rotate-mobile
Cronaca

Macerie, silenzio e un caschetto: memorie dal sisma

Tra le tanti immagini di quei giorni difficili a una sono molto affezionata: me la scattò un vigile del fuoco, mi mise in testa un caschetto per poter entrare nella zona rossa di Crevalcore

Dopo 10 anni dal 20 maggio 2012 sono tornata a Crevalcore, un paese al quale sono molto legata, dove ho passato diversi giorni per documentare il terremoto, il "sisma inaspettato". 

Gli emiliano-romagnoli fino a quel giorno si sentivano quasi al sicuro, l'ultimo di rilievo risaliva al 1929, e poi indietro nel tempo fino al XII secolo, nel XVI secolo Ferrara venne addirittuta distrutta, sebbene la regione sia attraversata dall'Appennino, una catena geologicamente giovane e in via di assestamento, come ci aveva spiegato il geologo Beniamino Costantini: “La catena spinge a causa di una serie di faglie inverse, si ha così la rottura delle rocce, dovuta ai movimenti della tettonica a placche”. Tutto deriva dalla collisione del continente Africano con quello europeo “L’Appennino si è formato così, il Tirreno si sta aprendo spingendo così l’Italia verso i Balcani e allontanando la Spagna verso l’Atlantico”. Si, ma che c'entra la pianura? C'entra, e ce ne siamo fatti una ragione, perchè anche la Pianura Padana è zona sismica, come tutto il nostro paese.

Quelli del 2012 in Emilia sono stati anche definiti i primi terremoti industriali della storia d'Italia, si abbatterono su un'area enorme, 4 province, densamente popolate di persone e di aziende. 

Istantanee dai comuni colpiti

Se a Bologna, la terra che continuava a tremare aveva danneggiato alcuni edifici, causando la chiusura anticipata delle scuole, le due torri erano sorvegliate speciali e ci faceva uscire in strada di corsa, diversa, completamente, fu la sensazione che provai girando per Crevalcore, Galeazza, Finale Emilia, Galliera, Poggio Renatico, Pieve di Cento e Cento, Sant'Agostino, e chissà quanti altri: ormai ho dimenticato i nomi. E le campagne e i casolari distrutti e i castelli, le transenne, i nastri bianco-rossi e i cartelli "pericolo di crollo". Ogni tanto, passando in macchina, si scorgevano tende da campeggio nei campi aperti, rifugi di fortuna, il tutto reso ancor più surreale dal caldo, sì era caldo anche a maggio di 10 anni fa. 

Quando arrivai a Crevalcore, mi accolse un grande striscione: "Cuore e orgoglio, a testa alta Creva" affisso al check point della protezione civile. Ho capito che sarebbe stato un compito difficilissimo.

Avevo ancora stampata in testa la devastazione della mia regione, l'Abruzzo, dello studentato e degli universitari che avevano perso la vita, dei paesini che non sarebbero mai stati ricostruiti, perché piccoli, poco abitati e poco attrattivi, un impegno economico che l'Italia non avrebbe potuto e probabilmente mai potrà assumere.cuore creva-3-2-2

Una fila di carrelli messi a disposizioni dai supermercati venivano utilizzati dalle persone per andare a prendere qualche effetto personale, accompagnate dai vigili del fuoco. E ne uscivano con buste, qualche pentola, pannoloni e pannolini, giocattoli e plaid. 

Una giovane signora aveva preso addirittura un quadro che raffigurava un paesaggio: "E' per mia nonna, è  anziana e non sta bene, la testa è quella che è, così non si sente spaesata e crede di essere in camera sua"... Come un dardo, mi arrivò diritto nello stomaco, ho avuto l'impressione di indietreggiare, non riuscii ad aprire bocca, le mie parole non sarebbero servite a nessuno. Già tutto detto.

Di quei giorni mi rimangono tante foto e video del dramma, a una in particolare sono molto affezionata: me la scattò un vigile del fuoco a Crevalcore, dopo aver disinfettato un caschetto e avermelo messo in testa per poter entrare nella zona rossa. Arrivata in via Matteotti, nel centro storico, tante facce spaurite, teste spettinate, come sorprese nel sonno, e infatti la scossa si era verificata alle 4 del mattino, alle 4.03 per la precisione.

Mi è spesso mancato il coraggio di parlare loro, di trovare una domanda giusta per quel momento, quando una donna mi guardò e mi disse una frase, il secondo dardo diritto nello stomaco: "E' cambiato tutto, non si torna più indietro". Poi  qualcuno mi toccò la spalla, forse pensando fossi "una di loro", un signore anziano in bici: "Brot quel, brot quel..." Brutta storia... Non so se si scrive così, ma è chiaro.

