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Cronaca

Strage di Bologna, la pista palestinese verso l’archiviazione

Il procuratore capo Alfonso e il pm Cieri si accingono a ''mandare in soffitta'' l'inchiesta che vede indagati Kram e Froilich. L'indagine partì dal cosiddetto ''Lodo Moro'', ovvero il patto che escludeva l'Italia dagli obiettivi di attentati da parte del Fronte popolare per la liberazione della Palestina in cambio di una sorta di impunità per il passaggio di armi sul nostro territorio

Di sicuro la presenza di Thomas Kram la notte tra l'1 e il 2 agosto 1980 a Bologna è ''imprevista e sorprendente''. E non è molto ''persuasiva'' la spiegazione dell'ex terrorista tedesco per cui ''mi trovavo nel posto sbagliato nell'ora sbagliata'': quel pernottamento, sicuramente, meritava qualche parola in più da parte di Kram piuttosto che liquidare tutto come ''una stravagante coincidenza del destino''. L'ex appartenente alle Cellule rivoluzionarie, invece, nell’interrogatorio di un anno fa davanti gli inquirenti di Bologna non ha sfruttato l'occasione per spiegare cosa ci faceva sotto le Due torri proprio la sera prima della strage alla stazione. Una circostanza che getta un ''grumo di sospetto'' su di lui: ma su un suo coinvolgimento nell'attentato che costò la vita a 85 persone e ne ferì 200, non c'è nulla di più.

Questo il ragionamento con cui il procuratore capo Roberto Alfonso e il pm Enrico Cieri si accingono a ''mandare in soffitta'' la cosiddetta pista palestinese, ovvero l'inchiesta bis sulla strage dell'80 che vede indagata, oltre a Kram, Christa Martha Froilich, nome di battaglia Heidi, come esecutori materiali dei disegni a cui sono legati tramite il terrorista internazionale Carlos ''lo Sciacallo''. Per Heidi, addirittura, manca la prova certa che si trovasse sotto le Due torri il giorno della strage. La richiesta di archiviazione per i due è  stata depositata ieri con un atto lungo e corposo in cui si ripercorre il ''poderoso sforzo investigativo per analizzare fino in fondo la cosiddetta pista palestinese'', commenta il portavoce della Procura Valter Giovannini.

L'inchiesta nasce nel 2005 su spinta del deputato An Enzo Fragalà, membro della commissione Mitrokhin, e nel 2011 Kram e Froilich vengono iscritti come indagati. Il punto di partenza è il cosiddetto ''Lodo Moro'', ovvero un patto che escludeva l'Italia dagli obiettivi di attentati da parte del Fronte popolare per la liberazione della Palestina in cambio di una sorta di impunità  per il passaggio di armi sul nostro territorio. A novembre '79, però, il Lodo verrebbe violato con il sequestro a Ortona di due missili e l'arresto di chi li stava trasportando: Daniele Pifano, leader di Autonomia romana, e Saleh Abu Anzeh, referente italiano per il Fplp. Proprio l'arresto di Saleh e il processo d'appello a suo carico che comincia il 17 giugno del 1980 (e che si concluderà nello stesso mese con una condanna a cinque anni) fanno ipotizzare la reazione dei palestinesi e la loro responsabilità per la bomba alla stazione. Ipotesi messe nere su bianco in una nota ''riservatissima'' dei servizi dall'oggetto ''Minacce contro gli interessi italiani'' senza data ma collocabile, per quello che viene scritto, in un periodo che va dal 30 maggio e il 16 giugno 1980. Nella nota si fa appunto riferimento al rischio concreto di una ritorsione da parte del Fronte palestinese che potrebbe interpretare l'arresto di Saleh e la violazione del Lodo Moro come un ''liberi tutti''. E dunque, dice sempre quella nota, ci si può aspettare azioni terroristiche a breve scadenza, per esempio in concomitanza con il processo d'appello che comincerà il 17 giugno. I servizi indicano anche probabili obiettivi: dirottamenti di voli Alitalia o occupazione dell''Ambasciata italiana. E non escludono che possano essere utilizzati soggetti estranei all''organizzazione per evitare che si risalga al Fplp.
La nota riservatissima, osservano i pm bolognesi, è stilata grazie alle confidenze di fonti libanesi: proprio a Beirut il responsabile del Sismi era Stefano Giovannone, che aveva dei rapporti stretti con Saleh. Il documento, peraltro, entra nelle indagini sulla strage di Bologna già nei primi anni '80. Tanto che quando nel luglio 2010, in prossimità della scadenza dei termini trentennali del segreto di Stato sulla strage, i pm bolognesi fanno richiesta a Dis e Copasir di eventuali atti riguardanti l''attentato e fino a quel momento secretati, da entrambi si sentono rispondere che nel corso del tempo ogni documento di interesse è stato sempre trasmesso agli inquirenti perchè non coperto da segreto. Quanto al Lodo Moro, Alfonso e Cieri spiegano nella richiesta di archiviazione che la sua esistenza non ha trovato ''alcuna conferma precisa'' ne' nelle indagini di Polizia giudiziaria, ne' negli archivi dei Servizi, ne' nelle testimonianze delle numerose persone sentite. Lo stesso ex presidente della Repubblica, Francesco Cossiga, che in un'intervista del 2008 al ''Corriere'' parlò del Lodo, poi disse di essere stato frainteso dal giornalista, e quando fu ascoltato da Cieri spiegò che era una sua congettura. Dunque, senza la prova dell'esistenza del Lodo, cadeva anche la teoria della ritorsione palestinese. Per i pm bolognesi è più facile ipotizzare che ci siano stati singoli accordi tra i Servizi di sicurezza e il Fronte palestinese, senza però un coinvolgimento dello Stato italiano

