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Cronaca Granarolo dell'Emilia

Malato di diabete rinuncia alle cure: 'Rischio la vita per protesta contro l'assistenza inadeguata'

E' dura la vita di un diabetico di tipo uno, ovvero di chi il diabete ce l'ha fin da piccolo. La storia di Roberto Lambertini che ora vuole mollare per protesta: "Tre specialisti per 5 mila malati?"

Roberto Lambertini ha 55 anni e da 52 è malato di diabete di tipo uno. Stremato da un'assistenza sanitaria che giudica insufficiente ha deciso di smettere completamente di farsi somministrare le iniezioni di insulina e di ogni altra terapia legata alle tante complicanze dovute al diabete (vista, reni, cuore e pressione) oltre all'artrite reumatoide: "Sono stanco di una vita complicata non solo da una malattia sistemica che richiede costanti controlli quotidiani sia dello zucchero nel sangue che nelle urine, la quantità variabile di unità d'insulina da iniettare almeno quattro volte al giorno sulla base di calcoli matematici rapportati ai grammi di carboidrati presenti in ogni pasto e al valore della glicemia".

Per un diabetico di tipo uno (quello in cui la malattia si manifesta nell'infanzia) però l'insulina è un farmaco salvavita visto che il suo corpo non la produce più e l'assenza di assunzione potrebbe portare alla morte. Quello che ha reso Lambertini veramente esausto e che lo ha fatto andare su tutte le furie: "è il degrado dei livelli dell'assistenza sanitaria nei riguardi dei diabetici adulti di tipo uno. Mentre per il tipo due, la maggioranza del totale dei diabetici, esiste un'efficace e diffusa rete di ambulatori e centri di riferimento in città e provincia (Lambertini vive a Granarolo, alle porte di Bologna), così come per i bimbi e ragazzi con il tipo uno. Le cose cambiano per gli adulti col tipo uno: praticamente sono rimasti solo tre medici (di età media sui 58 anni e quindi vicini al pensionamento), senza sostituzione del personale andato in pensione, a fronte di 5.000 assistiti in tutto il territorio della provincia metropolitana, mancano inoltre infermieri educatori, nutrizionisti e altro personale specifico". 

Dunque, da come descrive l'assistenza sanitaria locale per i diabetici di tipo uno curarsi è assai complicato...perchè?

"Non c'è un'assistenza adeguata per quanti hanno una terapia dell'insulina gestita con microinfusore e monitoraggio continuo del glucosio, hanno il diabete in gravidanza o vivono con molteplici complicanze dovute alla malattia che possono mettere a repentaglio la vita (retinopatia, nefropatia diabetica, patologie cardiovascolari, per esempio).  E così mancano pure i necessari percorsi di educazione sanitaria per una condizione che in massima parte del tempo viene gestita dal paziente stesso da casa: senza nozioni di base adeguate e costringendo i meno smaliziati a finire per affidarsi al passa parola di internet e social poiché non c'è personale sanitario sufficiente a farsi carico del supporto. In questi lustri fare una visita di controllo ogni tre mesi per il diabete ha significato e comporta prendersi un giorno di ferie dal lavoro, aspettare dalle 4 alle sei ore per 15 minuti di accertamento". 

Ha raccolto anche delle firme per la causa, giusto? E ha un blog sul quale scrive regolarmente su questo argomento...

Nell'aprile scorso ho raccolto le firme per una petizione, poi inviata alla Regione Emilia-Romagna, proprio su questi temi. Nessuna risposta o altro è mai giunta. Sì, ho un blog che si chiama "Il mio diabete" sul quale raccolgo e condivido contenuti per cercare di setacciare le informazioni utili e fondate, sia in campo scientifico che biomedicale, dalle menzogne, leggende e disinformazioni presenti ormai a tutto campo in rete.

Qual è quindi la situazione a Bologna? Quali le città più all'alangiardia invece?

A Bologna ci sono quattro centri per diabetici, mentre i malati sono 5 mila: sono al Sant'Orsola l'ex Ciavarella (dove mi curo io), il reaprto Metabolismo e disturbi dell'alimentazione del professor Marchesini Reggiani, Endocrinologia e quello dell'Ospedale Maggiore. Il 1°novembre 2016 l'ex Ciavarella ed Endocrinologia verranno accorpati. Fino a un anno fa nel centro di riferimento i medici erano sette e ora sono stati ridotti a tre. Fra le città più 'attive' certamente Parma e Ravenna. In Italia il centro specializzato più all'avanguardia è a Padova. 

Come è arrivato a questa scelta? Quale il suo appello? 

La mia scelta non è solo una protesta. Fino a quando avevo 19 anni non sapevano dire nulla sulla mia malattia e adesso che la conosciamo, possibile non si possa rendere le cure più semplici? Fare più informazione? E' una malattia che per il 50% gestisce il paziente.

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