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Cronaca

La Bologna che mi manca di più in quarantena: quel giro in Montagnola, il rito del venerdì e del sabato

Chi ama andarci la mattina presto, chi al tramonto per scavare e scovare quel pezzo che manca al guardaroba, provare improbabili mise e prendere lezioni di storia della moda dai Vintagisti storici: a emergenza passata sarà una gioia tornare in Piazzola

Che cosa ti manca di più di Bologna durante questa quarantena? Una bella domanda, che ci siamo posti un po' tutti e che ha risposte innumerevoli e soggettive, mettendo insieme patrimoni comuni ed emozioni e abitudini personali. Il senso di vuoto per tanti arriva puntuale il venerdì e il sabato, i giorni della Montagnola, quella fetta di mercato (la Piazzola è tutta quanta, da Piazza VIII Agosto allo Sferisterio, la Montagnola è solo la parte alta e aldilà di via Irnerio ndr) interamente dedicato al vintage e allo shopping second hand. La Camden Town bolognese che odora di incenso e di naftalina, che negli anni '80 ha vissuto l'apice di notorietà, famosa in tutta Italia e fonte di ispirazione per stilisti come Antonio Marras e Paolo Rossello (suo il marchio Parosh, che ha vestito di recente anche Meghan Markle).

A chi manca da morire alzi la mano. E siamo sicuri della trasversalità del target: studenti, vintagisti, modaioli squattrinati, modaioli ricchi e fashion victims, over 70 in cerca di ricordi, mamme e nonne a caccia del cashmere 'quello vero' (al 100% "ma controlla che non ci siano i buchini da tarma e poi lavalo a mano in acqua fredda se no infeltrisce"), curiosi e chi più ne ha più ne metta fra biondi, mori, alti e bassi, giovanissimi e super senior. Una meta classica anche per i turisti che ne hanno letto da qualche parte, anche perchè qui il vintage è molto più a buon mercato rispetto alla media delle capitali europee che ne hanno cultura e poi, neanche a dirlo, ravanando si possono scovare grandi pezzi della sartoria e della moda italiana. 

Montagnola, il mercato Vintage di Bologna

/ra·va·nà·re/ verbo intransitivo: rovistare, frugare creando disordine

Se la Montagnola fosse un verbo, sarebbe "ravanare". Sì, per divertirsi ci si deve sporcare le mani: ci si sporge sul banco allungandosi il più possibile, svelti svelti se all'occhio non è sfuggito quel capo che pare interessante e pure vagamente della nostra taglia, per poi affondare le mani nei grovigli di stoffe, colori, dimensioni ed epoche, tirare su il 'pescato' e osservarlo per bene, eliminarlo o appoggiandolo al braccio per decidere a breve, provarlo o rilasciarlo andare, in quel mare di fantasie. La prova in Montagnola ha una valenza notevolmente diversa a seconda della stagione ed è sintetizzabile con estrema semplicità: da aprile a novembre si prova la qualsiasi, da dicembre a marzo non si prova niente (se è largo basta una cintura, se è stretto poi lo regalo o lo rivendo). 

Mi piace andarci da sola, la mattina presto. Conosco a memoria i banchetti, cosa cercare e da chi. E’ il mio rito del fine settimana. Da quando poi ho smesso di acquistare abbigliamento fast fashion, i piccoli tesori trovati ogni volta, hanno un ulteriore valore aggiunto. Non credo di avere un capo preferito. A seconda del momento, ce n’è uno che diventa una seconda pelle e mi fa stare bene. Il trench verde che mi ricorda Nizza ed i pastis al sole, il cappotto dal taglio maschile che mi invidiava il signore della merceria dove andavo sempre, il vestito bianco e azzurro che ho indossato quando ho firmato i documenti di casa. Quello nero 70s, a cui manca un bottone, che dovevo portare in Svizzera, ma poi è cominciato il lockdown e non vedo l’ora di mettere non appena si potrà andare a ballare. L’abito a righine, lungo, leggero, comodissimo per provare le cose al volo, perfetto per quando torneremo gomito a gomito, in Montagnola.

Sara Gorgoglione, 32 anni, costumista per cinema e pubblicità

Ambulanti storici: dalla signora Laura (che ha anche una targa dedicata) all'uomo dei bottoni

