Ricerche del killer, il Ministro Minniti nella 'zona rossa': 'Non ci fermeremo'
Il Ministro dell'Interno ha incontrato i familiare di Davide Fabbri e Valerio Verri: 'Straordinaria compostezza, ho ringraziato uno per uno le forze di polizia'
"Dobbiamo avere il cuore spezzato per questi amici che hanno perso la vita". Così il Ministro dell'Interno Marco Minnitti che, dopo la visita di ieri ai familiari di Davide Fabbri e di Valerio Verri, le due vittime di Igor-Norbert Fehr, ha partecipato all'incontro "Accoglienza e sicurezza" ad Anzola.
Minniti ha portato la sua solidarietà alla vedova e al padre di Davide alla Riccardina, dove vivono e lavorano, al "Bar-Tabaccheria Gallo" e lì alcuni amici hanno srotolato uno striscione con la scritta "Davide sei un eroe", considerando tardivo l'intervento "in grande stile" delle forze dell'ordine che così avrebbero dato il tempo all'assassino di uccidere ancora: "Abbiamo paura, Budrio era un paese tranquillo, ora non ci fermiamo neanche per strada, dovevano mettere una taglia", hanno urlato.
"Stiamo lavorando, abbiamo buoni elementi" ha detto il questore di Bologna Ignazio Coccia incalzato dai cronisti.
Il Ministri si è poi recato ai comuni di Budrio e Molinella, dove ha incontrato i sindaci Giulio Pierini e Dario Mantovani e i figli di Valerio Verri, la guardia volontaria uccisa a Portomaggiore: "Ho letto loro che faremo di tutto per assicurare alla giustizia chi li ha ammazzati, la cosa bella è stata la straordinaria compostezza" ha aggiunto il Ministro. Ultima tappa la caserma dei Carabinieri di Molinella, quartier generale delle operazioni: "Abbiamo discusso con i sindaci, con i carabinieri, con le forze di polizia, li ho ringraziati uno per uno e - conclude - fino a quando non sarà catturato noi non ci fermeremo, perchè così si comporta un grande paese".
La trasmissione Mediaset "Quarto Grado" ieri sera ha mandato in onda l'intervista alla sorella dell'uomo dai tanti alias, ormai noto con il nome di Igor, al secolo Norber Fehr, nato nel 1981, a Subotica, una cittadina del nord della Serbia a pochi chilometri dal confine ungherese: la famiglia sarebbe stata all'oscuro della 'carriera' criminale dell'uomo, mentre lo credeva in Italia impiegato in un concessionario auto.