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Cronaca

"Ho chiesto lo stipendio, mi è stato risposto che pensavo solo ai soldi"

Così Letizia, in cerca di impiego. Non è la sola ad averci raccontato le difficoltà nel muoversi nella giugla delle offerte di lavoro. Voci che abbiamo messo a confronto con quelle di chi invece cerca personale. E anche qui le criticità non mancano

Solamente pochi giorni fa la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, dal palco del Festival dell’Economia a Trento, aveva infiammato il dibattito sul lavoro: la premier aveva parlato del salario minimo come una “iniziativa buona sul piano filosofico” ma che “rischia di essere boomerang. È più utile il taglio del cuneo fiscale, che per noi è una priorità”. I salari che da oltre venti anni ristagnano e la strutturale carenza di personale, specialmente nel settore del turismo e della ristorazione, rendono però il lavoro un tema già caldo di suo.

Se ne è parlato all’Hotel Savoia Regency di via del Pilastro, a Bologna, durante il Talent Day organizzato questa settimana a Bologna da FIPE (Federazione Italiana dei Pubblici Esercizi). L’occasione buona per i recruiter di incontrare personale pronto a lavorare, e naturalmente per i lavoratori disoccupati di tornare al lavoro. Ma anche un’occasione per discutere dei problemi del lavoro, guardandoli da due punti di vista differenti. “Il problema relativo al reperire personale continua – commenta amareggiato Lino Enrico Stoppani, presidente di FIPE Confcommercio –. Il settore dei pubblici esercizi ha subìto due anni di pandemia che hanno comportato un’emorragia di personale molto forte”. Per Stoppani gli ordini di problemi sono differenti: “Scontiamo problemi di carattere sociale relativi alla poca natalità e ad un approccio troppo ideologico e poco pratico rispetto all’immigrazione; scontiamo problemi di carattere culturale, e la colpa è di noi vecchi che non siamo stati in grado di trasmettere ai ragazzi le potenzialità e la dignità del valore del lavoro”.

Talent Day

Il cuneo fiscale

“Certo – continua Stoppani – c’è anche una questione politica che tocca le parti sociali. A nostro avviso c’è assolutamente da alleggerire il cuneo fiscale, favorendo il lavoro ed eliminando complessità burocratiche e organizzative. C’è bisogno di una politica attiva: orientamento e innovamento sono fondamentali”.

Il taglio del costo del lavoro è un problema di rilievo per tutti gli imprenditori intervistati: “Il costo del lavoro incide parecchio sulla gestione di un’attività – dice Cristina Fustini, titolare della Trattoria nel Castagneto –. La speranza è che ci sia un cambio di paradigma da parte del Governo perché al momento una microimpresa come la mia è schiacciata”. E ancora: “Il cuneo fiscale è un tema che deve essere affrontato – dicono Eugenia Buono e Attilia Amoako, rispettivamente HR recruiter e HR Assistant della catena di ristoranti Berberè – è davvero alto: la busta paga di un/a dipendente da 1500€ all'azienda può arrivare a costare anche 3000€. Sicuramente è più del doppio rispetto al netto percepito. Secondo noi c’è poca consapevolezza, da parte di chi lavora come dipendente, su quanto effettivamente costi il lavoro”.

Eugenia e Attilia di Berberè

Il valore del lavoro

Oltre che verso il Governo, gli imprenditori intervistati puntano il dito anche verso i più giovani, ‘colpevoli’ di un certo disamore per il lavoro: “Addirittura, sui social network, manifestare le dimissioni è diventato un attestato di gratificazione personale e di orgoglio. Una volta il lavoro era visto in modo differente” commenta ancora Stoppani di FIPE. “La pandemia ha fatto riscoprire alle persone il piacere del godersi la vita – dice invece Marina Zannini della catena di hotel Zanhotel – e quindi non sono più disposte a lavorare su turni o nel weekend. C’è poi il reddito di cittadinanza, o altre forme di assistenzialismo che, se paragonate agli stipendi del settore, fanno pensare alla persona che forse andare a lavorare non è poi così conveniente. C’è poi una grossa differenza culturale tra le generazioni. A me è successo di prendere appuntamenti per colloqui di lavoro e le persone non si sono presentate, oppure devono preparare le colazioni al mattino e non si presentano a lavorare. C’è tanto menefreghismo: una volta si diceva che il lavoro nobilitasse l’uomo. Oggi, per me, non è più così”. 

Marina Zannini di Zanhotel

Il punto di vista dei lavoratori

Dall’altra parte, i lavoratori. O, nel caso specifico, le persone che cercano lavoro. “Ho fatto tre colloqui oggi, vediamo come va – racconta Letizia Bernardi, una delle persone che si è presentata al Talent Day –. Prima facevo l’operatrice sanitaria ma ora vorrei cambiare. Ho un passato nel turismo, per questo sto cercando in questo settore”. Se da parte degli imprenditori vengono rivolte accuse molto dirette ai lavoratori, Bernardi – e altri come lei – individuano alcuni problemi nel comportamento di chi offre lavoro: “Mi infastidisce molto se chi mette l’annuncio di lavoro non è chiaro su cose come stipendio e contratto. A volte si fatica anche a chiedere, perché sembra che tu debba vergognarti di sapere quando andrai a prendere. A me è successo di chiederlo e dall’altra parte mi sono sentita rispondere che ero interessata solamente ai soldi. La risposta è sì. È lavoro. Se non dovessi mangiare me ne starei a casa mia. Invece a volte che sembra che tu debba anche ringraziare chi ti fa lavorare, quando in realtà stai semplicemente offrendo un servizio che giustamente deve essere retribuito in modo equo”.

Un problema individuato anche da Samantha Zanarini. Lei ha cinquant’anni, un lavoro part time e due figli adolescenti da mantenere. Zanarini è divorziata, disabile e lavora al Comune di Bologna, ma lo stipendio non è sufficiente: “Sono venuta qui a cercare un posto come lavapiatti, o se serve posso cucinare. Lo faccio tutti i giorni per i miei figli, posso farlo anche in un ristorante”. Anche lei, come Bernardi, si lamenta di come spesso i datori di lavoro si comportano come i dipendenti: “La storia personale non conta nulla. Da parte dei datori di lavoro, spesso l’attenzione umana è inesistente. Ti chiedono esperienza, velocità, disponibilità a qualsiasi ora e giorno: l’unica cosa che conta per loro è accettare le condizioni proposte, non conta nient’altro”. Anche lei si lamenta della mancanza degli stipendi e dei contratti negli annunci di lavoro: “La maggior parte delle volte non c’è scritto niente. Succede spesso che arrivi a capire lo stipendio dopo il primo mese di lavoro. Credimi: io ho cinquant’anni e l’attenzione per i diritti dei lavoratori la stiamo veramente perdendo. Prima, quantomeno, sapevi quanto prendevi, quanto lavoravi ed eri assunto a tempo indeterminato. Oggi non è più così”.

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