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Terrorismo: “Era già guerra prima di Parigi. Morti anche in Siria e Palestina"

"Una famiglia che lascia la sua terra per scappare è già guerra", unica via d’uscita dal terrorismo è la cultura. Così in un’intervista il presidente dell'associazione di immigrati marocchini Sopra i Ponti, che promuove l’interculturalità e combatte il razzismo

Sono giorni difficili dopo l'attentato di Parigi. Ma "la guerra non è cominciata adesso. La guerra era già in atto" e sostenere lo sguardo sospettoso non è facile, come racconta il presidente dell'associazione Sopra i Ponti Mohamed Rafia Boukhbiza, che dagli anni '90 lavora a Bologna per promuovere la convivenza ,l’interculturalità, combattere il razzismo e gestire molte attività di cooperazione con il Marocco rurale.

E visto che i quattro espulsi da Bologna sono di origine marocchina, partiamo proprio da questo fatto: "Non credo di conoscerli, almeno dai nomi che leggo. Probabilmente mi è capitato di incontrarli: nessuno può entrare nella mente dell'altro ed è davvero difficile capire cosa passa per la testa delle persone. Quello che però voglio sottolineare è che sono moltissime le vittime del sospetto e che bisogna sempre stare attenti ai pregiudizi. L'Islam insegna l'altruismo. Chi non pratica l'altruismo non è un buon musulmano".  

"In un momento critico come questo è necessario aumentare la produzione culturale, e "stop alle guerre" è il nostro messaggio - continua Rafia - Il mio sogno è quello di riuscire a organizzare un giorno una grande manifestazione nazionale contro la guerra e la nostra unica arma non può che essere l'arma culturale". Rafia dal suo arrivo in Italia si è da subito impegnato a favore della dignità, del diritto alla casa e al lavoro degli immigrati, prima sotto il ponte di via San Donato (da qui il nome dell'associazione, che in un secondo momento è passata al 'sopra'), poi all'Arcoveggio e infine in via Torleone, dove ha oggi sede la sua attività, a pochi passi dalla moschea. 

Secondo lei siamo in guerra? Non siamo in guerra dall'attentato di Parigi, dai morti del Bataclan e del Carillon: la guerra era già in atto. Famiglie che hanno lasciato la loro casa, la loro terra, che hanno sulle spalle solo uno zainetto e che non vengono accolti da nessuno: anche questa è guerra. E' triste vedere i morti, terribile. Ma i morti sono anche in Siria, in Palestina...E' tutta geo-politica. 

Pensa che l'Italia possa essere fra i prossimi obiettivi dell'Isis? E' una domanda troppo grande per me e non ho una risposta. Bisogna però che si faccia attenzione e preparare un terreno adeguato alla multiculturalità. Più si negano diritti e più l'atmosfera diventa pesante. Chi comanda deve tener conto dei messaggi che manda. 

Come sono gli sguardi che si posano su di lei in questi giorni? Ero in Sala Borsa a leggere i giornali e quando ho alzato la testa ho notato che un uomo anziano mi guardava con insistenza, severo e sospettoso. Questo è quello che accade oggi e io raccomando tutti di non generalizzare, di non confondere le cose, ma di informarsi, capire. Per provocazione, qui nel mio quartiere, indosso spesso un cappello afgano: lo faccio per far capire a chi mi conosce da anni che, come dicevo, non bisogna generalizzare. Le vittime del sospetto sono tantissime. Durante il mio viaggio di nozze in Giordania (Mohamed Rafia è sposato con una donna italiana e ha due figli, una di 15 e uno di 18 anni) sono stato fermato e scambiato per un ricercato. Mi hanno torturato psicologicamente e non credevano che quella che dichiaravo fosse la mia identità. A scagionarmi un tatuaggio che io non avevo e che aveva invece il delinquente che cercava la polizia: è stato terribile pensare di dover pagare le colte di qualcun'altro.

Lei non è ancora cittadino italiano? La cittadinanza italiana mi è stata negata. Mi hanno detto che le ragioni sono un segreto di stato e per il momento ho il documento di soggiorno ma non sono cittadino italiano. Non so perchè e non mi è dato di saperlo. Quello che terrorizza noi è la legge Bossi-Fini, il mercato della schiavitù, la politica di immigrazione che crea spaccature nella classe.

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