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Cronaca

Pandemia e salute mentale: in Emilia-Romagna peggiora lo stato emotivo dei cittadini

Lo rivela un’indagine a cura di Nomisma che ha coinvolto oltre 500 residenti in regione

Paura di essere contagiati dal virus, ansia e tensioni per non poter vedere familiari e amici, il timore che non sia più possibile tornare a una vita normale. Sono queste le tre principali ripercussioni della pandemia sulla psiche degli emiliano-romagnoli, come ci dice un'indagine di Nomisma che ha visto il coinvolgimento di oltre 500 cittadini residenti in regione, dove, in generale, si registra un generale peggioramento dello stato emotivo.

Il periodo di isolamento sociale dovuto alla crisi epidemiologica da Covid-19 ha prepotentemente riportato sotto i riflettori il delicato tema della salute mentale e per i prossimi anni si stima una domanda di interventi psicosociali in forte aumento. Saranno le fasce più deboli della popolazione, persone che presentavano fragilità preesistenti, a pagare il conto più elevato della pandemia: i giovani, le donne, le persone meno istruite, quelle meno abbienti, gli individui senza una solida rete di supporto familiare e amicale. Persone che già prima dell’emergenza sanitaria avevano difficoltà nell’accedere a percorsi di cura per i propri disagi psichici, in primis per motivazioni economiche. 

Un po' di numeri - Osservatorio salute mentale 

Secondo le stime dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), nel mondo quasi un miliardo di persone convive con disturbi mentali, che affliggono oltre il 20% degli adulti ultrasessantenni, costituendo causa di disabilità per il 7% di essi, con una prevalenza di demenza e depressione.

In Emilia-Romagna, gli utenti in trattamento presso i Centri di salute mentale hanno visto nell’ultimo decennio una crescita costante, superando quota 82mila nel 2019, a cui ha fatto seguito, nel 2020, con il dilagare della pandemia da Covid-19, una brusca frenata, che ha visto il numero di pazienti trattati calare in un solo anno di oltre il 10% (73.427).

"Come l’emergenza pandemica ci ha insegnato – dettaglia Nomisma – il bisogno di approfondire la conoscenza dei fenomeni è ancora forte; e ancor più forte è la necessità di ampliare i punti di vista e apportarne di nuovi, creando collaborazioni consolidate e continuative fra decisori e operatori del settore e aprendo maggiormente il dibattito a tutti gli attori della filiera della salute".

"I quesiti sono molteplici: quale sarà l’impatto della pandemia sullo stato di salute della popolazione? Di quanto aumenteranno i bisogni? Quale ruolo può rivestire l’innovazione nel miglioramento del sistema e nel contenimento dei costi? Vi sono margini di miglioramento nella collaborazione pubblico-privato per la determinazione di progetti innovativi? Quali sono le best practices fino ad ora sviluppate e in che direzione sarebbe opportuno replicarle?".

Per rispondere a questi quesiti Nomisma ha istituito un Osservatorio focalizzato sulla salute mentale, in cui ha affrontato il tema dal lato dei bisogni attuali e potenziali della popolazione e da quello della riorganizzazione ottimale dei servizi.

Nella prima annualità dell’Osservatorio, focalizzato sull'Emilia-Romagna, l'istituto ha raccolto ed elaborato i dati regionali su domanda e offerta relativi a tutto l’ambito dei servizi regionali per la salute mentale, esaminando i dati relativi alle strutture preposte alla cura, all’assistenza e alla tutela della salute mentale, verificando nel tempo gli andamenti relativi a pazienti, diagnosi, trattamenti e prestazioni erogate.

La seconda fase del progetto ha visto la conduzione di un'indagine rivolta alla popolazione regionale, specificatamente mirata a rilevare il generale stato di salute mentale della popolazione e gli effetti psicologici della pandemia. Il Covid ha tra l’altro ampliato in modo evidente le aree di disagio che, pur non sempre intercettate dai criteri diagnostici, rivestono un impatto rilevante sulla sfera lavorativa, sociale ed economica degli individui. L’indagine ha inoltre indagato l’impatto della pandemia sugli eventuali percorsi di cura intrapresi e sull’utilizzo di farmaci nella cura dei disturbi psicologici. 

Psiche e pandemia: l'indagine Nomisma

L’indagine diretta - che ha visto il coinvolgimento di oltre 500 cittadini residenti in regione - ha evidenziato forti ripercussioni della pandemia da Covid-19 su tutta la popolazione, rilevando un generale peggioramento dello stato emotivo generale. Accanto alla paura di essere contagiati dal virus (49%) a generare ansia e tensioni è stato il non poter vedere familiari e/o amici (42%), il timore che non sia più possibile tornare a una vita normale (41%), ma anche solitudine (16%) e timore di perdere il lavoro (16%). Soltanto il 6% non si è sentito particolarmente in ansia.

Al contempo, tuttavia, la pandemia ha accentuato le disuguaglianze tra gli individui, colpendo più duramente, sul piano psicologico, persone che presentavano fragilità preesistenti. Nel complesso gli intervistati hanno giudicato medio alto (38%) o alto (24%) l’impatto della pandemia sul proprio stato d’animo. Da quando è iniziata la pandemia da Covid-19 il 29% degli intervistati si è sentito teso, nervoso o irritabile, mentre il 46% ha dichiarato di non seguire un’alimentazione equilibrata e sana.

Dall’indagine si conferma inoltre la presenza di un forte stigma che circonda il disagio psichico: si rileva infatti una quota consistente di popolazione – soprattutto nella fascia più anziana - che, pur presentando oggettivi livelli di disagio, dichiara di non sentire la necessità di un supporto psichico o psicologico. Soltanto il 25% di chi ha manifestato il bisogno di un supporto psicologico per i propri disagi ritiene probabile di intraprendere da qui a 6 mesi un percorso di cura. Di contro il 6% degli intervistati dopo la pandemia ha iniziato a fare uso di sonniferi, farmaci ansiolitici e antidepressivi.

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