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Strage 2 Agosto Bologna, 'Un boato e la stazione diventò un cimitero a cielo aperto"

85 morti, oltre 200 feriti. 32 anni sono trascorsi e la ferita resta aperta. Il ricordo è vivo, lacerano le parole di chi è scampato a quell'inferno. Per fatalità, forse per miracolo. Parola ai sopravvissuti

2 Agosto 1980 ore 10.25. Sono passati 32 anni, ma è una data che Bologna non dimentica, perché è impossibile rifuggire il ricordo della strage più terribile della storia della nostra città. Alla stazione raid esplosivo, in un attimo pare l'apocalisse. 85 persone morte assassinate e altre 200 rimaste ferite. Insieme a loro tanti altri portano dolorose ferite nell'animo, ancora oggi. Fu una strage, nel senso più profondo del termine. Intere famiglie vennero sterminate, altre mutilate tragicamente. Tanti i bambini e i ragazzi che quel giorno persero per sempre la speranza di un futuro.

TESTIMONIANZE. "Sentimmo un boato sordo – ha raccontato chi è scampato a quell’inferno di sangue - poi un nugolo di polvere, infine macerie ovunque tra i primi binari e piazza Medaglie d'Oro. La stazione, un cimitero a cielo aperto." Urla assordanti, afa tutto intorno, orrore negli occhi di chi era presente. Come in quelli di Mauro, che ricorda: “Ero sul terrazzino di casa a poche centinaia di metri dalla stazione. Che botto!”. Così nella mente di Moreno, tornano le immagini di quel 2 Agosto "stavo lavorando per le poste, addetto ai telegrammi, alle 10:50 circa ero sul posto , e il ricordo di quello che ho visto rimarrà sempre nella mia memoria”.

I brividi salgono, sentendo di chi quell’incubo l’ha sfiorato, scampato. Per coincidenza, per miracolo forse.
Come è accaduto a Massimo, che al tempo aveva 5 anni appena, ma in lui è ancora vivido il ricordo di quel giorno. Alle 10.25 invece di sostare alla stazione di Bologna, come avrebbe dovuto essere, il convoglio su cui viaggiava Massimo si fermò nella campagna alla porte del capoluogo felsineo. "Viene la pelle d'oca solo al pensiero", racconta emozionato, "viaggiavo insieme ai miei genitori e il mio fratellino neonato. Venivamo dalla Germania ed eravamo diretti in Sicilia, come tutti gli anni, per andare a trovare i nonni".
Ma quell'anno non filò tutto liscio come al solito. "Il nostro treno - prosegue Massimo - portò ritardo. Si fermò improvvisamente in piena campagna. Stemmo fermi per molte ore, con quel caldo che si moriva."
Massimo e i suoi, come molti passeggeri di quel treno, si innervosirono per quella lunga e inspiegabile sosta. Ma era solo perché non potevano sapere che grazie a quel ritardo avevano evitato di trovarsi in mezzo all'inferno. "Il tutto fa ancora male oggi - aggiunge Massimo - ero piccolo e non capivo, ma adesso riflettendo sul ´accaduto e pensando che mi sarei potuto trovare in stazione a Bologna mi coglie una grande angoscia. Vivo anche attimi di depressione , devo confessare".

< VIDEO: PRIME IMMAGINI DOPO L'ATTENTATO>>

Poi l’avventura di Carla, che ha dell’incredibile. Un'incredibile fatalità. Diretta a Rimini con la famiglia per la villeggiatura estiva, su indicazione di un facchino resta giù da un treno troppo affollato: “Ci venne incontro un Facchino. Vedendo me e mio padre affaticati e pieni di valige, quasi ci strappò i borsoni e ci disse di non salire su quel treno troppo stracolmo, che di lì a poco ne sarebbe partito un altro meno affollato..e via di nuovo, verso l'altro binario. Macchè: affollato anche quell’altro treno, ma era l'ultimo in partenza quella mattina. Il facchino ci sistemò a bordo, ci salutò e...scomparve, esattamente come si era materializzato. Ad un certo punto, il treno rallentò e si fermò in aperta campagna: ma si...siamo alle solite...dovrà passare un altro treno...ufff...che caldo...Il tempo si dilatò all'infinito, e il treno non ripartiva: i passeggeri cominciarono a spazientirsi… Un giovane militare accese la radiolina che aveva con sè: ma la radio non trasmetteva musica, per niente.. Trasmetteva parole che all'inizio ci furono incomprensibili: stazione.. bomba...Bologna...morti...tanti morti! Nel pomeriggio il treno ripartì, col suo carico di vacanzieri frastornati, passò vicino a Bologna... Giungemmo a Rimini verso le 22.00 e, quando entrammo nella hall della pensioncina che ci ospitava, il proprietario che ci conosceva da anni, ci abbracciò e pianse: " Pensavo che non vi avrei più rivisti" disse e ci raccontò tutto l'accaduto. Mio padre ed io realizzammo in quegli istanti di essere dei miracolati: l'esplosione aveva investito il treno troppo affollato che il buon Facchino ci aveva evitato. Chissà, forse il suo nome era Angelo..."

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