In questa storia da intrigo internazionale compare anche la figura ''chiave'' del terrorista Ilich Ramirez Sanchez, conosciuto come Carlos lo Sciacallo, a cui Kram e Froilich sarebbero stati legati. Anzi per l'ex giudice Rosario Priore, Kram era l'esplosivista di Carlos, detenuto in Francia. Lo Sciacallo, però, viene giudicato dalla Procura di Bologna singolare e di dubbia attendibilità per le ''roboanti e pasticciate dichiarazioni rese alla stampa''. In un primo tempo dice sì alla rogatoria, dettando innumerevoli condizioni. Poi si rifiuta di rispondere a qualsiasi domanda. Alla fine accetta, chiedendo una sede solenne ''per smantellare il muro di menzogne'' che ostacola la verità sulle stragi italiane. In realtà il contributo nell'interrogatorio in rogatoria della primavera 2009 viene giudicato ''contradditorio, grossolano, confuso, in una parola irrilevante''. Lo Sciacallo non avrebbe fatto altro che ripetere cose lette sui giornali e attribuendo l'attentato alla stazione a movimenti estremistici di destra e sinistra italiani infiltrati dagli americani. Peraltro la Digos, che ha condotto le indagini coordinata dalla Procura, ha acquisito una mole considerevole di documenti della Stasi, il servizio di spionaggio dell'ex Germania est (che aveva pedinato in numerose occasioni Carlos) e in nessuno viene fatto riferimento diretto o indiretto alla strage di Bologna. Non solo: le analisi scientifiche sugli esplosivi usati dai gruppi riconducibili a Carlos e quello del 2 agosto 1980 a Bologna hanno escluso una comparabilità. Insomma, secondo la Procura qualunque sia stato il rapporto tra lo Sciacallo e Saleh, non c'è alcuna prova, neanche indiziaria, che possa vedere un coinvolgimento degli uomini di Carlos nell'attentato alla stazione di Bologna.
Dunque, Kram arriva a Bologna l'1 agosto 1980, mostrando sia alla frontiera di Chiasso, dove viene controllato, che all'albergo in cui alloggia (hotel Centrale) documenti d'identità assolutamente autentici. Un particolare quantomeno ''anormale'' per un esperto nella contraffazione di documenti e che ci sapeva fare con gli esplosivi, ragiona la Procura, se impegnato in una missione terroristica. Kram, dopo un lungo periodo di latitanza che va dall'87 al 2006, si costituisce e viene condannato a due anni dal Tribunale di Stoccarda per la sua appartenenza alla Cellule rivoluzionarie. Anche in questo caso sono stati esaminati tutti i procedimenti penali tedeschi a suo carico e non è stata trovata nessuna attiguità o appartenenza al gruppo di Carlos, smentita peraltro dallo stesso Sciacallo. Le uniche carte in cui se ne parla sono le ''veline'' dei servizi dell'ex Germania est. Poi un anno fa decide di presentarsi davanti agli inquirenti bolognesi per dire la sua su quel giorno. Ma piu'' di tanto non spiega, attribuendo la sua presenza in città al caso. Insomma su Kram pesa ''un grumo di sospetto'' che vanifica, per i pm bolognesi, ''lo sforzo di chiudere col proprio passato'' (come gli viene riconosciuto dai giudici di Stoccarda e che per questo gli infliggono una pena lieve), ma ''quel solo e sorprendente fatto'', ovvero l'essere a Bologna il 2 agosto, non basta a ipotizzare, in assenza di altri elementi, una partecipazione di Kram alla strage. Quanto alla presenza di Froilich in città, l'unico testimone è Rodolfo Bulgini, portiere dell'albergo Jolly dove la donna avrebbe pranzato; ma lei non ha mai risposto e i colleghi del portiere ammisero che l'uomo ogni tanto si lasciava andare a racconti un po' roboanti. Dunque, l'unica verità giudiziaria resta quella che vede condannati per la strage i terroristi ''neri'' Francesca Mambro Giusva Fioravanti e Luigi Ciavardini.
Archiviata la pista palestinese, le indagini sui mandanti della strage alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980 non sono finite. Resta, infatti, in campo l'inchiesta aperta nel 2011 dopo la consegna di due memoriali redatti dall'associazione dei familiari delle vittime dell'attentato. Centinaia di pagine stilate dai legali che assistono l'associazione e che prendono in considerazione oltre 50 anni di storia italiana: dalla bomba in piazza Fontana del 1969 all'omicidio del presidente della Regione Sicilia Piersanti Mattarella, passando per i tentativi di colpo di Stato, fino ad arrivare a Gladio. Per questo filone sono già state sentite numerose persone tra cui Licio Gelli, condannato per depistaggio sulla strage, e l'ex colonnello del Sismi Armando Sportelli.
(agenzia  Dire)

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