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Cronaca

Referendum trivelle, il Prof Alberto Clò: "Ecco perchè votare no"

Il professore: "Non vi è nessuno studio che dimostri i danni provocati dall'estrazione di petrolio e metano all'ambiente o alla salute. Si perderebbero migliaia di posti di lavoro"

Il prossimo 17 aprile i cittadini sono chiamati a esprimere il proprio parere sulla questione delle trivellazioni in mare: si vota il cosiddetto referendum "No-Triv" (qui tutte le informazioni). La consultazione abrogativa è stata votata dalle Regioni e riguarda il rinnovo per le nostre coste marine delle concessioni per l'estrazione di gas e petrolio dei giacimenti che distano meno di 12 miglia dalla costa.

Dopo aver sentito ed approfondito insieme al direttore di Legambiente Emilia-Romagna Giulio Kerschbaumer le ragioni per votare sì (e quindi no alle trivelle), abbiamo chiesto al professor Alberto Clò (dell'Unibo e del Rie – Ricerche Industriali ed Energetiche) di spiegarci le ragioni del no, ponendogli alcuni quesiti per comprendere meglio e poter decidere coscientemente come votare il 17.

L'informazione sul tema pare assai superficiale: cosa invece è necessario sapere prima di andare al voto?

Sarebbe necessario, in primo luogo, dar conto del merito del quesito referendario: se le piattaforme di estrazione del petrolio/metano possano proseguire la loro attività “per la vita utile del giacimento nel rispetto degli standard di sicurezza”. I termini del dibattito referendario sostenuti dai NO-TRIV hanno interessato invece solo marginalmente questo quesito per allargarsi a tematiche ed aspetti talora ad esso completamente estranei e presentati in modo talora completamente errato.    

Quali le omissioni importanti dei No-Tiv?

Primo: l’estrazione di petrolio e gas in Italia non si pone, come sostenuto dai NO-TRIV, in alternativa alle rinnovabili ma semmai alle importazioni che rappresentano in entrambi i casi il 90% dei nostri consumi.

Secondo: il petrolio è destinato al settore dei trasporti, alla petrolchimica, all’alimentazione degli aerei dove le Rinnovabili non esistono; mentre nel rapporto col metano nella generazione elettrica le rinnovabili Hanno, per legge, la preferenza sul metano.

Terzo: sfruttando le risorse minerarie già scoperte il nostro paese potrebbe raddoppiare la Produzione di petrolio e metano portando al 20% il grado di autonomia energetica e Risparmiando diverse miliardi di euro di importazione destinandoli alla crescita  interna, anziché finanziare imprese estere e paesi ad elevato rischio politico.

Quali studi provano (e per quali coste/Paesi) che ci siano effettivamente dei danni e quanto gravi essi siano per la salute dell'uomo e della fauna marina?

Non vi è nessuno studio che dimostri i danni provocati dall’estrazione di petrolio e metano all’ambiente o alla salute, mentre è dimostrabile come nei 150 anni in cui si è sviluppata questa attività nel nostro Paese non si è mai verificato alcun incidente di rilievo e alcun impatto ambientale negativo. Dal 1861 al 2015 in Italia si sono estratti 200 milioni di tonnellate di petrolio e circa 770 miliardi di metri cubi di metano senza, ripeto, alcun impatto. La nostra storia è la miglior garanzia sulla sicurezza delle attività estrattive. Sostenere il contrario paventando danni e rischi è diffondere nelle popolazione allarmismi del tutto ingiustificati.

Quali secondo lei sarebbero le conseguenze se il referendum dovesse passare?

Un ulteriore disincentivo ad investire nell’industria mineraria in Italia con perdita degli investimenti che si progettava di realizzare. In breve tempo dei 16 miliardi di euro che erano stati progettati 10 sono stati cancellati per il ritiro delle compagnie estere che andranno ad investire altrove, magari nell’altra sponda dell’Adriatico a sfruttare i giacimenti che noi ci rifiutiamo di valorizzare. Altra conseguenza è la penalizzazione delle nostre imprese che producono beni e servizi per la attività mineraria con perdita di migliaia di posti di lavoro.

In termini economici e per i lavoratori coinvolti?

La perdita dei posti di lavoro riguarda non solo le attività in essere ma soprattutto l’occupazione potenziale che si sarebbe attivata con i nuovi investimenti. Nella sola Emilia.- Romagna l’attuale occupazione è quantificabile in 40.000 lavoratori.

Alberto Clò. Professore Ordinario in Economia Applicata, Facoltà di Economia presso l’Università di Bologna, dove tiene corsi di “Economia Industriale” ed “Economia dei Servizi Pubblici”. Nel 1980 ha fondato, con il Prof. Romano Prodi, la Rivista «Energia» (di cui dal 1984 è Direttore Responsabile). Nel 1995-1996 è stato Ministro dell’Industria e ad Interim del Commercio con l’Estero del Governo della Repubblica Italiana presieduto dal Dr. Lamberto Dini e Presidente del Consiglio dei Ministri dell’Industria e dell’Energia dell’Unione Europea nel I Semestre 1996 di Presidenza Italiana.

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