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Cronaca

Permessi di soggiorno 'facili': per l'avvocato imputato il pm chiede quattro anni e mezzo

La vicenda risale all'inizio del 2020, quando la polizia scoprì una serie di soggetti che secondo l'accusa agevolavano, dietro pagamento, le pratiche della burocrazia di settore

Quattro anni e mezzo, più il pagamento di 80mila euro. Sono queste le richieste del pm nei confronti del principale indagato nel caso dei cosiddetti permessi di soggiorno 'facili', un avvocato del foro di Bologna di 41 anni.

Difeso dall'avvocato Roberto D'Errico, il legale è coimputato con altre quattro persone in un processo che vede le accuse di falso ideologico in atto pubblico per induzione in errore, utilizzo di documenti al fine di determinare il rilascio del permesso di soggiorno e favoreggiamento della permanenza in clandestinità nel territorio italiano.

L'inchiesta -ricostruisce la Dire- che inizialmente aveva portato il legale agli arresti domiciliari, era stata aperta nel 2018 su impulso della Questura di Bologna, che aveva segnalato alla Procura delle anomalie in alcune istanze di protezione internazionale presentate da cittadini extracomunitari, i quali avevano presentato dichiarazioni di ospitalità poi risultate false.

Cade l'associazione a delinquere

Pur chiedendo l'assoluzione perché il fatto non sussiste per gli imputati accusati di associazione per delinquere e la concessione a tutti delle attenuanti generiche, la Procura richiede invece la condanna di tutti gli imputati per tutti i reati loro contestati. Nel dettaglio, sono stati chiesti tre anni per una donna che all'epoca dei fatti era praticante nello studio legale del 41enne e per un collaboratore tunisino dell'avvocato che, secondo l'accusa, gli 'procacciava' i migranti a cui procurare il permesso di soggiorno.

Infine, la Procura ha chiesto la condanna rispettivamente a quattro anni e due mesi e a un anno e nove mesi per gli ultimi due imputati, che nell'ipotesi accusatoria si sarebbero offerti di firmare alcune delle false dichiarazioni di ospitalità. Nella sua requisitoria, la pm ha stigmatizzato il comportamento del legale, affermando che per lui "l'arrivo di tante persone disperate in Italia era mero business".

Secondo l'accusa, dunque, il legale avrebbe agito "non per motivi umanitari, ma solamente per lucro", peraltro "senza mai verificare se gli extracomunitari che si rivolgevano a lui avevano i requisiti per stare in Italia". Dopo la requisitoria della Procura è intervenuto uno dei difensori, mentre gli altri parleranno nella prossima udienza.

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