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Cronaca Via Enrico Mattei

Nuova ondata di profughi all'ex Cie di via Mattei, residenti: "Troppi. Come facciamo?"

Nuovi arrivi, nuovo dibattito sull'accoglienza. Siamo entrati nell'hub per controllare la situazione. Poi giro nella zona, a raccogliere il parere dei cittadini, divisi tra diffidenza e solidarietà

"Viviamo qui, siamo della Costa d'Avorio. No, non stiamo stretti anche se sono arrivate delle persone nuove - raccontano alcuni degli ospiti dell'hub di via Mattei - adesso noi verremo trasferiti da un'altra parte". Il loro italiano non è certo perfetto, ma ci si capisce, con qualche parola in inglese, qualche altra in francese.

Dopo la notizia dell'arrivo di altri 750 richiedenti asilo programmato per le prossime ore, l'hub lo si immaginerebbe affollato, caotico, chiassoso. E invece l'ingresso è quieto, qualcuno si allontana per raggiungere la fermata del bus verso il centro, due bimbi sbirciano dal cancello e da alcune fessure si vede un grosso telone blu, che dovrebbe accogliere le persone 'extra' in arrivo per la prima accoglienza e la registrazione.

Il braccialetto giallo ai polsi di coloro che hanno diritto all'accesso è un bene prezioso, molto più di valore rispetto a quei telefoni cellulari che tanto spesso vengono rinfacciati come simbolo di un benessere che non merita carità. Ed ecco un pullman che si avvicina e curva imboccando il cancello che nel frattempo si è spalancato: cinquanta, forse sessanta persone a bordo. Sono loro gli ospiti che insieme a quella che ormai è diventata 'la comunità di via Mattei' tanto preoccupano i residenti della zona limitrofa, la prima in termini di distanza che raduna un'edicola, un fornaio, un paio di bar e un pub.

"Non ne possiamo più. Siamo in Africa e non più in Italia - si lamenta una pensionata sui 70 anni - l'altra sera sono entrata nel mio portone e se non avessi chiuso prontamente il vetro, ecco un uomo che stava infilando il braccio per prendere la borsa che avevo appena appoggiato". La signora prosegue usando termini anche molto forti che fanno ben capire che per lei sarebbe stato meglio se la corrente li avesse spinti altrove.

Ma davvero è aumentata la micro-criminalità con gli arrivi degli ultimi tempi? Il gestore di un locale smorza un po' i toni: "Una bella zona non posso dire che sia mai stata - a parlare un 30enne bolognese - ma direi che al massimo quello che arrivano a fare è bere un po' di più e fare confusione. D'altro canto non riesco a biasimarli pensando alle condizioni in cui si trovano".

Ex Cie di via Mattei, in arrivo altri profughi

"Dovrebbero far fare loro qualcosa, lo Stato deve provvedere - un altro giovane del quartiere - non fare nulla tutto il giorno è dura, forse ci si sente anche inutili. Loro passano, alcuni sorridono, sembrano simpatici, ma non si è creato nessun tipo di rapporto fra loro e i cittadini però. Qui non li vogliono, hanno paura perchè sono tanti. Troppi forse per stare qui dove non c'è niente. Come facciamo?".

"E solo una questione psicologica - un altro ragazzo che lavora in una delle attività commerciali della zona via Bassa dei Sassi - la gente si sente minacciata. Io una ragazza dell'hub l'aiuto anche, ma non aiuto chi mi chiede dell'alcol".

Non solo diffidenza in ogni caso, al 'gabbiotto' dell'ex Cie, sorvegliato da telecamere e uomini in divisa, ogni tanto si presenta anche qualcuno con degli oggetti da donare, qualcuno che chiede "di che cosa c'è bisogno?".

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