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Cronaca

Migranti: permessi di soggiorno 'facili', avvocato agli arresti domiciliari

Misure cautelari anche per un altro soggetto, ritenuto complice. Centinaia i casi segnalati

Arresti domiciliari per un avvocato di 39 anni, F.L., del foro di Bologna e per un cittadino tunisino di 57 anni ritenuto suo principale collaboratore. I due sono accusati a vario titolo di falso ideologico, contraffazione di documenti e favoreggiamento dell'immigrazione clandestina. Indagata anche una ex praticante campana del legale. 

Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti i due avrebbero messo in campo un sistema a pagamento per procedere a centinaia di richieste di permesso di soggiorno per protezione internazionale, con l'espediente di fare risultare fittiziamente la propria dimora nel territorio bolognese.

"Basta rivolgersi a un avvocato di Bologna"

Centrale il ruolo svolto dal legale, il quale risultava aver avanzato, nel solo anno 2018, oltre 800 richieste alla questura di Bologna per altrettanti cittadini stranieri richiedenti protezione internazionale, molti dei quali risultavano provenire da varie parti d’Italia. Secondo quanto ricostruito dalla squadra mobile di Bologna, all’interno delle diverse comunità di stranieri dimoranti sul territorio nazionale, infatti, si era diffusa la notizia, che bastava rivolgersi all’avvocato di Bologna per ottenere agevolmente un permesso di soggiorno. "Emerge un quadro che porta da Aosta a Palermo - ha detto ai cronisti Luca Armeni, dirigente della Squadra Mobile felisinea - grazie al passaparola tra le comunità straniere. Questa mattina sono state eseguite tre perquisizioni e, nell'abitazione del professionista, sono stati trovati circa 200mila euro custoditi all'interno di buste".

Del caso si sta occupando la Pm Rossella Poggioli e le misure sono state emesse dal Gip Roberta Dioguardi. Inoltre, a vario titolo, attorno all'inchiesta risultano un totale di 41 indagati, una rete di cui il legale è considerato dagli inquirenti il vertice.

Incontri "preparatori"

Nello studio dell'avvocato si simulavano gli incontri con l'ufficio immigrazione, così da preparare i richiedenti a rispondere alle domande dei poliziotti. I compensi andavano da 300 a 500 euro a "pratica". 

Dopo le indagini la squadra mobile di Bologna ha delineato una sorta di schema con il quale si poteva regolarizzare a pagamento la propria posizione. Dopo un primo contatto telefonico - questa la ricostruzione - lo straniero, proveniente dalle più disparate parti d’Italia, ottiene un appuntamento presso lo studio legale di Bologna, dove si conclude l’accordo tra le parti, con il pagamento di un primo acconto, circa 100 euro, da parte dell’assistito e la fissazione di un appuntamento presso una delle Questure tra Bologna, Ravenna, Forlì- Cesena, Modena e Rimini.

Il professionista, infatti, - sempre secondo quanto emerso - vantava di gestire gli appuntamenti dei propri assistiti tra le diverse questure delle provincie limitrofe, a seconda di quelle che, a suo dire, in determinati momenti storici, sembrava effettuare controlli più o meno approfonditi riguardo la documentazione dei domicili dichiarati dai richiedenti asilo e/o in relazione al tempo di attesa richiesto da ciascun ufficio.

Un secondo incontro, sempre presso lo studio legale, avviene qualche giorno prima del primo appuntamento in questura, circostanza nella quale avviene una sorta di “interrogazione” condotta dall’avvocato – o dalla sua diretta collaboratrice di studio - nei confronti dello straniero, per prepararlo all’intervista con l’ufficio immigrazione.

In queste occasioni - continua la ricostruzione della Mobile - il legale testa con mano, assumendo le vesti del poliziotto che poi rivolgerà le domande ai richiedenti asilo, la loro preparazione riguardo: il nome del soggetto che li ospita, la composizione del relativo nucleo familiare, l’indirizzo dell’abitazione, ecc.

Il secondo indagato entrava poi in gioco se l'assistito del legale non era in grado di procurarsi autonomamente, tramite le proprie conoscenze, un domicilio nel territorio provinciale della questura presso cui il legale ha deciso di presentare la relativa istanza. L'uomo veniva contattato da chi ha bisogno di una dichiarazione di ospitalità, dietro input diretto dell’avvocato ed in sua presenza. "Nessun cittadino è stato legalizzato in Italia" ha precisato Armeni. 

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