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Omicidio di Natalia Chinni, arrestato il cugino: "La vittima lo temeva" | VIDEO

I carabinieri hanno ricostruito le circostanze della morte della 72enne: dopo essere stata colpita, si è trascinata fino alla sua auto, ha preso il telefono ed è rientrata in casa, dove si è definitivamente accasciata. Il presunto omicida è stato rintracciato a Rimini

Dopo essere stata raggiunta dai proiettili esplosi da un fucile calibro 12, ha avuto la forza rientrare in casa e cercare di raggiungere una poltroncina, per poi accasciarsi a terra. Questa la ricostruzione degli ultimi istanti di vita di Natalia Chinni, la 72enne trovata cadavere dal figlio, nella sua seconda casa di Santa Maria Villiana, frazione di Gaggio Montano, il 29 ottobre scorso. Per il suo omicidio è accusato il cugino e coetaneo Fabio Ferrari, rintracciato a Rimini, nella sua casa al mare, ristretto agli arresti domiciliari da ieri pomeriggio. Dovrà rispondere di omicidio aggravato dai futili motivi e detenzione illegale di armi. 

La morte della donna, come conferma l'autopsia, sarebbe avvenuta tra le 9.20 e le 10.30 del mattino e numerose sono le incongruenze nel racconto di Ferrari che i militari sono riusciti a confutare: "Un'indagine complessa, il corpo è stato trovato in serata da figlio della vittima. La zona è impervia, quindi il medico legale ha potuto esaminare il corpo dopo diverse ore", ha detto ai cronisti Giovanni Russo che guida il reparto operativo. 

Gli ultimi istanti di vita

Natalia Chinni era inginocchiata e stava riparando una recinzione, quando è stata colpita a distanza ravvicinata, quasi a bruciapelo, all'addome e alle gambe, si è rialzata, probabilmente per mettersi al riparo, si è tolta il maglione per controllare l'entità delle ferite, si è trascinata fino alla sua auto, ha aperto la portiera, ha preso il telefono dalla borsa ed è rientrata in casa, dove poi si è definitivamente accasciata vicino a una poltroncina e dove l'ha trovata la sera il figlio, con il telefono in mano. 

Fondamentali le testimonianze e le telecamere

Oltre all'analisi dei tabulati telefonici della vittima, di Fabio Ferrari e della moglie, importantissimi per gli inquirenti sono stati le testimonianze dei vicini e dei conoscenti come l'analisi del sistema di videosorveglianza delle vicine serre che hanno registrato anche i suoni e i rumori, e quindi anche lo sparo di quella tragica mattina, quando cioè l'attività venatoria era sospesa. I carabinieri sottolineano la grande disponibilità dimostrata dai cittadini della zona: "L'ultimo omicidio a Gaggio Montano è avvenuto nel 1945" per fatti connessi alla Resistenza. 

Il messaggio alla sorella: "E' pazzo e vendicativo"

Rimangono comunque i futili motivi che hanno portato all'omicidio e che costituiscono anche un aggravante a carico di Fabio Ferrari. Certi sono i rapporti di vicinato aspri e conflittuali, mentre la moglie dell'indagato li aveva definiti semplicemente "freddi". Nell'auto della vittima è stato trovato infatti un foglio manoscritto, all'interno di una copertina in plastica, che richiamava al rispetto delle aree comuni di parcheggio e che, con tutta probabilità, avrebbe voluto esporre. Natalia Chinni quindi "temeva il cugino e aveva messo in guardia anche la sorella e il cognato" ha detto il comandante provinciale Rodolfo Santovito, come rivela un messaggio sul telefono cellulare "stai attenta quando vai a Santa Maria, quello è pazzo e vendicativo". 

Un "buco" dalle 8 alle 10

Quanto riferito da Fabio Ferrari "sugli orari e sulle armi è stato solo parzialmente dimostrato" ha detto Giuseppe Nardò, che guida il nucleo investigativo provinciale. Mentre agli inquirenti aveva dichiarato di essere stato fuori casa per tutta la giornata, dalle 8 alle 10, proprio quando sarebbe avvenuta la morte di Natalia Chinni, aveva riferito di essere stato in un bar di una frazione di Gaggio Montano, mentre le celle telefoniche lo collocano nel bosco adiacente, quindi a pochi metri dalla casa della vittima. "In casa dell'accusato è stata trovata anche un'agenda sulla quale non è mai stato appuntato nulla - fa notare Russo, a parte il 29 ottobre, dove era stato scritto "dalle 8 alle 18 fuori casa". E' stato verificato che si è anche recato in una lavanderia a gettoni per lavare alcuni capi di abbigliamento. 

La passione per le armi

"Una smodata passione per la caccia", ha detto ai cronisti dal colonnello Santovito. Infatti, pistola, munizioni e una carabina, non denunciati, oltre a pelli e carcasse di animali sono stati trovati nell'abitazione di Ferrari, ma non l'arma del delitto: un fucile calibro 12, probabilmente appartenuto al padre defunto e mai riconsegnato o dichiarato, come regola impone. Un fodero compatibile è stato trovato nella sua auto.

L'analisi delle celle telefoniche avevano collocato Ferrari e la moglie su un ponte sul fiume Reno, dove in seguito vennero ritrovate alcune cartucce. Inoltre, sempre all'interno della sua abitazione, è stato rinvenuto un sacco di mais dello stesso tipo presente sul vialetto adiacente alle abitazioni che sarebbe stato utilizzato per attirare i cinghiali. 

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Durante il lockdown, a marzo del 2020, i carabinieri di Castel D'Aiano avevano controllato Fabio Ferrari e a bordo dell'auto era stata trovata un'arma carica in un giorno di silenzio venatorio, quindi la segnalazione in prefettura e il ritiro per detenzione illegale. Tutti questi elementi, confermati anche dai testimoni, fanno presupporre che si dedicasse alla caccia di frodo. 

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