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Cronaca

Patrizio Roversi in Tanzania con CEFA Onlus

Il giornalista-viaggiatore bolognese Patrizio Roversi è stato testimone dei progetti realizzati in Tanzania da CEFA Onlus, con la quale è partito per scoprire una realtà africana di cui raramente si sente parlare 

"Nel mio recente viaggio in Tanzania ho deciso di essere testimone oculare del lavoro di CEFA. Ho voluto vedere con i miei occhi se questa organizzazione fa esattamente ciò che dice di fare”. A pronunciare queste parole è Patrizio Roversi, giornalista, viaggiatore, autore e presentatore di Linea Verde su RAI 1, che ha scelto di essere testimonial per CEFA Onlus il Seme della Solidarietà, organizzazione non governativa di Bologna che da 45 anni lavora per vincere fame e povertà.
Nel suo recente viaggio in Africa Patrizio non ha visitato famose mete turistiche come l’isola di Zanzibar o il parco naturale del Serengeti, ma si è addentrato nelle aree agricole del sud del paese al fianco dei volontari della ONG di Bologna.

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Patrizio ha deciso di andare in Tanzania per conoscere e far conoscere quella realtà, dove CEFA lavora da oltre 30 anni per sostenere le popolazioni locali. I volontari CEFA, entrano in contatto diretto con le persone parlando lo swahili, la lingua dell’Africa orientale, capiscono le loro problematiche e condividono esperienze e formazione, in modo che una volta formati gli stessi beneficiari portino avanti in modo autonomo i progetti.

L’obiettivo finale di CEFA è che queste persone possano vivere sulla loro terra e della propria terra, diventando protagoniste del proprio cambiamento. Come afferma anche Patrizio “Che siano cooperative di agricoltori e allevatori, piccole aziende di confetture e latticini o produzioni di artigianato tutti i progetti che ho visitato condividono lo stesso approccio: CEFA mira a potenziare le conoscenze e le competenze delle comunità per permettere che si sviluppino da sole, senza fare assistenzialismo e rispettando la cultura locale”.

Il viaggio di Patrizio non è stato confortevole, con lunghissime tratte percorse in auto o a bordo del trattore donato ai contadini locali dai volontari, ma lo ha portato fino al mercato di Iringa, da dove poi è ripartito seguendo a ritroso il percorso dei prodotti che vi ha trovato. In questo viaggio Patrizio ha conosciuto gli agricoltori e i piccoli produttori di latte e formaggio che sono stati aiutati da CEFA, riuniti oggi in cooperative che gli permettono di avere più possibilità organizzative e quindi guadagnare di più.

In questo percorso si è anche imbattuto nei piccoli imprenditori, come la sarta Jacinta, che possono oggi lavorare grazie all’elettricità portata nella zona dai volontari. Il viaggio si è concluso con l’incontro con Fra Paolo, che con i suoi confratelli dei Frati minori Rinnovati ha un centro per i bambini disabili e promuove la scuola pubblica di agraria locale. Qui si insegna un modello di agricoltura collettiva, di villaggio, e CEFA ha aiutato molto costruendo delle serre.

Il sostegno all’agricoltura familiare e alla piccola impresa è infatti un punto chiave dello sviluppo promosso da CEFA, come dice Roversi: “un modello che potrebbe essere in grado di sfamare la Tanzania e forse il mondo”

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Abbiamo approfondito l'argomento con Patrizio Roversi, facendogli alcune domande:

Cosa ti ha spinto a partire di nuovo? Perché proprio la Tanzania?

Nel mio recente viaggio in Tanzania con CEFA ho deciso di essere “testimone oculare”. Sono stato spinto un po’ anche dal mio “egoismo” perché, considerato che il mondo è piccolissimo e che ciò che succede in Tanzania ha delle ripercussione anche a casa mia, volevo capirlo da vicino.

Immagino non sia stata una vacanza comoda. Puoi raccontarci il tuo itinerario?

Il viaggio è iniziato dal distretto di Kilolo, nel sud-ovest della Tanzania, dove CEFA, insieme alla popolazione locale sta promuovendo l'agricoltura familiare, sta cioè creando un consorzio agrario per distribuire sementi, dare formazione e consulenza agli agricoltori, ma anche fornire macchine agricole. Queste attività sono di fondamentale importanza perché la gente resti sulla propria terra, vivendo della propria terra. A questo si aggiunge un sostegno nella commercializzazione dei prodotti agricoli affinché gli agricoltori diventino piccoli imprenditori e vendano l’eccedenza per avere un po’ di denaro per mandare i figli a scuola e comprare ciò che è necessario per vivere dignitosamente. Da questo viaggio ho capito che CEFA vuole evitare alle comunità rurali la sciagura più grave, cioè l'inurbamento.

L’agricoltura sostenibile è stata quindi il filo conduttore del viaggio?

Sì ma abbiamo anche fatto visita ad altri importanti progetti che CEFA sta portando avanti, come ad esempio quello dell'elettrificazione nella zona rurale di Ikondo, nel sud-ovest del paese. Questo significa la conservazione del cibo, ma anche la possibilità di aprire piccole aziende, come la produzione di marmellate o una segheria a Bomalangombe. Ho sperimentato in Tanzania un modello di sviluppo che funziona, fatto non di coltura intensiva, ma di coltura e cultura familiare che sa valorizzare ciò che c’è! 

Allora sei partito per essere “testimone oculare” del lavoro di CEFA. C’è qualcosa che ti è rimasto più impresso?

Mi ha colpito il fatto che i tanzaniani di Njombe, nel profondo sud, abbiano sempre avuto vacche, una o due per ogni famiglia, ma quelle autoctone, le zebù, non producevano abbastanza latte, così è bastato ibridarle con delle frisone per migliorarne la produzione e questo è avvenuto senza sconvolgere il modello esistente.  E mi è sembrato intelligente la creazione della filiera del latte, così da poter partire dalla produzione per poi trasformare il prodotto fino ad arrivare alla commercializzazione. Grazie a questo viaggio, ho potuto davvero raccontare non le buone intenzioni, ma dei progetti conclusi con successo. Insomma sono progetti meditati e radicati sul territorio. Si intuisce chiaramente che non può essere soltanto lo sviluppo industriale il modello economico per la Tanzania, bensì l’agricoltura familiare, che potrebbe essere la ricetta per sfamare il paese e, perché no, il mondo.

Allora è da un po’ che è cominciato questo lavoro?

Tutto questo ha una storia, è iniziato da tempo, dagli anni Ottanta, quando i primi cooperanti di CEFA sono arrivati in Tanzania. Alla base c’è stata una mediazione politica di Giovanni Bersani, fondatore di CEFA e membro del Parlamento italiano ed europeo, con il presidente della Tanzania, Nyerere, oltre a uno stretto rapporto con la Chiesa cattolica locale.

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