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Cronaca

Nursind: "Tre anni di pandemia e sempre i soliti problemi"

Il sindacato degli infermieri chiede risorse, programmazione e riconoscimento per i professionisti

Dopo tre anni di emergenza covid non si è ancora in grado di gestire questa pandemia: serve programmazione, altrimenti ci ritroveremo in difficoltà ogni volta che ci sarà un picco di contagi”.

Così Antonella Rodigliano, segretaria territoriale del Nursind Bologna, il sindacato degli infermieri, commenta le recenti indicazioni dei vertici delle aziende sanitarie del capoluogo per la riorganizzazione dei due ospedali cittadini riguardo la presa in carico di pazienti contagiati dal virus e che necessitano di ricovero.

"Ci troviamo di fronte ad una nuova ondata, eppure anche stavolta siamo impreparati ad affrontarla -sottolinea la rappresentante sindacale-. Fra carenza di personale, liste d'attesa infinite, sistema delle bolle che non funziona e reparti covid chiusi senza alcuna logica, si stanno riproponendo sempre gli stessi problemi".

Il Nursind denuncia che da tempo non è più prevista l'indennità di malattie infettive per i professionisti in prima linea nella gestione della pandemia, in quanto, solo formalmente, l'emergenza è cessata lo scorso primo aprile. Eppure, come dichiarato nei giorni scorsi dal direttore generale dell'Ausl, Paolo Bordon, all'Ospedale Maggiore di Bologna i trenta posti letto per i pazienti covid sono attualmente tutti occupati. E con molta probabilità ce ne sarà bisogno di altri a disposizione.

"Serve una reale programmazione da parte del pubblico -riprende quindi Rodigliano-, anche perché in futuro potremmo ritrovarci ad affrontare altre pandemie, considerando diversi fattori sotto gli occhi di tutti, tra varianti del covid e cambiamenti climatici. Non possiamo andare in difficoltà ogni volta che c'è un picco: potevamo essere impreparati all'inizio di questa pandemia, ma oggi non possiamo più permettercelo".

Non solo. Il timore del Nursind è che, come si sta verificando per alte patologie o necessità sanitarie dei cittadini, il servizio sanitario regionale si sposti sempre di più verso il privato anche per quanto riguarda la gestione del covid.

"Non si può pensare di risolvere tutte le volte le emergenze chiedendo aiuto al privato, la sanità dev'essere pubblica -rimarca la rappresentante degli infermieri bolognesi-. E come si costruisce una buona sanità pubblica? Con progettualità, con preparazione. Con la valorizzazione delle competenze e dei professionisti. Sono dieci anni che lo diciamo: le piante organiche sono in difficoltà, servono risorse, che però vanno valorizzate e gratificate. Quello degli infermieri è un lavoro usurante e rischioso -continua-, con molte responsabilità. Viviamo la sanità sulla nostra pelle, senza però ricevere il giusto riconoscimento. Non meravigliamoci se poi, come ha segnalato di recente da Fonopi (Federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche, ndr), le facoltà universitarie infermieristiche si ritrovano a non raggiungere il numero di posti messi a bando per le selezioni".

"C'è bisogno della volontà politica di fare qualcosa -conclude Antonella Rodigliano-. Saper gestire al meglio certe situazioni significa anche lavorare bene su altre tematiche, come ad esempio quello dello smaltimento delle liste d'attesa. Così si affronterebbe anche il tema dell'altra sanità rimasta indietro in tutto questo tempo. Bisogna avere più risorse, motivando i professionisti a sentirsi sempre più parte di un progetto serio per il bene collettivo. Perché la sanità deve rimanere pubblica: è un bene per noi, per i cittadini e per le generazioni future".

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