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Cronaca Centro Storico / Piazza San Domenico

Centro blindato per le 'Sentinelle in piedi': contestazione dei collettivi gay

Dopo il comitato "No194", anche ieri centro blindato per il ritorno in città delle "Sentinelle in piedi" riunite in Piazza San Domenico. Per le contestazioni di sabato, un attivista anti-aborto chiede: 'Le dimissioni dei tutori del disordine' bolognesi

Dopo il comitato "No194", anche ieri centro blindato per il ritorno in città delle "Sentinelle in piedi" che si sono riunite nel pomeriggio in Piazza San Domenico, movimento nato in Francia e replicato in Italia che si batte in difesa della "famiglia tradizionale". Protetti ancora una volta dalle forze dell'ordine, sono stati contestati da attivisti dei collettivi LGBT in Piazza Galvani. 

Sabato mattina gli anti-abortisti si erano incontrati nel piazzale antistante la chiesa di san Giovanni in Monte, mentre in via Santo Stefano è andata in scena la protesta delle femministe del collettivo "mujeres libres". Ed è proprio da uno dei partecipanti alla preghiera che arriva una lettera a Bologna Today per chiedere le dimissioni dei "tutori del disordine" bolognesi. 

"Premetto che scrivo a titolo personale, e non di rappresentante della organizzazione" specifica Angelo Mandelli che si dice indignato "per quanto successo e per dire che di fronte a casi come questi dovrebbero assolutamente dimettersi le autorità coinvolte (Prefetto, Questore, Sindaco) in quanto espressione non di uno stato democratico e libero, ma di una specie di regime dittatoriale o fondamentalista di quelli che ci fanno vedere ai telegiornali, additandoli ad esempio di conculcamento della libertà e dei diritti delle persone". 

"Il 12 dicembre il comitato NO194  aveva indetto (e preannunciato alla questura con 6 mesi di anticipo) una giornata di preghiera vicino all’ Ospedale Maggiore di Bologna" scrive "ma un gruppo di persone che recitano il rosario contro l’ aborto evidentemente non può essere tollerato un in paese libero. Quindi all’ ultimo momento questa è stata vietata" trovando dunque "una piazza assolutamente isolata e inaccessibile (piazza San Giovanni in Monte), dove, a parte i residenti della piazza, nessuno ci passa.  In pratica una “finzione” di manifestazione pubblica", secondo Mandelli. 

Il giorno della manifestazione sarebbe stato spostato (dal 12 al 19 dicembre), così come il tempo da 9 a 4,5 ore: "La piazzetta dove eravamo stati confinati era, come detto, completamente inclusa negli edifici e accessibile solo da due stradine. Eravamo stati messi lì perché non dessimo fastidio a nessuno. In compenso è stato consentito ad un gruppo di qualche decina di provocatori potessero per ore dar fastidio a noi, pure in questa situazione di confinamento in un luogo isolato". 

Mandelli lamenta che la polizia abbia consentito a "un gruppo di dittatori stazionasse nell’ unico punto in cui potevano mettersi per darci fastidio" e li definisce "un gruppetto di fascisti rossi" che "ha potuto stazionare per tutto il tempo all’ imbocco del vicolo, con megafoni puntati direttamente verso la piazzetta dove stavamo noi, ampiamente in grado di infastidirci. E la polizia stava lì a guardare e tollerare.  Molti constatavano che sembrava che la polizia fosse lì a proteggere il gruppo di disturbatori piuttosto che a proteggere noi". 

"Non mi rassegno che l‘Italia democratica si trasformi  in un paese dittatoriale. Dimissioni immediate di Prefetto, Questore e Sindaco di Bologna! E la magistratura indaghi contro chi a Bologna , o in altre parti d’ Italia, sembra libero di minacciare la gente, impedire loro di manifestare,  e arrogarsi il diritto di impedire l’ esercizio dei loro diritti costituzionali", conclude Mandelli. 

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