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Cronaca

La vita agra dell'operaio migrante: "Contratti da una settimana e problemi con permesso e affitto"

Sabato la manifestazione di Coordinamento migranti e altre associazioni: "Anche noi siamo l'Emilia-Romagna che produce, chiediamo uguali diritti"

"Per favore, non fare foto". Non è a suo agio davanti agli obiettivi ma molto consapevole dei suoi diritti e dei suoi doveri Mamadou (nome di fantasia, ndr), 21enne, cittadino gambiano che da tre anni vive e lavora a Bologna, in una azienda logistica dell'Interporto. Il ragazzo teme ritorsioni sul lavoro per quello che sta per raccontare, e per persone come lui la permanenza sul territorio nazionale è letteralmente appesa a quei contratti di lavoro che si rinnovano, mese dopo mese, settimana dopo settimana.

Assieme a lui, alcuni esponenti del Coordinamento migranti, storica realtà politica bolognese che -assieme ad altri soggetti- spiegano il perché della manifestazione di sabato 15 febbraio, indetta per protestare contro -si legge in un volantino- una "condizione di ricatto e sfruttamento che riguarda tutto il lavoro, migrante e non".  

Lavoro nella logistica a chiamata, la testimonianza

Mamadou vive e lavora anche se -dice- fare entrambe le cose sta diventando sempre più complicato, tra un contratto che non si stabilizza mai e il costante gioco di richieste e domande a questura e prefettura per il rinnovo dei documenti di soggiorno. Nel mezzo, contratti di affitto che vengono negati, perché il lavoro è troppo precario per fornire garanzie. E anche la mancanza di un domicilio autonomo poi dà problemi, all'ufficio immigrazione.

"Ho lavorato e lavoro all'Interporto" spiega Mamadou "con contratti che sono stati anche da una settimana, massimo un mese". Una condizione comune anche a molti non migranti, ma con la sostanziale differenza che se il lavoro viene a mancare nel momento sbagliato, la macchina burocratica del ciclico rinnovo del permesso di soggiorno si inceppa, trascinando tutto nel gorgo prima dell'irregolarità e poi della clandestinità. Le domande per i permessi di soggiorno infatti, non sempre vengono elaborate nei tempi previsti, e capita spesso -riferiscono gli attivisti- che il documento arrivi quando oramai manca poco alla sua stessa scadenza.

"Ho lavorato anche di notte, scaricando i pacchi dai camion anche a mano mentre i lavoratori assunti utilizzano le macchine". Mamadou spiega anche che, come per tutti i lavori a chiamata, vi sono dei picchi stagionali, come il Natale, dove non è raro incappare in qualche ora di straordinario.

"Tutte le volte che chiediamo i nostri soldi ci dicono "poi ne riparliamo" ma alla fine il denaro non arriva, o arriva dopo che protesti". Il ragazzo, dopo le prime volte, ha imparato a non fidarsi e quando gli danno un contratto in mano lo legge per bene e fino in fondo, anche se precisa: "Quando poi arriva il momento che ti devono assumere, ti cambiano di azienda e così si ripete, sempre".

Non ci sono dati ufficiali su quanti siano i lavoratori come Mamadou, impegnati in quello che è definibile come l'ultimo gradino di una scala informale della precarietà, che si caratterizza in base alla durata del permesso di soggiorno e sull'anzianità della permanenza sul suolo italiano. Più 'avanti' a loro infatti, stanno i lavoratori migranti 'storici' della logistica, protagonisti a loro volta di una stagione di scioperi e picchetti anche duri con i sindacati di base, ma proprio per questo divenuti nel tempo meno disponibili a coprire le fasce di lavoro più precarie.

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Migranti al lavoro nella logistica: "Casi di razzismo verbale"

La questione salariale si intreccia poi con quella politica. Nell'ambiente dei migranti assoldati a chiamata della logistica dell'Interporto si era sparsa la voce che tenere la testa bassa e non sindacare sulle condizioni di lavoro poteva essere ritenuto un punto valido in sede di commissione per il rinnovo dei permessi "ma questa cosa è assolutamente falsa" ci tiene a precisare un militante del coordinamento, Luca, che spiega anche come "questa massa di persone sia proprio difficilmente sindacalizzabile, proprio perché da un lato ricattata sul lavoro, da quell'altro costantemente con la spada di damocle del rinnovo dei permessi pendente sulla propria vita".

Non mancherebbero anche i casi di razzismo sul posto di lavoro. Scorrendo il volantino di indizione della manifestazione si leggono un paio di storie su presunti episodi di razzismo verbale. "Non vedi che sto telefonando, n... di m....?" sarebbe la frase rivolta a uno dei migranti dal suo capoturno sul posto di lavoro "in un grande magazzino" dell'hub logistico di Bentivoglio. Sempre secondo quanto riporta il volantino lo stesso capoturno sarebbe stato sospeso per 10 giorni, ma solamente dopo uno sciopero a sorpresa, organizzato anche con l'aiuto del sindacato Si Cobas

Interporto: "Firmati protocolli su trasparenza e legalità delle imprese e subappalti per ridurre il più possibile la cosiddetta zona grigia"

Interpellato in proposito da Bolognatoday, il direttore generale dell'Interporto Sergio Crespi spiega: "Ho letto anche io questi volantini e mi sono sorpreso molto. Sto cercando di contattare il Coordinamento per farmi spiegare più nel dettaglio i casi segnalati. L'Interporto è una realtà da 120 aziende della logistica, abbiamo firmato protocolli sulla trasparenza e sulla legalità delle imprese e dei subappalti per ridurre il più possibile la cosiddetta 'zona grigia'. Anche i sindacati confederali -conclude- ce lo hanno riconosciuto: in quattro anni la situazione è molto migliorata".

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