Dieci anni dal terremoto: il racconto FOTO e VIDEO di quei tragici momenti e la ricostruzione

A Crevalcore sono tornata in questi giorni, e ho provato lo stesso affetto e e la stessa tenerezza, come quando si rincontra per caso un amore giovanile. 

Di Finale Emilia ricordo la distruzione pressoché totale, un paese storico era venuto giù. La vetrata di una chiesa in bilico, un'auto color amaranto sepolta dalle macerie, spuntava solo la targa. Con delle calzature forse poco adeguate mi sono affidata a un vigile del fuoco che mi ha accompagnata tra detriti e macerie: "Se capita qualcosa, faccia quello che faccio io" mi disse. Devo averlo guardato con terrore: "Può capitare, è capitato". Non capitò nulla, ma fotografai con una certa apprensione. 

Il municipio squarciato di Sant'Agostino che lasciava intravedere un bellissimo soffitto e i preziosi lampadari erano diventati famosi in quei giorni, la testimonianza viva di un enorme patrimonio storico fortemente a rischio. L'edificio infatti è stato abbattuto, finito in una nuvola di polvere e detriti. I lampadari sono tornati alla città. 

La distruzione passa anche per il lavoro: fabbriche, aziende agricole, stalle implose, e ci sono voluti forse quel "cuore e orgoglio" per rialzarsi. 

La vita nei campi e nelle palestre

Fuori dalla propria casa, perché crollata, perché inagibile, perché da controllare. Quando leggiamo di guerre, distruzioni, catastrofi pensiamo come sarebbe se un giorno dovessimo lasciare la nostra abitazione, la scatola delle foto, le bomboniere che prendono solo polvere, ma "come fai a buttarle via, sono un ricordo", quel quadro bruttino, al quale però siamo legati, la fede nuziale di chi non c'è più, il mobile che "ho pagato tanto ma ne voglio uno e lo voglio buono"... 

Poi ci si ritrova in su un prato, una "vacanza in campeggio" non preventivata, padri, madri e figli, in un unico ambiente, sotto il sole cocente, e buona grazia, con la pioggia  sarebbe diventato un enorme pantano. 

E le palestre e i palazzetti, la torre di brande, i bimbi, inconsapevoli, che dormono, le tante lingue parlate, dal dialetto bolognese, all'urdu, all'arabo. In una palestra, non ricordo quale, alcune donne pettinavano le loro amiche , come in stato di incoscienza, come tornate alla fanciullezza, come si faceva tra sorelle e cugine quando si giocava alla parrucchiera. 

I volontari impegnati a montare e spostare tende, organizzare i pasti, installare condizionatori, punti informazione e sanitari. Era tempo di Ramadan e ricordo un signore nero, grande e grosso, che non si sentiva bene e non voleva bere. In uno slancio non richiesto gli dissi: "Il tuo Dio ti vede, capisce in quale situazione sei, dovresti bere, fa molto caldo..." Mi ha sorriso, ma non seppi mai come andò a finire, spero abbia bevuto. 

A 10 anni da quei giorni mi rimane il ricordo tenero, quello dell'amore giovanile, e un po', tanta, commozione. Ripenso all'Abruzzo, alle Marche, vorrei sapere dov'è quella signora che mi disse "E' cambiato tutto, non si torna più indietro" e se quell'anziano in bici sia ancora tra noi. Non ricordo le loro facce, ormai sono immagini sfocate, ma rimane la memoria di quei giorni terribili, quando la terra d'Emilia tremò il 20 maggio alle 4.03 e il 29 maggio alle 9, ora italiana. 

10 anni dal terremoto in Emilia: Crevalcore prima e dopo | FOTOGALLERY

 A 10 anni dal terremoto, il ricordo è sempre vivo: "Quella mattina ho perso la voce" | VIDEO e FOTO 

10 anni dal terremoto dell'Emilia: gli eventi comune per comune

 Viaggio al centro del cratere, 10 anni dopo il terremoto: "Crevalcore ancora un cantiere" | VIDEO

Terremoto Emilia, le immagini che non dimenticheremo:

Terremoto, l'Emilia tra distruzione e macerie

 

Terremoto Finale Emilia: ad un passo da noi, l'inferno - FOTO

Terremoto, edifici sgretolati e muri squarciati a Galliera

Decima e Castello d'Argile dopo il Terremoto: foto

Crevalcore città ferita: fotoreportage dopo il terremoto

Terremoto, la conta dei danni si allarga: a rischio San Francesco

Terremoto, il Comune di Bologna evacuato

Pieve di Cento dopo le nuove scosse e le vicine tendopoli

Mulino Parisio: le operazioni di demolizione

Concerto x l'Emilia: solidarietà, orgoglio e commozione - ©TM News Infophoto

Crevalcore post sisma: un cantiere a cielo aperto

Sisma, un anno dopo: il cuore dei bimbi

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Macerie, silenzio e un caschetto: memorie dal sisma

BolognaToday è in caricamento