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Cronaca

A 20 anni dalla morte di Marco Biagi, il figlio:"Nessuno perdono, ma nemmeno odio"

Così Lorenzo Biagi nella giornata della commemorazione del giuslavorista ucciso sotto casa dalla nuove Br

"Un conto è perdonare, cosa che io non faccio, ma vivere con l'odio, non solo nei confronti degli assassini di mio babbo, ma anche di chi in quegli anni non ha saputo proteggere, penso non porti a nulla". Sono le parole di Lorenzo Biagi, figlio del giuslavorista ucciso per mano di alcuni componenti delle nuove Br il 19 marzo 2002.

A distanza di venti anni esatti si è rinnovato il ricordo collettivo del professore di diritto del lavoro, freddato da un commando sotto casa mentre rientrava dalla stazione ferroviaria in via Valdonica.

Nei vari momenti della giornata, la commemorazione ha toccato San Lazzaro, dove insieme alla sindaca Isabella Conti nella piazzetta dedicata al prfoessore ha partecipato anche la vedova Biagi, Marina Orlandi.

Marco Biagi, 20 anni dall'agguato mortale: cerimonia in via Valdonica

Il ricordo del sindaco Lepore

Anche il primo cittadino di Bologna offre un ricordo personale di quel giorno. "Era il giorno della festa del papà. Biagi tornava a casa in bicicletta, da solo. Accorremmo sul posto. Io ero un giovane studente universitario allora e mi ricordo bene quella sera terribile.
Nella memoria delle stragi che hanno ferito la nostra città, ricorderemo Biagi come merita. Uno studioso impegnato nella difesa dei più deboli. Un riformista che aveva dedicato la sua vita al lavoro e agli altri".

Marco Biagi è morto 20 anni fa. E oggi lo ricordiamo ancora come un innovatore

L'omicidio

Biagi viene ucciso poco dopo le 20 del 19 marzo 2002, sotto casa, con sei proiettili sparati da distanza ravvicinata. Le Nuove Brigate Rosse rivendicarono l'omicidio: Biagi divenne obiettivo del commando dopo che, essendo consulente dell'allora Ministro del Welfare Roberto Maroni, aveva elaboratori la riforma del mercato del lavoro, poi diventata legge.

Dopo qualche mese vennero individuati i primi elementi di quello che poi dalle cronache giudiziarie emerse come il gruppo di fuoco. Al termine dei procedimenti giudiziari, nel 2006 la Cassazione rese definitive le condanne all'ergastolo a vario titolo per Nadia Desdemona Lioce, Roberto Morandi, Marco Mezzasalma e Diana Blefari Melazzi. All’attentato partecipò anche Marco Galesi, che sparò a Biagi. Galesi morì proprio il 2 marzo del 2003 durante il conflitto a fuoco seguito a un controlol documenti nel quale venne ucciso anche l'agente Polfer Emanuele Petri.

Inchieste furono aperte anche per la mancata scorta a Biagi, nei confronti anche dell'ex Ministro dell'Interno Claudio Scajola e dell'allora capo della Polizia Gianni De Gennaro, nonostante avesse già ricevuto minacce. Nel 2015, i reati sono andati prescritti.

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