Diagnosi di cancro a 3 anni, la testimonianza di Lucia: "Sperimentato paura e sofferenza, ma anche la forza dell’amore"
Finalmente l'ultimo controllo oncologico, dopo svariate operazioni e controlli proprio nell'età in cui si dovrebbe trascorrere momenti felici. Così decide di raccontare la sua storia e lasciare un saluto speciale all'ospedale che l'ha curata, il Rizzoli
Un ospedale non è solo sofferenza, ma anche gioia e soddisfazione. Ce lo dimostra Lucia, una giovane ragazza a cui, all'età di tre anni e mezzo, è stato diagnosticato un sarcoma. Dopo anni di terapie e operazioni, Lucia finalmente ha sconfitto il male che l'affliggeva. E il merito, sottolinea, è anche dell'ospedale che l'ha "condotta alla vittoria".
Ospedale Rizzoli, la testimonianza di Lucia
“Caro Rizzoli, è finalmente arrivato anche per me il momento di lasciarti - si legge nella lettera della ragazza, pubblicata poi anche sulla pagina Facebook dell'Ospedale Rizzoli - Il mio “finalmente”, però, non vuole alludere all’abbandono di qualcosa che mi ha danneggiata, anzi. Il mio “finalmente” esprime una vittoria che tu hai reso possibile; una vittoria alla quale tu mi hai condotta. Non tutti, fortunatamente, hanno modo di combattere contro la malattia ma qualcuno, forse Dio, forse il destino, non so precisamente chi, ha voluto mettermi di fronte alla sofferenza e non da adulta bensì all’età di tre anni e mezzo, età durante la quale una bambina dovrebbe solo giocare, divertirsi e trascorrere momenti felici, momenti di socializzazione, momenti in compagnia di altri bambini felici e non assieme a medici, esami radiologici, chemioterapia, operazioni chirurgiche, ingessature e tanto dolore. Tuttavia è capitato. È capitato a me"
Sperimentato paura e sofferenza ma anche appreso la forza dell’amore
"Probabilmente - prosegue la giovane - è ciò che ho visto e vissuto qua dentro che oggi mi rende quella che sono. Ti ringrazio infinitamente perché mi hai ridato la vita, permettendomi di crescere nonostante tutto ciò che mi hai fatto affrontare. Non posso che esserti riconoscente per quanto mi hai arricchita, per quanto mi hai fortificata, per quanta tenacia, determinazione, coraggio e voglia di affrontare gli ostacoli della vita mi hai trasmesso. Lo ripeto, se non ti avessi mai conosciuto non saprei la persona che adesso sarei. Qui dentro ho imparato tanto, ho imparato che la vita bisogna strapparla a morsi, che bisogna apprezzare ogni giorno così come esso sorge, che bisogna amare ciò che si ha perché basta niente e si può perdere tutto, che la vita è solo una probabilità di fronte alla malattia. Ho appreso inoltre la forza dell’amore che mi lega ai miei genitori, che li ha resi i miei pilastri anche ad un passo dalla sala operatoria e che me li ha fatto rivedere non appena ho riaperto gli occhi. Mi hai inciso profonde cicatrici, oltre che fisicamente, anche interiormente che, quotidianamente mi danno la forza di esistere e mi insegnano a lottare per ciò che desidero, per ciò che intendo essere e per affermare me stessa. Ho sperimentato troppa paura, infinita sofferenza al punto che alcune volte ho pregato Dio di portarmi via da questo mondo, ma al tempo stesso mi hai regalato enormi momenti di felicità".
Quel 14 agosto del 2008
"Quel 14 agosto del 2008 non mi hai sottratto una gamba ma me ne hai restituita una migliore, una più pura e questo vale la mia stessa vita. Purtroppo, non per tutti va come dovrebbe andare. C’è chi muore, chi resta in vita ma avrebbe preferito non esserlo, chi si accontenta per come gli è andata, chi si mostra felice ma in realtà ha un macigno pesantissimo di rabbia nel suo animo. Ecco, non posso in alcun modo negare di innervosirmi quando mi fermo a pensare a tutto ciò che ho dovuto affrontare, da così piccola addirittura. Tuttavia, se adesso sono a scrivere tali parole non posso né tantomeno dichiararmi insoddisfatta o infelice. Questo è un posto in cui la speranza è il valore numero uno che deve accompagnare chi patisce la malattia, ma grazie all’estrema capacità e professionalità dei tuoi medici, la mia e quella dei miei cari è stata subito trasformata in gioia. Indubbiamente non posso affermare di voler ritornare qui, però posso dire con assoluta fermezza e convinzione che dirti addio un po’ mi dispiace.
Diverse e diverse volte penso al fatto che dalla mia infanzia fino a questa parte almeno una volta all’anno ti sono venuta a trovare e da ora non sarò più tenuta a farlo. Non volevo sparire così, ragione per la quale anche quest’anno sono qui. È ovvio che non si può mai mettere mano al futuro, ma teoricamente questa dovrebbe essere l’ultima delle innumerevoli venute in quest’ospedale, non conoscendo ancora le mie decisioni e ciò che Dio mi riserverà. Di conseguenza preferisco considerare queste parole più come un saluto. Nonostante tutto, mi hai fatto solo del bene e sei stato, con ciò che mi hai dato e mi hai permesso di conoscere, parte incancellabile e fondamentale di me e della mia crescita. Per questo motivo non posso che ricordarti sempre e con immenso affetto e tenerezza, perché tu, Rizzoli, per poter essere stato la mia salvezza, sei stato prima di tutto il mio destino. Lucia”.