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Cronaca Casalecchio di Reno

Scontro Tornado, Casalecchio amara: ‘Nessun passo avanti dalla tragedia del Salvemini’

"A 24 anni di distanza dobbiamo purtroppo registrare che la sicurezza delle esercitazioni militari non ha fatto sostanziali passi in avanti", così il sindaco Bosso, ricordando lo schianto sulla scuola, dove persero la vita 12 studenti

Quando tre giorni fa due Tornado si sono scontrati nei cieli di Ascoli Piceno, un brivido è corso tra gli abitanti di Casalecchio di Reno, il Comune alle porte di Bologna che il 6 dicembre 1990 ha vissuto la tragedia del Salvemini, quando un jet militare precipitò sull'istituto superiore, causando la morte di 12 ragazzi e il ferimento di altri 80.

"Ancora oggi a 24 anni di distanza dobbiamo purtroppo registrare che la sicurezza delle esercitazioni militari non ha fatto sostanziali passi in avanti- scrive oggi il sindaco di Casalecchio, Massimo Bosso, in una nota- a Casalecchio abbiamo negli anni promosso, insieme a esperti e all''aeronautica militare, convegni sul tema della sicurezza dei voli. Abbiamo chiesto che non si svolgessero mai piu' esercitazioni sui cieli delle città, ma ci pare che queste norme non siano ancora adeguate e che la ''fatalità sia ancora un rischio troppo oneroso sopra le nostre teste".

Il sindaco di Casalecchio lancia dunque un appello al Governo e ai vertici militari, "affinchè proseguano senza sosta nella ricerca e nel rispetto delle più rigorose procedure di sicurezza sia per l'incolumità dei civili sia dei militari stessi". Della stessa idea è anche Gianni Devani, portavoce dell'associazione che riunisce i familiari delle vittime del Salvemini, che in una nota esprime "solidarietà e condoglianze" alle famiglie dei quattro piloti rimasti uccisi nello scontro fra i due tornado del 19 agosto scorso. E si lascia andare a uno sfogo amaro. "E' sconcertante doversi rassegnare all'idea che neppure la nostra tragedia sia servita a scongiurarne altre", afferma Devani.

"Dal 6 dicembre 1990, quando la strage coinvolse la collettività di Casalecchio di Reno, p
iù volte ci è stato chiesto un parere sulle tragedie che si sono susseguite nel tempo a causa di voli militari- ricorda Devani- ogni volta ci sentiamo più impotenti e più soli e ci rendiamo conto che anche l'impegno civile che abbiamo voluto dedicare alle vittime della strage del Salvemini, a 24 anni di distanza non ha sortito che effetti temporanei e limitati. Ancora una volta ci dobbiamo chiedere dove è finito il ”mai più” che abbiamo gridato con rabbia, ma anche con la tenue consolazione che servisse da monito per il futuro". Invece, dopo tanti anni, "ancora una volta di fronte a una strage che per caso non ha assunto dimensioni più gravi, dobbiamo prendere atto che quasi tutto è come allora", attacca il portavoce dei familiari delle vittime del Salvemini. Ministri e vertici militari "garantiscono che gli standard di sicurezza sono stati rispettati", sottolinea Devani, e "tutti sembrano comprendere le preoccupazioni e le perplessità della gente, salvo etichettare come polemiche ideologicamente antimilitariste quelle che azzardano una valutazione di congruità dei rischi".

Devani però rivendica le critiche e incalza, vedendo in scena "il canovaccio di sempre, quello che identifica nella fatalità l'unico colpevole. Mentre il film si ripete, rischiamo di passare ancora per anti-patrioti se umilmente, tenacemente, sconsolatamente proviamo ancora una volta a chiedere sicurezza attraverso l''informazione, la trasparenza, la condivisione delle regole e delle modalità di attuazione delle manovre militari, a cominciare da quelle aeree.
Per questo, insiste il portavoce delle vittime del Salvemini, "nello scoramento che si rinnova, non possiamo che continuare a pretendere che la sicurezza dei cittadini sia il primo obiettivo da perseguire. La fatalità è un colpevole sempre a piede libero e quindi sempre in grado di colpire: non può essere una giustificazione. Il guasto, l'errore umano, l'imprevisto possono essere contenuti se, comunque, le manovre avvengono su aree veramente disabitate e usando procedure che abbiano l'incolumità come primo obiettivo". Devani chiede quindi che siano le "autorità civili, anzichè i vertici militari autoreferenti, a sovrintendere a tutto questo. Vogliamo ancora una volta, nonostante tutto, sperare che questo ulteriore appello possa essere ascoltato".

(AGENZIA DIRE)

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