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Cronaca

Strage Bologna, morto Sparti: era stato rinviato a giudizio per falsa testimonianza

Si sarebbe ucciso a Roma. Fu teste nel processo a carico dell'ex Nar Gilberto Cavallini, secondo l'accusa mentì durante la testimonianza resa

Morto a Roma Stefano Sparti, figlio di Massimo, il maggiore accusatore di Valerio Fioravanti e Francesca Mambro per la Strage alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980. Sul decesso si stanno cercando di ricostruire i contorni. Dalle prime informazioni Sparti si sarebbe ucciso lanciandosi dalla finestra del palazzo dove viveva.

Sparti rinvio a giudizio per falsa testimonianza

Era imputato insieme all'ex Nar Luigi Ciavardini  e Vincenzo Vinciguerra, ex di Ordine Nuovo e Avanguardia Nazionale, che sta scontando l'ergastolo per la strage di Peteano. I tre, che deposero nel processo in Corte d'Assise a carico dell'ex Nar Gilberto Cavallini - poi condannato all'ergastolo per la strage in stazione - lo scorso aprile erano stati rinviati a giudizio con l'accusa di falsa testimonianza.

Inizialmente erano 12 i testi accusati dalla Procura di falsa testimonianza e reticenza per alcune dichiarazioni rese durante il processo Cavallini, ma poi le altre posizioni sono state archiviate. 

Nello specifico, Sparti rispondeva di falso per alcuni passaggi della testimonianza resa il 12 dicembre 2018, caratterizzata da numerosi "non ricordo". Tra questi, l'accusa ricordava quello relativo alla visita in ospedale al padre tre giorni prima della morte di quest'ultimo, ospedale del quale Stefano Sparti "non sapeva nè dove fosse e come si chiamasse". E in quell'occasione, ricordava poi la Procura, quando Sparti\ chiese al padre "perché avesse testimoniato il falso sulla strage ('Fioravanti e Mambro erano alla stazione in abiti da turisti tedeschi')", quest'ultimo, "che aveva dolori lancinanti, soffrendo le pene dell'inferno", gli aveva risposto che "non potevo fare altrimenti e l'ho fatto per voi'". 

La commissione di inchiesta sulla violenza politica in Italia negli anni ’70 e ’80. La politica bolognese divisa

La Strage di Bologna proprio nelle settimane scorse era tornato al centro del dibattito politico in città. Casus belli l’intenzione da parte di Fratelli d’Italia di istituire una commissione di inchiesta sulla violenza politica in Italia negli anni ’70 e ’80.

"Apprendiamo con preoccupazione l’intenzione di istituire una commissione d’inchiesta sulla violenza politica in Italia tra gli anni ‘70 e ‘80 in Italia. Una proposta promossa dal vicepresidente della Camera Fabio Rampelli e altri esponenti di Fratelli d’Italia. Al centro della commissione vi sarebbe, secondo le ricostruzioni della stampa nazionale, la verità sulla Strage del 2 Agosto 1980. Come Sindaco di Bologna vorrei ricordare che le verità giudiziarie in un paese democratico si scrivono nei tribunali e attraverso le sentenze, che nel caso della Strage di Bologna sono note da tempo. Anzi, siamo alle prese proprio con le motivazioni dell’ultimo processo attorno ai mandanti e in attesa di nuovi processi dedicati a chi collaborò ad organizzare, sostenere, eseguire l’attentato terroristico più sanguinoso della storia italiana”. Così la sferzata del sindaco Matteo Lepore temendo una ingerenza politica nel caso del 2 Agosto 1980, vicenda che invece, secondo il primo cittadino bolognese, dovrebbe essere affidata solo ed esclusivamente alle aule giudiziarie.  

Lepore chiedeva ai parlamentari eletti, di ogni schieramento, "di assumere una posizione chiara e netta in merito. Dopo 42 anni di morte, sofferenze, depistaggi e fragorosi silenzi, commissioni stragi lunghe decenni e sentenze chiare, le vittime tanto quanto i loro famigliari non si meritano che la politica cerchi nuovamente di entrare in un campo che non le compete, con pericolose e poco chiare intromissioni".

Sulla stessa lunghezza d'onda di Lepore anche l’ex sindaco Virginio Merola, oggi deputato PD, e Andrea De Maria, anche lui deputato dem di Bologna: “Condividiamo quanto dichiarato da Paolo Bolognesi, Presidente dell’Associazione dei familiari delle vittime della strage del 2 agosto. Fratelli d’Italia non pensi, attraverso lo strumento di una Commissione parlamentare, di riscrivere la storia degli anni tragici della strategia della tensione e del terrorismo. Ci sono sentenze e soprattutto ci sono processi in corso. Contrasteremo qualsiasi tentativo di ostacolare la ricerca della piena verità sugli intrecci fra apparati deviati dello Stato e terrorismo neofascista”.

Prontamente era arrivata la risposta dalla parte bolognese di Fratelli d’Italia, dichiarando come la "materia afferente al lavoro del parlamento, non certo quello di un sindaco. Questo dovrebbe essere ben chiaro a Matteo Lepore che oggi, con l'ennesima sgrammaticatura istituzionale lancia un appello incomprensibile oltre che fuori luogo" aveva dichiarato nell'occasione Stefano Cavedagna, capogruppo Fdi al Comune di Bologna dopo l'intervento del primo cittadino.  

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