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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Cronaca

Lavoratori sfruttati e "mazzette" ai sindacalisti, terremoto nella logistica

Dalle minacce di sciopero come intimidazione, agli operai costretti a restituire lo stipendio per il 60%. I retroscena emersi dall'indagine dei carabinieri che ha portato 11 persone, tra cui alcuni sindacalisti, a dover rispondere, a vario titolo, di associazione per delinquere finalizzata alla commissione di reati di corruzione tra privati, estorsione, false fatturazioni e false dichiarazioni sociali

Associazione per delinquere finalizzata alla commissione di reati di corruzione tra privati, estorsione, false fatturazioni, false dichiarazioni sociali, violazione della legge n.ro 300 del 1970 che regola i rapporti di lavoro tra società e rappresentanti sindacali. Sono i reati dei quali sono chiamati a rispondere , a vario titolo, 11 persone, tra le quali 4 rappresentanti sindacali della sigla SI COBAS e altre coinvolte nella gestione di un consorzio di cooperative operante in tutta Italia. Rientrano nell'indagine anche alcuni rappresentanti legali di società che si sarebbero prestate a emettere fatture relative a operazioni commerciali inesistenti. Così oggi il pubblico ministero Antonio Gustapane ha  trasmesso all’Ufficio Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Bologna, la richiesta di rinvio a giudizio.

Le indagini

Le indagini effettuate dal Nucleo Operativo e Radiomobile della Compagnia Carabinieri di San Giovanni in Persiceto sono durate diversi mesi. Non senza difficoltà. Oltre alle attività investigative tradizionali, infatti, gli inquirenti  avrebbero dovuto faticare nel convincere gli imprenditori del settore della logistica a fidarsi perchè intimoriti dalle possibili ritorsioni. Infine proprio il loro contributo è stato determinante allo sviluppo dell'indagine, sottolineano gli investigatori.

Operai costretti a restituire lo stipendio per oltre il 60%  

Dopo una prima attività condotta dal Nucleo Operativo e Radiomobile della Compagnia di San Giovanni in Persiceto, al termine della quale venivano eseguiti quattro provvedimenti cautelari personali e reali per circa 650.000 euro per estorsione continuata e la violazione reiterata delle norme sulla legislazione del lavoro - fa sapere l'Arma - grazie alla collaborazione di una delle persone colpite da quel provvedimento, è emerso che gli operai, tutti cittadini pachistani, alle sue dipendenze a fronte del pagamento dello stipendio, oltre il 60 % di quanto percepito, nonostante l'alto numero di ore di lavoro. A sua volta, il datore di lavoro e sfruttatore, sarebbe stato obbligato a dare denaro ad alcuni rappresentanti sindacali appartenenti alla sigla SI COBAS che, in cambio, avrebbero garantito la pace sindacale.    Gli episodi contestati, dal 2018 al 2021, hanno interessato 5 società della provincia di Bologna ed operanti anche in campo internazionale. Nel periodo in esame  - aggiungono ancora dall'Arma - sono state accertate dazioni indebite di denaro sotto varie forme per 150.000 euro circa e l’utilizzo gratuito da parte dei sindacalisti di dieci autovetture noleggiate e anche di grossa cilindrata.

"Il 60% veniva dato ai caporali - ci fa apere Sì Cobas - e noi li abbiamo denunciati. Uno di loro non opera più, l'altro lavora ancora". 

La minaccia di sciopero come intimidazione

Secondo la ricostruzione degli investigatori, in pratica gli imprenditori sarebbero stati costretti ad assecondare le richieste del sindacato per non subire il blocco delle attività attraverso le agitazioni sindacali che sarebbero state organizzate per costringerli  a cedere. 

A supporto di quanto ricostruito, i militari hanno acquisito dichiarazioni e documenti arrivando a stabilire che quattro persone, tra dirigenti e funzionari SI COBAS, sarebbero stati beneficiari di denaro, benefit, utilità e servizi da parte di alcune società compiacenti che attraverso la loro opera si garantivano gli appalti nel settore della logistica presso numerose società operanti soprattutto nella zona dell’Interporto di Bologna e CAAB. Non solo. In taluni casi - proseguono gli investigatori - è stato anche accertato che qualche sindacalista avrebbe ottenuto l’assunzione percependo lo stipendio nonostante fosse permanentemente occupato nell’attività di rappresentanza sindacale. E' stata quindi contestata la violazione della legge 300/1970 che prevede la garanzia del mantenimento del posto di lavoro solo per i fini pensionistici per coloro che ricoprono cariche elettive all’interno della rappresentanza sindacale, senza però il pagamento della retribuzione mensile.

In pratica i quattro - riassumono gli investigatori - avrebbero assicurato la pace sindacale, a fronte di una garanzia di esternalizzazione dei servizi di alcune attività logistiche alle società compiacenti, poi accertate essere appartenenti ad un unico gruppo economico. In caso negativo, attraverso gli iscritti, ponevano in essere delle proteste a vario titolo, costringendo le società ad affidare gli appalti alle cooperative compiacenti, piuttosto che subire danni per il blocco delle attività.

 

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