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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca

Sciopero delle donne all'Interporto: "Turni cambiati al lavoro, così è impossibile gestire la famiglia"

Le addette protestano contro i criteri di cambio degli orari di lavoro imposti dalla pandemia: "In diverse si sono già licenziate, con figli piccoli e mariti in cassaintegrazione"

Sciopero questa mattina davanti al blocco 15.1 dell'Interporto di Bologna, dove diverse lavoratrici hanno partecipato alla giornata mondiale contro la violenza sulle donne aderendo a una vertenza sindacale, astenendosi dal lavoro per tutta la giornata. Il magazzino della logistica oggetto della protesta è quello dell'azienda in appalto Lis Group per Yoox net-a-porter, appalto ereditato dalla fu Mr.Job, ora in fallimento.

Il perché è presto detto: dentro il magazzino, con l'arrivo della pandemia e per osservare i requisiti di distanziamento, il turno di lavoro in orario centrale è stato diviso in due, al mattino e alla sera, in un arco temporale che va dalle 5:30 alle 22. Ma le lavoratrici -secondo quanto riferito dal sindacato- sono ora in grossa difficoltà con la famiglia, tra "scuole chiuse, i figli da gestire e mariti in cassa integrazione" dichiara il sindacato di base Sicobas, che ha organizzato lo sciopero insieme al Coordinamento migranti di Bologna.

Inoltre, per diminuire le occasioni di contatto, l'azienda ha provveduto "riducendo le pause durante l'attività lavorativa" con "solo due pause di 15 minuti in 8 ore" dove la lavoratrice è di fatto "costretta a scegliere -fa osservare Si Cobas- se mangiare un pasto velocissimo, andare in bagno o riposarsi brevemente" e ciò in un contesto lavorativo "caratterizzato da ritmi produttivi sempre più alti".

Tuttavia il sospetto che i disagi non siano solo legati all'emergenza Covid è alto. Secondo quanto riporta Sicobas infatti, l'azienda ha fatto sapere che "cessato il momento transitorio solo in poche (lavoratrici, ndr) potranno riprendere i propri turni centrali". E anche sui permessi di lavoro c'è stata una stretta, dove -dettaglia il sindacato- "alle lavoratrici si chiede di fornire spiegazioni personali, in modo da giudicarne le ragioni e poter procedere a chi concedere un diritto e a chi no".

Per il coordinamento migranti Bologna "come in molti altri luoghi di lavoro che impiegano manodopera femminile" le operaie, molto spesso migranti, sono costrette "a ritmi di lavoro intenso" e con turni che "diventano un ricatto quando sei madre ma non puoi permetterti una baby-sitter, quando il lavoro ti serve per vivere ma anche per restare in Italia. Si tratta di un ricatto -conclude il coordinamento- e di una violenza a cui non intendiamo cedere".

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