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Cronaca

Mendicanti, lavavetri e prostitute: la mappa delle vittime del racket in città

Le lucciole, ad esempio, si dividono le zone per etnie, in strada e nei camper ogni notte arrivano ad essere anche 180. Sono invece oltre 200 le persone dedite all'elemosina, accattonaggio, lavaggio dei vetri e vendita ambulante

Questua e prostituzione uguale schiavitù. E' quanto si propone di dimostrare il progetto sperimentale finanziato dalla Regione Emilia-Romagna portato avanti dal servizio anti-tratta della Comunità Giovanni XXIII, fondata da Don oreste Benzi: raccolta di dati, ma anche di esigenze immediate per cercare di mappare i fenomeni dell'accattonaggio, della prostituzione e dello sfruttamento. 

Lo studio sul campo è stato presentato ieri in occasione dell'inaugurazione della Casa-Famiglia "Pamoja", che in lingua swahili significa 'Insieme', in via Pirandello 7, in pieno quartiere Pilastro, che ha visto anche la partecipazione dell'Arcivescovo Matteo Maria Zuppi. "Da oggi inizieremo a contattare queste persone una ad una – spiega Matteo Pisani che insieme alla moglie Giulia Montanari abita e gestisce la casa – per conoscerne le origini e far emergere situazioni di tratta e sfruttamento. Cercheremo di comprendere come sono organizzate, chi indica loro dove fare questua; proporremo loro un cambiamento di vita attraverso progetti di inclusione sociale come quelli previsti dal decreto legislativo 24 del 2014 e dal successivo Piano nazionale Antitratta". 

"Una ricerca sul mondo dei mendicanti che vivono in strada, per capire chi c'è dietro queste persone, chi li gestisce e chi li obbliga - ha detto a Bologna Today Nicola Pirani, responsabile del servizio anti-tratta della Comunità Giovanni XXIII - un'attività che portiamo avanti da un paio di anni come volontari e abbiamo notato che c'è qualcosa che non funziona". Chi sono? Da dove vengono? Cosa li spinge a venire qui? Queste le domande alle quali gli operatori cercano di trovare risposta. 

Dai gruppi familiari di rom, ai ragazzi di colore che chiedono l'elemosina con il 'cappellino': "Da soli non ci riusciamo così abbiamo chiesto il supporto dell'ente pubblico per avere contatti con le forze dell'ordine" e quindi "fare segnalazioni". 

QUESTUA E ABUSIVISMO.. A Bologna circa 200-220 persone vivono di elemosina, accattonaggio, lavaggio dei vetri e vendita ambulante: "Dal nuovo fenomeno degli africani in centro, ai gruppo storici che lavano i vetri presso il ponte Stalingrado o in viale Masini" fino ai facchini abusivi in stazione. Interessante anche il fenomeno dei 'finti' venditori del giornale di strada Piazza Grande: la copia speso è falsa. Se sul gilet indossato non vi è il marchio dell'associazione, si tratta di un normale giubbino catarinfrangente, in pratica del tipo che si tiene in auto. 

La mappatura dell'accattonaggio in città è iniziata oltre due anni fa, grazie all'istituzione di un'unità diurna: "Raccogliamo i dati, cerchiamo di far fronte alle esigenze contingenti e, nell'eventualità, cerchiamo di far emergere il fenomeno dello sfruttamento - dice Andrea di Stefano, operatore di strada del servizio anti-tratta - fenomeno sul quale si sono accesi i riflettori da poco", tratte minori rispetto alla prostituzione o allo sfruttamento lavorativo. "La differenza tra la prostituta sfruttata e il questuante è la consapevolezza: la prima sa che infine può denunciare, il secondo non conosce tali percorsi". 

Gli studi dimostrano che l'Italia, insieme a Spagna, Germania a Francia, è una delle grandi tappe per lo sfruttamento della questua a livello mondiale: "Dai dati emergono quindi alcuni target di vulnerabilità - continua Di Stefano - tutto l'est europeo in cui le persone con gravi disabilità o con forti difficoltà economico-sociale entrano in un racket che le portano in varie tappe". In pratica le persone che 'lavorano' a Bologna vengono spesso spostate in altri paesi: "Sottoposte a ritmi massacranti mettendo in atto dinamiche simili a quelle che vediamo nella prostituzione, anche se con flusso di denaro diverso". In strada si incontrano "persone con esigenze abitative e sanitari, ma senza mai pensare di diventare un servizio a bassa soglia, il nostro obiettivo è un altro". 

PROSTITUZIONE. In sintonia con il "Piano nazionale d'azione contro la tratta e il grave sfruttamento", operatori e volontari della comunità Giovanni XXIII organizzano uscite sia diurne che notturne: "Di giorno siamo nella zona della fiera e nella zona industriale di Borgo Panigale, questo dimostra che le zone autostradali e le fabbriche sono i luoghi in cui la prostituzione è più attiva" dice a Bologna Today Giuditta Gualandi, volontaria 24enne. Etnie diverse a seconda delle zone: a Borgo Panigale esercitano le donne nigeriane, mentre nelle vie adiacenti la fiera quelle dell'est-Europa. 

"Di notte sono tantissime, ne abbiamo contate fino a 180" in strada o nei camper e, in quest'ultimo caso si tratta di prostitute marocchine o di transessuali. Giuditta osserva che nell'ultimo periodo "i permessi di soggiorno che vengono emessi sono molto spesso per vittime di tratta che però poi scompaiono, quindi servono strutture in grado di coinvolgere queste donne in un percorso di fiducia, nessuna ha questo tipo di progetto migratorio".

Da qualche tempo gli operatori percorrono i viali in bicicletta: "In questo modo si eliminano alcune barriere che invece ci sono usando auto e furgoni"

La tratta dall'est-Europa va per meccanismi familiari ed amorosi, molto più difficili da scardinare, mentre la tratta nigeriana o delle 'mama', ex prostitute che gestiscono le ragazze: "In questo modo si crea un rapporto quasi di parentele, di bisogno l'uno dell'altro".

Un fenomeno meno conosciuto è quello della ragazze marocchine nei camper: "Non si riescono a raggiungere perchè in strutture chiuse ed è molto difficile dialogare con loro".

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