto tecnico Rosa Luxemburg o il Belluzzi, fino ad arrivare alle scuole del centro come il Minghetti, il Galvani e ora anche il Liceo Righi - scrive Osa (Opposizione studentesca d'alternativa) su Facebook - vedono gli studenti alzare la testa contro questo modello di scuola! Gli studenti occupano per esprimere solidarietà alle altre scuole in agitazione, contro l'ostilità dell'ambiente scolastico e contro l'alternanza scuola-lavoro, che genera morti e divide gli studenti fra di serie A e di serie B". 

A febbraio e marzo, sono state diverse le scuole occupate a Bologna in provincia: dal liceo Galvani, poi il Fermi, il Minghetti e l'istituto Belluzzi Fioravanti. 

"Questa iniziativa vuole porre al primo posto esigenze e aspettative di noi studentesse e studenti, che non devono essere una concessione, bensì un diritto", hanno scritto gli studenti occpanti in un lungo manifesto: "L'augurio è che questa manifestazione di disagio e voglia di lottare in modo che la situazione corrente cambi profondamente, non venga derubricata a capriccio infantile. Affrontare le istanze presentate o con atteggiamento paternalista o con il pugno di ferro sarebbe solo un'ulteriore conferma della loro validità". Quello che è stato deciso di portare avanti, si legge ancora nel manifesto, è "un atto comune, organizzato, dibattuto da mesi, nato dal confronto tra studenti uniti dalla stessa ingiusta condizione e decisi ad alzare la testa". E siccome "il cambiamento non avverrà oggi, probabilmente neanche domani e neanche tra mesi", questo per gli studenti del Righi, "è l'inizio di un percorso che siamo intenzionati a seguire" per dimostrare che "possiamo emergere da questa artificiale atmosfera, insensibile al nostro scontento". E' "nell'assenza di un interlocutore attivo che sorge l'urlo degli studenti, laddove l'ascolto viene confuso con il paternalismo", dicono gli studenti che poi mettono in fila tutto quello che non va: ad esempio nessuno, dicono, si è preoccupato davvero del disagio psicologico generato dalla scuola durante il Covid. "Frapporre uno schermo tra insegnante e studenti è stato estremamente deleterio, e l'unico risultato è stato allontanarli sempre di più gli uni dagli altri". 'Vince' invece "la frenetica rincorsa alla conclusione del programma e lo svolgimento di un esame che solo timidamente sembra prendere in considerazione quanto accidentato sia stato il percorso".

Al Righi, poi, "il rientro in presenza, parziale e non, è criticabile tanto quanto il periodo di totale obbligato utilizzo della dad. I rapporti interpersonali, tanto agognati, sono ostinatamente impediti al di fuori della propria aula". Gli studenti parlano anche di clima e guerra, di precarietà, di come non si inasegni a sviluppare il senso critico. E ancora: troppo nozionistiche le 33 ore di educazione civica, troppo ristretta all'aspetto "esclusivamente biologico e al rapporto uomo-donna" l'educazione sessuale a discapito di emotività, affettività, orientamento sessuale e identità di genere. "Queste carenze sottolineano il disinteresse nel creare un ambiente rispettoso e privo di discriminazioni, sottovalutando le ricadute psicologiche". E poi si "riflette una società arretrata che tratta la sessualità come un tabù". Sotto accusa la gestione delle gite, il blocco della navigazione su internet, i servizi scolastici ("Segreteria didattica malgestita dal punto di vista informativo e organizzativo: la mancanza di risorse umane ed economiche" è "la principale responsabile"), la "noncuranza che permea i laboratori" rendendo "un valido strumento di apprendimento una completa farsa". E, ovviamente, l'alternanza scuola-lavoro, i cui percorsi "non hanno alcuna qualità formativa e mancano di fornire competenze nell'ambito lavorativo. Gli studenti vengono utilizzati come strumento di produzione, senza che ne possano ricavare alcun beneficio formativo e culturale. E' inconcepibile che queste riprovevoli circostanze vengano avallate dal sistema scolastico attuale". Infine il dress code: "Noi studenti siamo pienamente coscienti di quale abbigliamento sia più adeguato al contesto scolastico: quello che non ci fa sentire a disagio nel nostro corpo" e "non tolleriamo commenti e osservazioni inappropriate" da parte del personale scolastico sul vestiario.

Occupazioni: tre scuole ferme in città

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(Foto FB OSA)

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