Ognuno ha il suo percorso fisso per la Montagnola: c'è chi ci arriva dalla Piazzola attraversando (responsabilmente) via Irnerio, chi dal Pincio. Chi fa il giro orario partendo dalla salita al cancello del parco, chi quello anti orario salendo dalla rampa dello sferisterio. Nella zona "bassa" ci sono i banchi della seconda mano: grandi ravanamenti a prezzo fisso, pile di jeans Levi's (in questo periodo tutti anni '80 e '90), file di cappotti e sacchi di bomber sportivi o giacche di velluto a seconda delle settimane. C'è Luca, il "ragazzo dei bottoni" (tutti vintage) che è il fornitore ufficiale di merletti, toppe e articoli di sartoria utilissimi per personalizzare o aggiustare gli acquisti appena fatti. Da lui è facile perdersi fra i colori e i materiali, la sua raccomandazione classica è infatti quella di ricordarsi di prendere quello che si è comprato perchè spesso di ritrova sacchettini e resti sul balcone e gli tocca rincorrere i clienti. C'è Paolo, che d'estate è il guru della camicia hawaiana e d'inverno ha il banco più fornito di maglioni brutti di Natale, gli ugly christmas jumpers, come li chiamano gli inglesi. Una colonna portante del mercato vintage è la signora Laura, che ha cominciato a timbrare presenza quando era ancora in fasce e i suoi genitori la portavano con loro al lavoro: ecco lei è ancora lì (oltre il cancello a sinistra) grintosa e convincente mentre una targa la cita come "pantera" della Piazzola, con 65 anni di attività. Da Cristina un tuffo nel Paese del Sol Levante fra Kimono giapponesi e vintage di classe, poi dal toscano a dare un'occhiata ai nuovi arrivi, fra jeans e Burberry. Una puntatina da Maria per cercare dei maglioncini in angora e poi un salto da Pelo. 

Targa Montagnola-2

Questa passeggiata, oggi ahimè solo virtuale, fa uno stop da Matteo Artuso subito dopo un saluto veloce a suo fratello Gino (che insieme fanno Vintageart). Entrambi vivono la Montagnola dagli anni Ottanta e la moda per loro non ha segreti, visto che chi si occupa di Vintage dovrebbe conoscerne la storia, gli stili, i tessuti e le epoche: "La Montagnola è un'istituzione e i suoi anni d'oro sono stati gli anni '80 - racconta Matteo - Mentre la zona in strada è più second-hand, l'area dello Sferisterio è notoriamente dedicata ai capi che hanno compiuto i 20/30 anni di età, che si distingue per peculiarità, belle forme nelle realizzazioni, dettagli di design, una particolare manifattura artigianale e un’importante impronta storica.

Vintage significa anche apprezzare e valorizzare l’estro, il genio, la straordinaria varietà di fantasie, dettagli, artigianalità e materiali utilizzati da produttori che hanno contribuito allo sviluppo della moda e che con le loro creazioni continuano ad influenzarla oggigiorno: la conferma è che da queste parti passano anche i responsabili degli uffici stile o costumisti che fanno ricerca. Il vintage inoltre è anche un modo per essere alla moda e allo stesso tempo in grado di differenziarsi dalla massa indossando pezzi unici, a differenza dei prodotti attualmente presenti sul mercato, che sono fast fashion". La capacità di riconoscere facilmente un capo vintage richiede molti anni di esperienza e dedizione al settore. Gino e Matteo nello specifico hanno articoli dai primi del ‘900 fino agli anni ‘90, epoca in voga in questi anni come si nota dai Levi's a vita alta, i mitici 901, che invece dei bottoni hanno la cerniera, oltre a una vita particolarmente alta. I giovani li adorano e il nostro esperto ci dice che i ragazzi oggi danno anche tante soddisfazioni: di moda e di storia della moda spesso dimostrano di saperne più di quanto noi possiamo immaginare. 

Dalla Montagnola sono passati stilisti come Antonio Marras, Massimo Osti di Stone Island, frequentatori noti come Edoardo Bennato, al mio banco addirittura nomi come Alice Cooper. Negli anni '80 tutti amavano e conoscevano la Montagnola, dove spesso le tendenze le anticipavamo: era un punto di riferimento e meta anche dei Giapponesi, che avevano scoperto il Vintage europeo e il New Old Stock Vintage (i pezzi ancora nuovi ma datati). Compravano tutto con il favore del cambio e avevano capito il valore dei capi sartoriali made in Italy, ma anche dei grandi classici che arrivavano dagli USA. Le epoche che non tramontano mai sono i '60 e i '70, ma ciclicamente tutti i periodi vengono ripresi. Adesso siamo in piena rievocazione anni 80-90 e il coloratissimo durerà ancora un po', poi come sempre si torna ancora indietro e così via.

Matteo Artusi, vintagista 

Insomma, qualcosa di magico il mercato della Montagnola ce l'ha: quel pizzico di gioia che costa poco e che sta in un sacchettino, la sensazione di essere stati abili e fortunati nello scovare l'occasione del secolo, il continuo esercizio di creatività e il divertimento che si prova nell'osservarsi in quei minuscoli e scomodi specchi, tutti agghindati di abiti e accessori che ci danno mille versioni di noi stessi. Guardare le immagini degli anni Trenta, i volti delle venditrici sulle scale del Pincio e dei personaggi mitici come "Il Piazza" ci rassicura: il Coronavirus non ci porterà via questo pezzo di Bologna, così come non lo hanno saputo fare le guerre. E siamo in tanti a non veder l'ora di tornare a ravanare. 

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(Immagini di Matteo Artusi e di La Piazzola di Bologna) 

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